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Incombe sull'imputato, detenuto per altra causa, l'onere di segnalare tempestivamente lo stato di detenzione e la sua volontà di partecipazione al processo; ne consegue che, in caso di mancata tempestiva segnalazione dell'impedimento, il giudice non è obbligato a rinviare la trattazione del processo al fine di disporre la traduzione dell'imputato e di garantirne la partecipazione al giudizio
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MARZANO Francesco - Presidente Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere Dott. IACOPINO Silvana - Consigliere Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere Dott. COLOMBO Gherardo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da: 1) C.L., nato il ...; avverso la sentenza del 06/11/2003 della Corte d'Appello di Napoli; visti gli atti, la sentenza ed il procedimento; udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. BRUSCO CARLO GIUSEPPE; Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SALZANO Francesco che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
La Corte:
OSSERVA
1) C.L. ha proposto ricorso avverso la sentenza 6 novembre 2003 della Corte d'Appello di Napoli che ha parzialmente confermato - riducendo la pena inflitta dal primo giudice previa concessione delle attenuanti generiche - la sentenza 25 novembre 2002 del Tribunale della medesima citta' che, all'esito del giudizio abbreviato, lo aveva ritenuto responsabile del delitto di cui all'art. 73 d.p.r. 309/1990 (detenzione a fine di spaccio di gr. 6,7 di hashish).
A fondamento del ricorso si deduce: - La violazione di norme processuali stabilite a pena di nullita' perche', citato nel giudizio di appello con notifica a mani proprie ed essendo stato successivamente arrestato, la Corte di merito, avvisata dal difensore dello stato di detenzione il giorno medesimo dell'udienza, non aveva rinviato il processo per consentire la traduzione dell'imputato e la sua partecipazione al giudizio; - La mancanza e la manifesta illogicita' della sentenza impugnata per aver rigettato la tesi difensiva secondo cui la sostanza sequestrata era detenuta per il c.d. "uso di gruppo".
2) Il primo motivo di ricorso e' infondato. Risulta dal verbale dell'udienza tenuta il 6 novembre 2003 davanti alla Corte d'Appello di Napoli che in questa udienza il difensore ebbe a segnalare per la prima volta al giudice procedente che il suo assistito era detenuto "da circa dieci giorni". La Corte ha ritenuto che fosse onere dell'imputato segnalare lo stato di detenzione e ha disposto procedersi oltre; ed e' implicito, nel ragionamento della Corte, che l'impedimento non fosse stato tempestivamente segnalato. Si pone dunque il problema di valutare gli effetti di tale mancata tempestiva segnalazione; se cioe' il giudice abbia comunque l'obbligo, una volta che sia venuto a conoscenza dell'impedimento, di rinviare la trattazione del processo al fine di disporre la traduzione dell'imputato e di garantirgli la presenza ovvero se la mancata tempestiva segnalazione dell'impedimento possa far venir meno questo obbligo.
Questa Sezione, pur non ignorando l'esistenza di precedenti di legittimita' di segno diverso (Cass., Sez. I, 4 dicembre 1997 n.738, Cariolo, rv. 209449; 24 giugno 1992 n. 9721, Birra, rv. 191891), ritiene di far proprio l'orientamento, peraltro piu' recente, ribadito in altre decisioni (v. Cass., Sez. IV, 29 settembre 2003 n. 46001, Lattanzio, rv. 227704; Sez. III, 28 aprile 2000 n. 7161, Tizzano, rv. 216582; Sez. II, 2 giugno 1992 n. 7850, Rotondo, rv. 191016) secondo cui esiste un onere dell'imputato di segnalare tempestivamente lo stato di detenzione (ovviamente quando si tratti di diverso procedimento) e la sua volonta' di partecipazione al processo. Non sembra infatti condivisibile l'opinione (espressa in particolare dalla citata sentenza della I Sezione n.738 del 1997) che fa leva sul dato formale dell'esistenza di un onere di tempestiva comunicazione dell'impedimento per il solo difensore nel testo dell'abrogato art. 486 c.p.p. (sul punto non modificato dal vigente art. 420 ter c.p.p.) per dedurne l'inesistenza di un analogo onere a carico dell'imputato. Trattandosi, se esistente, non di nullita' assoluta (perche' non riguarda l'omessa citazione ma l'intervento dell'imputato) bensi' di nullita' a regime intermedio risulta infatti applicabile la disciplina di carattere generale sulla deducibilita' delle nullita' (art. 182 comma I c.p.p.) che esclude che le nullita' possano essere dedotte da chi vi ha dato o ha concorso a darvi causa; nella specie con la mancata tempestiva segnalazione dell'impedimento sopravvenuto in altro procedimento. Deve peraltro ritenersi altrettanto condivisibile l'attenuazione di questo principio con il temperamento fatto proprio da altre decisioni (cfr. Cass., Sez. IV, 9 dicembre 1997 n. 3078, Iobbi, rv. 210177; Sez. V, 4 febbraio 1997 n. 2119, Doria, rv. 207004) che escludono l'onere dell'imputato nel caso di carcerazione avvenuta a ridosso immediato dell'udienza. Si aggiunga infine che, nel caso in esame, si trattava di un giudizio di appello su una sentenza pronunziata in rito abbreviato che, per il disposto dell'art. 443 u.c. del codice di rito, deve svolgersi con le forme previste dall'art. 599 del medesimo codice il cui comma II prende in considerazione il legittimo impedimento dell'imputato solo se questi ha manifestato la volonta' di comparire. Nel caso in esame risulta dal verbale gia' ricordato che il difensore si era limitato a segnalare lo stato di detenzione senza peraltro evidenziare, neppure implicitamente (dal verbale neppure risulta alcuna richiesta di rinvio), la volonta' di comparire.
3) Il secondo motivo di ricorso e' invece inammissibile. Con la censura proposta - pur formalmente diretta a far ritenere esistente, sulla base di quanto accertato dai giudici di merito, l'esistenza dei presupposti per l'inquadramento della fattispecie nell'ipotesi del c.d. "consumo di gruppo" - si tende infatti alla rivalutazione, da parte del giudice di legittimita', del compendio probatorio accreditando una diversa ricostruzione dei fatti. Com' e' noto il consumo di gruppo equiparabile all'uso personale, e percio' non sanzionato penalmente ma solo ai fini amministrativi (art. 75 d.p.r. 309/1990), e' configurabile, secondo l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza 28 maggio 1997, Iacolare) purche' "l'acquisto e poi la detenzione avvengano fin dall'inizio per conto e nell'interesse anche degli altri soggetti, essendo certa sin dall'inizio l'identita' dei medesimi nonche' manifesta la volonta' di procurarsi la sostanza destinata al consumo personale". E' irrilevante che l'acquisto avvenga contestualmente ovvero che uno dei componenti del gruppo venga incaricato dell'acquisto per la successiva suddivisione e consumo della sostanza mentre e' da escludere l'ipotesi del consumo di gruppo quando l'acquirente non sia anche assuntore oppure quando non abbia avuto alcun mandato per l'acquisto e la detenzione. Orbene, nel caso in esame, la sentenza impugnata ha ritenuto che non fosse configurabile l'ipotesi dell'uso di gruppo perche' ha escluso, sulla base delle dichiarazioni dei due giovani che furono trovati in possesso della sostanza insieme al ricorrente, che i due assuntori avessero incaricato C. di acquistare la sostanza stupefacente anche per il loro uso personale e hanno ricondotto il caso alla fattispecie della cessione gratuita. Il ricorrente ritiene questa ricostruzione "del tutto insufficiente rispetto alla reale ricostruzione del fatto e non tiene conto di alcuni passaggi pur evidenziati nell'atto di appello"; e afferma poi che "non risulta provata la cessione o, meglio, la materiale consegna della sostanza stupefacente da parte del ricorrente". Trattasi di censure inammissibili per un duplice ordine di ragioni: perche' generiche e perche', come gia' accennato, tendono ad una rivalutazione del fatto sottratta al vaglio di legittimita'. In ogni caso l'ipotesi del consumo di gruppo viene dal ricorrente fondata non sulla fattispecie accertata dai giudici di merito ma con il mero rinvio a precedenti della Corte di Cassazione.
4) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cosi' deciso in Roma, il 13 luglio 2005. Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2005
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