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Nell'ambito del procedimento penale, l'invio di istanze a mezzo posta elettronica certificata (c.d. PEC) non è consentito alle parti private. Nella fattispecie, l'istanza di rinvio per legittimo impedimento oggetto della doglianza difensiva va considerata irricevibile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CRESCIENZO Ugo - Presidente -
Dott. BELTRANI Sergio - rel. Consigliere -
Dott. PAZZI Alberto - Consigliere -
Dott. DI PISA Fabio - Consigliere -
Dott. PAZIENZA Vittorio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.L., nato a (OMISSIS);
contro la sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma - sez. minori in data 22/06/2016;
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Sergio Beltrani;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Casella Giuseppina, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
rilevato che nessuno è presente per il ricorrente;
verificata la regolarità degli avvisi di rito.
Svolgimento del processo
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma, sez. minorenni, ha confermato integralmente la sentenza emessa in data 24 settembre 2015 dal Tribunale per i minorenni della stessa città, che aveva dichiarato l'imputato L.P. colpevole di rapina aggravata e lesioni aggravate in continuazione, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.
Contro tale provvedimento, l'imputato (con l'ausilio di un difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, disp. att. c.p.p., comma 1:
- violazione dell'art. 178 c.p.p., lett. C), art. 148 c.p.p., comma 2-bis e art. 420-ter c.p.p. (lamentando di avere inviato alla Corte di appello a mezzo PEC con mail ricevuta alle ore 18.32 del 20.6.2016 una richiesta di rinvio per legittimo impedimento, sulla quale la Corte di appello non si era pronunciata, limitandosi ad osservare che la richiesta era pervenuta alla sua attenzione alle ore 13.30 del 22.6.2016, quando il processo era già stato definito - alle ore 12.30 -).
All'odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito; all'esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza.
Motivi della decisione
Il ricorso dell'imputato è inammissibile perchè proposto per un motivo manifestamente infondato.
1. Nell'ambito del procedimento penale, l'invio di istanze a mezzo posta elettronica certificata (c.d. PEC) non è consentito alle parti private: l'istanza di rinvio per legittimo impedimento oggetto della doglianza difensiva era, pertanto, irricevibile.
1.1. Questa Corte ha già chiarito che, nel procedimento penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni e notificazioni nè presentare istanze mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata (Sez. 3, n. 7058 dell'11/02/2014, Rv. 258443, con specifico riferimento ad un'istanza di rinvio per legittimo impedimento; vedi anche Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015, Rv. 263189, con riferimento ad una istanza di rimessione in termini).
Ai sensi dell'art. 148 c.p.p., comma 2-bis, artt. 149 e 150 c.p.p., art. 151 c.p.p., comma 2, e della L. n. 221 del 2012, di conversione del D.L. n. 179 del 2012), l'utilizzo della PEC è consentito, a partire dal 15/12/2014, soltanto per effettuare notificazioni da parte delle cancellerie nei procedimenti penali a persona diversa dall'imputato.
1.2. In proposito, si è, in particolare, osservato che, "nel processo civile l'art. 366 c.p.c., comma 2 (così come previsto dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, che ha modificato la L. n. 53 del 1994), ha introdotto espressamente la PEC quale strumento utile per le notifiche degli avvocati autorizzati. Già il D.M. n. 44 del 2011 aveva disciplinato con maggiore attenzione l'invio delle comunicazioni e delle notifiche in via telematica dagli uffici giudiziari agli avvocati e agli ausiliari del giudice nel processo civile, in attuazione della L. 6 agosto 2008, n. 133, art. 51. In tale contesto assume rilevanza la disposizione di cui all'art. 4 che prevede l'adozione di un servizio di posta elettronica certificata da parte del Ministero della Giustizia in quanto ai sensi di quanto disposto dalla L. n. 24 del 2010 nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica devono effettuarsi, mediante posta elettronica certificata.
Quest'ultima disposizione è stata rinnovata anche dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 ("Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese", in GU n. 245 del 19-10- 2012 - Suppl. Ordinario n. 194), entrato in vigore il 20/10/2012 e convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 (c.d. Decreto cresc'Italia 2.0) dove all'art. 16 viene sancito, al comma 4, che "Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma dell'art. 148 c.p.p., comma 2-bis, artt. 149 e 150 c.p.p. e art. 151 c.p.p., comma 2. La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria" (Sez. 3, n. 7058 dell' 11/02/2014, Rv. 258443 cit.).
1.2.1. La predetta disposizione indica espressamente la volontà legislativa di consentire l'utilizzo della PEC, nel processo penale, alle sole cancellerie (in accordo con il tradizionale canone interpretativo inclusio unius, exclusio alterius): in caso contrario (ovvero se, in assenza di un espresso divieto, dovesse ritenersi consentito l'utilizzo di detto strumento anche alle altre parti, purchè per comunicazioni o notificazioni a persona diversa dall'imputato), essa sarebbe inutile, non avendo senso consentire espressamente l'utilizzo della PEC alle cancellerie, se esso fosse consentito a tutti.
D'altro canto, la conclusiva previsione che "La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria" evidenzia che l'utilizzo del mezzo è consentito al solo ufficio di cancelleria, non anche - per quello che in questa sede rileva - alle parti private (la mancata indicazione delle forme nelle quali dovrebbero essere redatte le relazioni delle notificazioni eseguite dalle parti private sarebbe, infatti, incomprensibile, poichè finirebbe col legittimare l'assunto che le parti private non avrebbero necessità di documentare l'avvenuta notificazione a mezzo PEC).
1.2.2. Ne consegue, pertanto, per quanto rileva in riferimento all'odierno ricorso, che all'imputato, nel procedimento penale, non è - allo stato - consentito l'utilizzo della Posta Elettronica Certificata quale generalizzata forma di comunicazione o notificazione, nè per la presentazione di atti (istanze, memorie).
1.3. Nessuna censura può, pertanto, essere dedotta dall'imputato quanto alla lamentata omissione della Corte di appello, avendo egli stesso scelto una forma di comunicazione dell'istanza di rinvio per legittimo impedimento non consentita.
1.4. Deve, peraltro, rilevarsi che, per espressa previsione dell'art. 420-ter c.p.p., commi 1, 2 e 5, il giudice è tenuto - anche d'ufficio - a prendere atto dell'esistenza di un legittimo impedimento a comparire dell'imputato o del difensore, quando gli risulti, in qualsiasi modo, o comunque appaia probabile, che l'assenza sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento.
Se, pertanto, l'istanza in oggetto - pur irricevibile - fosse stata cionondimeno portata a conoscenza della Corte di appello tempestivamente, ovvero prima della celebrazione dell'udienza de qua, sarebbe stato comunque necessario valutarla.
Ma ciò, nel caso in esame, non è avvenuto.
2. La minore età del ricorrente comporta che non siano dovute le statuizioni accessorie di cui all'art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, nella Udienza pubblica, il 16 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017
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