No ad una nuova condanna penale per l'inottemperanza di un secondo ordine di espulsione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SOSSI Mario - Presidente
Dott. SANTACROCE Giorgio - Consigliere
Dott. SILVESTRI Giovanni - Consigliere
Dott. GRANERO Francantonio - Consigliere
Dott. PIRACCINI Paola - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della repubblica presso la Corte d'Appello di Brescia nei confronti di B.G., n. il ... avverso la sentenza del 23/03/2005 del Tribunale di Brescia;
Visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Santacroce Giorgio;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Viglietta Gianfranco che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nei confronti di B.G., cittadino extracomunitario, espulso dal territorio italiano con decreto prefettizio e conseguente ordine del questore di Brescia del 18 aprile 2004, veniva pronunciata l'8 febbraio 2005 sentenza di patteggiamento per non aver ottemperato all'ordine di espulsione. Nei suoi confronti, peraltro, veniva emesso dal Prefetto di Brescia un nuovo ordine di espulsione l'8 febbraio 2005 e in pari data il Questore della stessa citta' ordinava al B. di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni dalla data di notifica del provvedimento. Non avendo neppure questa volta ottemperato all'ordine di espulsione, il B. veniva nuovamente giudicato dal Tribunale monocratico di Brescia, che, con sentenza del 23 marzo 2005, lo assolveva dal reato di cui alla L. 30 luglio 2002 n. 189 e successive modifiche, art. 14, comma 5 ter, perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato.
Secondo il Tribunale, la nuova formulazione dettata dalla L. n. 271 del 2004 - relativa all'adozione di un secondo provvedimento di espulsione nei confronti di chi non abbia ottemperato al primo ("in ogni caso si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica") - imporrebbe obbligatoriamente l'espulsione secondo le modalita' ivi espressamente indicate senza lasciare allo straniero la possibilita' di una spontanea osservanza dell'ordine impartito come nel caso in cui l'espulsione venga disposta per la prima volta ai sensi dell'art. 14 comma 5 bis della stessa legge.
Ne deriva che nessuna illiceita' penale sarebbe ravvisarle nella condotta di chi, come il B., non ha ottemperato per la seconda volta all'ordine di espulsione, non essendo consentita l'emanazione di un nuovo ordine L. n. 189 del 2002, ex art. 14, comma 5-bis, con la conseguenza che la permanenza dello straniero in Italia dopo l'8 febbraio 2005 non integrerebbe gli estremi del reato contestatogli.
Ricorre per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Brescia, il quale contesta, sotto il profilo dell'erronea interpretazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, la tesi della non ripetibilita' dell'ordine di espulsione accolta dal Tribunale e la ritenuta obbligatorieta' dell'adozione del nuovo provvedimento con accompagnamento alla frontiera o a mezzo della forza pubblica, non potendo escludersi che le situazioni prese in
considerazione dalla citata legge art. 14, comma 5 bis possano ripetersi. Ragionando diversamente, si rischia di assicurare una sorta di immunita' allo straniero del tutto irrazionale: di qui la reiterabilita' dell'ordine di allontanamento e la perfetta configurabilita' del reato contestato all'imputato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso non e' fondato.
Fermo restando che il reato di abusivo reingresso dello straniero gia' espulso nel territorio dello Stato ha natura permanente (Cass., Sez. 1^, 18 febbraio 2004, n. 17878, Prenga, in Cass. pen. mass. ann., 2005, n. 411, p. 965), l'addebito contestato concerne l'inosservanza del secondo provvedimento di espulsione (quello dell'8 febbraio 2005, per intenderci).
Secondo il giudice a quo, l'inottemperanza di questo ordine di espulsione non costituirebbe reato, perche' nei confronti dello straniero raggiunto da un secondo provvedimento di espulsione non sarebbero state rispettate le modalita' esecutive dell'espulsione, che e' quella dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica e non gia' un mero invito a varcarla, come e' previsto invece nel caso in cui l'espulsione venga disposta per la prima volta ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 bis.
Questa Corte ha gia' avuto occasione di pronunciarsi sulla questione (Sez. 1^, 27 aprile 2004, n. 2022/2004, PM Rimini c. Cherednicenko), osservando che le modalita' di espulsione dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica potrebbero rivelarsi materialmente impossibili da effettuare, come avviene per esempio quando manchino documenti identificativi e le autorita' dei paesi confinanti o di quello di definitiva destinazione non consentano l'espatrio: in questo caso - previ se possibili, ulteriori accertamenti sull'identita' e il trattenimento per un tempo limitato in un centro di accoglienza - anche la nuova espulsione puo' essere legittimamente eseguita mediante intimazione data all'interessato, e autonomamente sanzionata in caso di inosservanza.
Secondo l'orientamento espresso da questa Corte, in definitiva, la previsione di una nuova espulsione implica la contestuale cessazione dell'efficacia della precedente e, di conseguenza, della permanenza del reato anteriormente commesso (e giudicato, nel caso di specie, con sentenza di patteggiamento dell'8 febbraio 2005): con la conseguenza che il nuovo provvedimento andrebbe eseguito, se possibile, accompagnando lo straniero alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ma, nel caso di materiale impossibilita' e ricorrendone gli ulteriori presupposti normativi, puo' essere legittimamente disposto ai sensi dell'art. 5 bis e dell'art. 14 del citato D.P., con la conseguenza che, trascorso il termine assegnato, inizia la permanenza di un nuovo reato.
Tale orientamento desta perplessita' in quanto la lettera della norma dell'art. 5 ter, nella nuova formulazione dettata dalla L. n. 271 del 2004, e' esplicita nel senso che il nuovo provvedimento di espulsione deve essere eseguito "in ogni caso... con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica"; la locuzione "in ogni caso" riferita al nuovo provvedimento di espulsione esclude qualunque richiamo all'eccezione contemplata nel precedente art. 5 bis, che consente al questore, in presenza dei presupposti indicati nella stessa norma ("quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l'espulsione o il respingimento"), di ordinare allo straniero "di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni".
La prima considerazione che viene da fare e' che sarebbe strano affidarsi ancora una volta alla spontanea osservanza dell'ordine amministrativo di espulsione da parte di uno straniero che ha gia' manifestato di non volervi ottemperare: di qui il carattere vincolante del modo di esecuzione della seconda espulsione ("accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica").
Ma una seconda e piu' pregnante considerazione si ricava dalla lettera dell'art. 14, comma 5 quinquies (rimasto sostanzialmente invariato in questa parte, anche dopo le modifiche introdotte dalla L. n. 271 del 2004), il quale, dopo aver sancito l'obbligatorieta' dell'arresto dell'autore del fatto e l'adozione del rito direttissimo per il reato previsto al comma 5 ter, dispone che "al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione il questore dispone i provvedimenti di cui alla citata legge art. 14, comma 1".
La disposizione richiamata prende in considerazione proprio la situazione che non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione dello straniero mediante accompagnamento alla frontiera, statuendo che in questo caso (determinato dalla necessita' di procedere ad accertamenti suppletivi in ordine alla identita' o nazionalita' dello straniero, all'acquisizione di documenti per il viaggio, ecc.), il questore disponga che lo straniero "sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza piu' vicino".
Dalle considerazioni svolte emerge che, ferma restando la possibilita' (eccezionale) di una spontanea osservanza dell'ordine di espulsione da parte dello straniero in presenza dei presupposti indicati dall'art. 5 bis, l'adozione di un secondo ordine di espulsione non puo' che avvenire secondo le modalita' indicate nella parte finale dell'art. 5 ter, e cioe' mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
Con l'ulteriore conseguenza che, ove l'esecuzione dell'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera non sia immediatamente possibile, il questore deve disporre il trattenimento dello straniero presso un centro di permanenza.
Esplicito in questo senso e', come si e' visto, il disposto dell'art. 5 quinquies, il quale richiama "al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione" art. 5, il solo comma 1 e non anche l'intera procedura disciplinata dalla stessa norma e da quelle successive, ivi compresa la disposizione dell'art. 5 bis.
Ne deriva che, se a seguito dell'adozione di un secondo provvedimento di espulsione non viene accompagnato alla frontiera a mezzo della forza pubblica, lo straniero non commette una nuova violazione dell'art. 5 ter, trattenendosi senza giustificato motivo nel territorio dello Stato.
Una volta esauritasi l'efficacia del primo provvedimento di espulsione con la sentenza di condanna, e' si' possibile l'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione ma questo va eseguito "in ogni caso" solo con le modalita' indicate nell'art. 5 ter, ultima parte (accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica) ovvero, qualora sia impossibile eseguire immediatamente l'espulsione in questo modo, disponendo il suo trattenimento presso un centro di permanenza temporanea.
P.Q.M.
Visti artt. 606, 606 c.p.p.;
rigetta il ricorso.
Cosi' deciso in Roma, il 14 dicembre 2005.
Depositato in Cancelleria 11 gennaio 2006