Repubblica Italiana, in nome del popolo italiano, sentenza nella causa penale contro T.C., nato a Milano il 16.12.63, ivi residente in via S. n., libero contumace, imputato del reato p. e p. dagli artt. 624, 625 n. 2 e 7 c.p., in quanto al fine di trarne un ingiusto profitto, si impossessava dell'autovettura Fiat Uno targata MI****, sottraendola al legittimo proprietario L.C., che la deteneva parcheggiata e chiusa a chiave sulla pubblica via Birago in Milano.Con la circostanza aggravante di aver commesso il fatto facendo uso della violenza sulle cose consistita nella forzatura della portiera lato sinistro e nella manomissione del blocco di accensione dell'autoveicolo, cosa esposta alla pubblica fede. Con l'aggravante della recidiva di cui all'art. 99 c.p..Fatto commesso in Milano il 14 marzo 1994.
Conclusioni delle parti:
per il PM affermarsi la penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli e per l'effetto condannarlo alla pena di anni uno di reclusione ed euro 250 di mlta.
Per la difesa: assolversi l'imputato dal reato ascrittogli in quanto commesso da persona non imputabile per vizio totale di mente.
MOTIVAZIONE
Con d.c. emesso in data 4.11.03 dal PM presso il Tribunale di Milano, T.C. veniva tratto dinanzi a questo Giudice per rispondere del reato in rubrica ascritto.
Nel corso del dibattimento si acquisivano, con l'accordo delle parti, gli atti del fascicolo del PM, consistenti nella denuncia di furto di L.C. in data 12.03.94 e nell'annotazione di PG del 13.03.94 della Questura di Milano (con allegati verbali di rinvenimento e restituzione dell'autovettura) mentre la difesa versava in atti copia di relazioni di perizie psichiatriche, svolte in diversi procedimenti penali a carico del T., nonchè sentenze emesse dal Tribunale di Milano.
All'esito di ciò, su conforme richiesta della difesa, veniva conferito incarico peritale al dott. F.M., al fine di accertare la sussistenza o meno della capacità di intendere e volere dell'imputato al momento del fatto, e all'esito della perizia depositata in atti, nonchè delle dichiarazioni rese dal consulente di parte, dott. P.M., all'odierna udienza le parti concludevano come da verbale in atti.
Dalla lettura dell'elaborato si evince che il perito procedeva, innanzi tutto, ad esaminare la documentazione sanitaria relativa al T., oltre agli accertamenti peritali pregressi effettuati, su incarico del Tribunale di Milano, nel 1993, nel 1998 e nel 1999 e nel 2003, nonchè a sottoporre il periziando a tre colloqui, in occasione dei quali, ma specie nel terzo, il T. appariva in condizioni di salute scadenti.
Riferiva infatti il perito che il T. era apparso in precarie condizioni, lamentando di vivere " in uno stato di malessere fisico crescente, di essere febbricitante da alcuni giorni e di avvertire un senso di spossatezza", era "spaventato dal pensiero della morte e carico di rabbia nei confronti delle persone da cui si aspetta(va) aiuto", quanto al difficile rapporto con la droga, confermava di aver ripreso l'uso della cocaina a "causa di difficili e delusivi rapporti" con la ex moglie, pur affermando di essere in grado di smettere qualora lo avesse voluto.
Il perito spiegava che il T. era affetto da disturbo della personalità (tipo borderline) e da alterazioni psichiche correlate all'infezione da HIV, patologia in essere da molti anni. Ed invero dai dati documentali risultava che nel T. erano sempre stati riscontrati, dal 1993, sintomi di compromissione neuropsichica di origine organica, seppure il grado della loro incidenza clinica fosse stato, nelle perizie precedenti, diversamente stimato. Comunque l'attività del virus dell'immunodeficienza acquisita era stata continua.
Dai rilievi clinici attuali alcuni sintomi (labilità attentiva, deficit della memoria ricostruttiva, superficialità della critica e del giudizio) erano da riferire ad una condizione di compromissione cerebrale organica; erano tuttavia compresenti disturbi della personalità nel quadro di una persona "borderline" "con manifestazioni sintomatologiche e comportamentali esprimenti instabilità affettiva, grande vulnerabilità emotiva, impulsività, auto ed eteroaggressività", disturno al quale era .. "da correlarsi anche il ricorso e l'abuso di sostanze stupefacenti che, secondo le sentenze esaminate, ha costituito negli anni 90 una condizione di intossicazione cronica".
Per quanto poi atteneva alla imputabilità del soggetto relativamente al fatto reato commesso nel 1994, il perito concludeva che, tenuto conto della patologia psicorganica già allora presente (documentata atrofia cerebrale e documentate alterazioni psichiche) e concomitando nel soggetto un abuso continuativo e massiccio di stupefacenti, la capacità di intendere e di volere fosse compromessa, cioè ridotta ma non abolita.
In particolare, conludeva il perito che ".. la lettura della annotazione di servizio che è agli atti non consente, infatti, di ritenere che le capacità discriminative del soggetto fossero del tutto assenti, mentre si ritiene che le capacità psichiche, soprattutto di autodeterminazione, fossero grandemente scemate".
Quanto alla pericolosità sociale, il perito riteneva che non fosse insussistente, essendo il T. ancora attualmente dipendente psichicamente dalla droga, ed essendo stati tutti i reati commessi dal medesimo connessi con la tossicodipendenza.
Le precise argomentazioni rese dal perito, all'esito di un esame sicuramente approfondito della questione di cui trattasi, inducono a ritenere sussistente l'attenuante del vizio parziale di mente di cui all'art. 89 c.p..
Si osserva che anche il consulente di parte, dott. Paolo Bianchi, pur discostandosi dal giudizio di pericolosità sociale del T. sulla base delal condizione dello stesso, che da lungo tempo non assumerebbe sostanze stupefacenti - ha confermato tale conclusione e anche gli accertamenti peritali prodotti dalla difesa appiono sulla stessa lunghezza d'onda, laddove il dott. D.S., nel 1993 e nel 1998 (con riferimento a fatti-reato del 1992 e 1994) riferiva la capacità del T. grandemente scemata.
Ciò rilevato ritine questo Gudice che la ritenuta attenuante di cui all'art. 89 c.p. debba essere valutata con criterio di equivalenza sulle aggravanti contestate ai sensi dell'art. 625 n. 2 e 7 c.p. nonchè sulla recidiva, tenuto conto che l'esame del certificato penale del T. non risulta che questi abbia commesso reati per i quali sia intervenuta condanna dopo il 1994.
Da ciò consegue l'intervenuta prescrizione del reato contestato ai sensi degli artt. 157 c. 1 n. 4 e 160 c.p., essendo decorso dal 14.03.94, data del commesso reato, il termine massimo, pur tenuto conto di tutti gli atti interruttivi, di anni 7 e mesi 6.
La relativa declaratoria di improcedibilità che ne consegue esonera, conformemente al disposto di cui all'art. 219 c.p., da eventuale pronuncia relativa ad applicazione di misura di sicurezza.
Da ultimo consegue la pronuncia circa la destinazione di quanto ancora in sequestro come da dispositivo.
PQM
visto l'art. 531 c.p., 89 c.p.
dichiara
non doversi procedere nei confronti di T.C. in ordine al reato ascrittogli perchè con l'attenunate del vizio parziale di mente, ritenuta equivalente alle aggravanti contestate ed alal recidiva, il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
Visto l'art. 240 c.p. ordina la confisca e distruzione delle chiavi e degli arnesi in sequestro.
Visto l'art. 263 c.p.p. ordina il dissequestro dell'autoradio e la restituzione a chi proverà di averne diritto.
Visto l'art. 544 c.p.p. fissa in giorni 30 il termine per il deposito della sentenza.
Milano il 10 novembre 2005