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Penale.it - Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 25 ottobre 2017 (dep. 8 febbraio 2018), n. 6164

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Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 25 ottobre 2017 (dep. 8 febbraio 2018), n. 6164
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La Suprema Corte conferma l'inammissibilità dell'impugnazione (opposizione a decreto penale) inviata via PEC

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IZZO Fausto - Presidente -

Dott. DI SALVO Emanuele - rel. Consigliere -

Dott. GIANNITI Pasquale - Consigliere -

Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -

Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S.D., nato il (OMISSIS);

nel procedimento a carico di quest'ultimo;

avverso l'ordinanza del 26/04/2017 del GIP TRIBUNALE di CATANZARO;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DI SALVO EMANUELE;

lette le conclusioni del PG che ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo
1. S.D. ricorre per cassazione avverso l'ordinanza in epigrafe indicata, con la quale è stata dichiarata inammissibile l'opposizione al decreto penale di condanna, emesso nei suoi confronti.

2. Il ricorrente deduce violazione di legge, in quanto erroneamente non è stata ritenuta valida l'opposizione trasmessa a mezzo PEC. L'utilizzo della posta elettronica certificata, infatti, è ammesso, a far data dal 24 maggio 2013, dal decreto 3 aprile 2013 n. 48, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 maggio 2013. La dichiarazione di opposizione risulta, d'altronde, pervenuta nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari nel termine di 15 giorni dalla notifica del decreto penale all'imputato, conformemente a quanto disposto dall'art. 461 cod. proc. pen.. Si chiede pertanto annullamento del provvedimento impugnato.

3. Con requisitoria scritta, depositata l'11 luglio 2017, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione


1. La doglianza formulata dal ricorrente è infondata. L'opposizione al decreto penale di condanna ha, infatti, natura di impugnazione (Cass., Sez. 4, n. 25439 del 28/3/2003, Rv. 225601; Sez. 5, n. 10621 del 10/12/2002, dep. 2003, Rv. 224701) ed è dunque soggetta alla disciplina e ai principi generali previsti per le impugnazioni (Cass., Sez. 3, n. 2029 del 28/5/1999, Rv. 214346; Sez. 5, n. 399 dell'8/2/1995, Rv. 200671). Le modalità di presentazione dell'opposizione sono quindi disciplinate dall'art. 461 cod. proc. pen. e, per quanto non previsto da quest'ultima norma, dagli artt. 582 e 583 cod. pen., che riguardano, in generale, le impugnazioni. Orbene, nessuna norma prevede la presentazione di un atto d'impugnazione a mezzo di posta elettronica certificata. Il D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, art. 16, comma 4, convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, prevede la possibilità per la cancelleria di effettuare notificazioni per via telematica a persona diversa dall'imputato, a norma dell'art. 148 c.p.p., comma 2 bis, artt. 149, 150 c.p.p. e art. 151 c.p.p., comma 2. Ma la norma non prevede il deposito per via telematica di un atto d'impugnazione. D'altronde, le modalità di presentazione dell'atto d'impugnazione prescritte dalle suindicate norme sono tassative e non ammettono equipollenti (Cass., Sez. 5, n. 4043 del 27/3/2003, dep. 2004, Rv. 225372; Sez. 1, n. 45711 del 7/11/2001, Rv. 220370), essendo l'inosservanza delle disposizioni degli artt. 582 e 583 c.p.p. prevista come causa di inammissibilità dall'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c). Ed anzi il rinvio dell'art. 591 c.p.p., lett. c) alle formalità previste dall'art. 583 cod. proc. pen. è interpretato dalla giurisprudenza di legittimità nel senso dell'inderogabilità della spedizione dell'atto di impugnazione a mezzo di raccomandata o telegramma (Cass., Sez. 1, n. 3342 del 14/7/1993, Rv. 195056; Sez. 1, n. 5530 del 24/10/1996, Rv. 206186; Sez. 6, n. 42473 del 22/10/2001, Rv. 220215), di talchè è stata, ad esempio, ritenuta invalida l'impugnazione proposta mediante la spedizione effettuata attraverso il servizio Internet di "posta raccomandata on line" (Cass., Sez. 3, n. 7337 del 31/1/2014, Rv. 259630), che non consente la trasmissione dell'atto scritto in originale ma solo l'inoltro di un file digitale in formato testo o immagine. E, infatti, in questa prospettiva, il D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 48 e successive mod. (c.d. Codice dell'amministrazione Digitale), come sostituito dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 33, dispone che la notifica a mezzo PEC sia equiparata alla notifica per mezzo della posta, salvo che la legge non disponga altrimenti (Cass., Sez. 2, n. 6320 del 10/2/2017. Rv. 268984). E quello dell'impugnazione è, per l'appunto, sulla base dei rilievi sin qui formulati, uno di quei casi in cui la legge dispone altrimenti. Correttamente, pertanto, l'atto di opposizione al decreto penale di condanna presentato a mezzo PEC è stato dichiarato inammissibile.

2. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2018

 
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