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Conviventi more uxorio e delitto di furto: attenzione ai beni che si portano via quando la convivenza finisce
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Dott. CALABRESE Renato Luigi - Presidente Dott. MARINI Pier Francesco - Consigliere Dott. AMATO Alfonso - Consigliere Dott. FUMO Maurizio - Consigliere Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da: B.A.M. nata il ... avverso la sentenza del 13/11/2003 della Corte d'Appello di Torino; visti gli atti, la sentenza ed il procedimento; udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott.Fumo Maurizio; udito il Procuratore Generale in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Martusciello Vittorio che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. OSSERVA quanto segue. B.A.M. e' stata condannata in primo grado per furto aggravato dalla relazione di coabitazione in danno del suo convivente R.E.. L'imputata e' accusata di aver sottratto alcuni oggetti d'argento. La Corte di Appello di Torino, con sentenza 13.11.2003 ha ridotto la pena, confermando nel resto.
Ricorre per cassazione l'imputata e deduce violazione di legge e carenze motivazionali. Argomenta: 1) Erroneamente non e' stato concessa la sospensione condizionale semplicemente sulla base dei precedenti (risalenti e modesti); 2) La Corte territoriale non ha tenuto conto del fatto che la sottrazione averne in occasione del trasloco (quasi con carattere di fuga) della B. dall'appartamento nel quale aveva convissuto con il R. Gli oggetti erano in un mobile di proprieta' della donna, ma di cio' ella non si accorse. La Corte torinese non tiene conto delle modalita' del trasloco, che non contemplano piu' lo svuotamento dei cassetti ma consentono il trasporto del mobile col suo contenuto; 3) E' erroneo ritenere che il rapporto di convivenza more uxorio non comporti la comproprieta' dei beni mobili acquistati durante la sua pendenza; invero, ragionando in tal modo, non si tiene conto di tutte le connotazioni economiche, sociali e psicologiche della vita familiare. Non e' quindi condivisibile l'assunto in base al quale se un oggetto e' pagato da uno soltanto dei conviventi, tale bene non e' conferibile in comunione, mentre cio' che conta e' la destinazione che i conviventi hanno dato a detto bene.
La censura sub 2) e' inammissibile in quanto articolata in fatto e tesa a introdurre considerazioni, opinioni e letture interpretative dell'accaduto in aperto contrasto con quelle fatte motivatamente proprie dai giudici del merito.
La censura sub 3) e' infondata, essendo stato ritenuto (ASN 198605630- RV 173142), che, in caso di convivenza more uxorio, non viene meno il carattere personale di alcuni beni, che per loro natura (come i preziosi) non possono essere oggetto di detenzione comune, ma conservano il connotato di disponibilita' autonoma, la cui lesione integra peraltro il delitto di furto. Il principio e' del tutto condivisibile, in quanto, diversamente opinando, ai semplici conviventi sarebbe applicabile una sorta di presunzione di comunione dei beni, laddove anche per i coniugi la legge prevede la possibilita' del regime di separazione. Nel caso in esame si trattava di oggetti d'argento, alcuni dei quali (come si legge in sentenza) addirittura ancora racchiusi nelle confezioni di acquisto e destinati a terze persone.
La censura sub 1) e' manifestamente infondata in quanto, come chiarito nelle pronunzie di primo e secondo grado, i precedenti della imputata sono ostativi.
Conclusivamente il ricorso merita rigetto e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese del grado. P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Cosi' deciso in Roma, il 8 giugno 2005. Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2005
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