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Penale.it - Corte di Cassazione, sezione II penale, sentenza 29 settembre 2016 (dep. 14 ottobre 2016), n. 43705

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Corte di Cassazione, sezione II penale, sentenza 29 settembre 2016 (dep. 14 ottobre 2016), n. 43705
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Truffe online: la distanza tra il luogo dove si trova l'agente e quello della vittima comporta la sussistenza dell'aggravante della minorata difesa qualora l'agente ne abbia approfittato

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico - Presidente -

Dott. TADDEI Margherita - Consigliere -

Dott. VERGA Giovanna - Consigliere -

Dott. SGADARI G. - est. Consigliere -

Dott. TUTINELLI Vincenzo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo;

nei confronti di:

C.E., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 10 maggio 2016 del Tribunale di Brescia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. SGADARI Giuseppe;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VIOLA Pompeo, che ha chiesto l'annullamento con rinvio.

Svolgimento del processo

1.Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Brescia annullava l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo che aveva applicato all'indagato la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ad una pluralità di delitti di truffa aggravata dalla minorata difesa.

2. Il C., dopo aver inserito, su noti e specializzati portali internet, diversi annunci di vendita di telefoni cellulari di varie marche o di personal computer, perfezionava la vendita on line di tali beni incassando somme di danaro che gli venivano bonificate su conti correnti o accreditate su carte prepagate, i cui numeri egli forniva ai soggetti che rispondevano all'annuncio, non provvedendo successivamente alla consegna agli acquirenti dei beni oggetto della vendita.

In tale condotta, il Giudice per le indagini preliminari aveva individuato gli estremi del reato di truffa, ritenendo sussistente anche l'aggravante di cui all'art. 640 c.p.p., comma 2, n. 2-bis, contestata nella imputazione provvisoria nei seguenti termini: per avere profittato di circostanze di luogo e di tempo tali da ostacolare la privata difesa, avendo commesso il fatto attraverso contatti telematici e a distanza che non permettono alla persona offesa di controllare l'identità e la serietà dell'interlocutore/contraente, nè l'esistenza del bene offerto.

3. Il Tribunale di Brescia, su impugnazione dell'indagato, dopo aver premesso che la possibilità di applicare la misura cautelare conseguiva esclusivamente alla contestazione della menzionata aggravante, riteneva che essa non fosse sussistente, dal momento che la condotta del C. - il quale aveva ammesso gli addebiti - in ragione delle peculiarità proprie della vendita on-line, integrasse gli artifici e raggiri del reato di truffa, senza tuttavia individuare altri elementi ulteriori, esterni alla struttura del reato, integranti l'aggravante della minorata difesa.

Sottolineando, altresì, che per la configurabilità di quest'ultima l'eventuale approfittamento delle vittime deve essere valutato in concreto, con riferimento a situazioni che denotano nel soggetto passivo una particolare vulnerabilità della quale l'agente trae consapevolmente vantaggio e non già come modalità seriale.

4. Ricorre per cassazione il Pubblico ministero, deducendo violazione di legge e vizio della motivazione.

Sostiene il ricorrente che proprio le particolari modalità delle vendite on-line, individuate dallo stesso Tribunale, sarebbero connotate da peculiari requisiti oggettivi idonei a porre il venditore in una posizione di forza, da lui conosciuta e della quale egli avrebbe approfittato in danno dell'acquirente; la cui posizione contrattuale, al contrario, sarebbe contraddistinta da una intrinseca debolezza, per effetto del perfezionamento a distanza della transazione, con la conseguente impossibilità, da parte sua, tanto di visionare in anticipo il bene rispetto al pagamento, quanto di saggiare l'affidabilità del venditore.

Nel che, il ricorrente ha ravvisato quelle caratteristiche ulteriori e specifiche degli artifici e raggiri, le quali, rendendo più insidiosa la condotta rispetto alle normali dinamiche contrattuali, configurerebbero l'aggravante contestata, oggetto, peraltro, di recente intervento legislativo volto ad estenderne l'applicazione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

1. L'art. 61 c.p., comma 1, n. 5, stabilisce che l'aggravante della cosiddetta minorata difesa si configura allorquando l'agente abbia approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa.

Per la sua applicazione, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, occorre che vi siano condizioni oggettive conosciute dall'agente e di cui questi abbia volontariamente approfittato, valutazione che deve essere fatta in concreto, caso per caso e secondo una valutazione complessiva degli elementi disponibili (Sez. 2 n. 13933 del 7 gennaio 2015, Nanni, Rv. 263293; Sez. 1, n. 40923 del 10 luglio 2013, Congiusti, Rv. 257248; Sez. 1, n. 13387 del 16 maggio 2013, Rossi, Rv. 259729).

Tali condizioni, secondo la norma, possono essere di tempo, di luogo o di persona.

2. Orbene, l'aggravante è stata specificamente contestata, nel caso in esame, come circostanza di luogo e di tempo.

Infatti, è evidente che la modalità della vendita online avuto riguardo al fatto che le parti contraenti, attraverso lo strumento informatico, perfezionano il contratto senza conoscersi personalmente - non potrebbero consentire alcun approfittamento da parte dell'agente delle circostanze legate alla persona dell'acquirente, nel senso attribuito loro dalla giurisprudenza di legittimità.

Secondo la quale, infatti, le circostanze di persona che, ai sensi dell'art. 61 c.p., n. 5 aggravano il reato quando l'agente ne approfitti, possono consistere in uno stato di debolezza fisica o psichica in cui la vittima del reato si trovi per qualsiasi motivo; ne consegue che esse devono essere conosciute dall'agente e tali da ostacolare, in relazione alla situazione fattuale concretamente esistente, la reazione dell'Autorità pubblica o delle persone offese, agevolando la commissione del reato. Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto la sussistenza dell'aggravante in relazione ad una serie di truffe, connesse all'abusivo esercizio delle professioni di psicologo, psicoterapeuta e medico psichiatra, poste in essere dall'imputato in danno dei pazienti (Sez. 2, n. 13933 del 7 gennaio 2015, Nanni, Rv. 263293).

3. Ma è altrettanto evidente come, nella specie, non siano individuabili circostanze di tempo tali da aver favorito la condotta dell'agente e delle quali egli ha approfittato per commettere gli artifici e raggiri.

Nello sviluppo giurisprudenziale in ordine a tale specifica situazione oggettiva, infatti, si è solo e soltanto fatto riferimento agli orari in cui la condotta dell'agente era stata commessa. La casistica, in particolare, illustra che tale circostanza aggravante è stata ritenuta sussistente con riguardo alle ipotesi di furto o rapina in ore notturne (tra le tante, Sez. 5, n. 32244 del 26 gennaio 2015, Halilovic, Rv. 265300).

L'impossibilità di riconnettere a circostanze di tempo la condotta commessa dall'indagato, nel caso in esame, è rivelata, del resto e non a caso, anche dallo stesso tenore della contestazione provvisoria (avendo commesso il fatto attraverso contatti telematici e a distanza che non permettono alla persona offesa di controllare l'identità e la serietà dell'interlocutore/contraente nè l'esistenza del bene offerto); laddove nessun aspetto della condotta è ricollegabile, in concreto, al tempo in cui la medesima era stata commessa, nè tale riferimento si coglie in un qualche passaggio del ricorso.

4.1 Rimane da valutare se è possibile individuare l'aggravante con riferimento al luogo di commissione del delitto, dalla dottrina e dalla giurisprudenza individuato, fin qui, con esclusivo riferimento fisico per esempio al fatto che il reato sia stato commesso in un luogo isolato o abbandonato (Sez. 2, n. 44624 del 8 luglio 2004, Alcamo, Rv. 230244).

4.2 Il Collegio ritiene che la circostanza aggravante sia sussistente, dovendosi mantenere ferma, per quanto qui di seguito evidenziato, l'individuazione oggettiva di un dato fisico e caratteristico del luogo del commesso reato. Infatti, sarebbe fuorviante individuare, ai fini di interesse, il luogo della condotta illecita nell'ambiente informatico o telematico utilizzato per commettere il reato. E' significativo notare come, la più autorevole giurisprudenza di legittimità, chiamata a decidere quale fosse il luogo di consumazione del delitto di cui all'art. 615-ter c.p., ha acutamente osservato, in motivazione, che il circuito internet, per le sue particolari caratteristiche, è, per così dire, un non luogo: è stato notato che nel cyberspace i criteri tradizionali per collocare le condotte umane nel tempo e nello spazio entrano in crisi, in quanto viene in considerazione una dimensione smaterializzata (dei dati e delle informazioni raccolti e scambiati in un contesto virtuale senza contatto diretto o intervento fisico su di essi) ed una complessiva delocalizzazione delle risorse e dei contenuti (situabili in una sorta di meta-territorio) (Sez. U, n. 17325 del 2015, Rocco, par.3).

In quella decisione, si individuava il luogo del commesso reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, in quello in cui l'agente aveva effettuato l'intrusione indebita nel circuito internet.

4.3 Analogamente, nella truffa ordita attraverso la vendita di prodotti on-line, è individuabile un luogo fisico del commesso reato, per l'appunto quello ove si trovava l'agente al momento in cui egli aveva conseguito il profitto (cfr. Sez. 2, n. 7749 del 4 novembre 2014, Giannetto, Rv. 264696).

Siffatto luogo fisico di consumazione del delitto di truffa attraverso la vendita di prodotti on-line, possiede una caratteristica peculiare, che è quella costituita dalla distanza che esso ha rispetto al luogo ove si trova l'acquirente.

Si tratta di una caratteristica oggettiva, assai simile a quella individuata dalla giurisprudenza prima richiamata, con riguardo al luogo abbandonato o isolato; che altro non vuol significare, in quel caso, che luogo distante da collegamenti con centri abitati, vie di comunicazione, presenze umane, tanto da indebolire la reazione pubblica o privata rispetto alla condotta illecita.

Inoltre, si tratta di caratteristica oggettiva ben conosciuta dall'agente e della quale questi ha approfittato, così come richiede l'art. 61 c.p., comma 1, n. 5.

Poichè proprio la distanza tra il luogo di commissione del reato, ove l'agente si trova ed il luogo ove si trova l'acquirente del prodotto on line - che ne abbia pagato anticipatamente il prezzo, secondo quella che rappresenta la prassi di simili transazioni - è l'elemento che consente all'autore della truffa di porsi in una posizione di maggior favore rispetto alla vittima, di schermare la sua identità, di fuggire comodamente, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente; tutti vantaggi che non potrebbe sfruttare a suo favore, con altrettanta comodità, se la vendita avvenisse de visu.

Di ciò l'agente ha consapevolmente approfittato, utilizzando le particolari modalità costituite dall'utilizzo del sistema informatico o telematico.

Sicchè la rilevata distanza tra i luoghi prima individuati - cui, in una valutazione complessiva ed in concreto degli elementi disponibili, si aggiunge l'utilizzo consueto di clausole contrattuali che prevedono il pagamento anticipato del prezzo del bene venduto - serve a connotare l'aggravante di cui si discute.

La quale arricchisce la condotta illecita dell'agente di quell'elemento ulteriore esterno, peculiare e meramente eventuale, rispetto agli artifici e raggiri del reato di truffa semplice; individuabili, questi ultimi, nel solo fatto che quegli finga di vendere un bene che non ha o del quale, in verità, non si vuole privare.

Nè varrebbe rilevare che l'acquirente, comprando un bene on-line, si sarebbe volontariamente esposto ai rischi insiti in tale tipo di transazioni.

Oltre che contro tendenza rispetto alla sempre maggiore diffusività di siffatti contratti, l'osservazione sposta incongruamente la messa a fuoco della questione dalla condotta dell'agente a quella della vittima; rispetto a quest'ultima, tuttavia, deve rilevarsi, seguendo la giurisprudenza formatasi su analoghe questioni, che ai fini della sussistenza del reato di truffa, l'idoneità dell'artificio o raggiro non è esclusa dalla mancata diligenza della vittima (Sez. 2, n. 42941 del 25 settembre 2014, Selmi, Rv. 260476; Sez. 2, n. 34059 del 3 luglio 2009, Catanzaro, Rv. 244948). Assunto che si attaglia al caso specifico, avuto riguardo alla segnalata, intrinseca debolezza della vittima nella precipua contrattazione truffaldina all'esame, posta in essere dall'agente anche attraverso l'utilizzo di noti siti internet specializzati in vendite on-line e fornendo agli acquirenti ogni idonea (quanto falsa) rassicurazione sulla bontà dell'affare.

Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Brescia per nuovo esame, che terrà conto dei principi enunciati.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di Brescia, Sezione per il Riesame delle misure coercitive, con integrale trasmissione degli atti, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2016

 
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