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Penale.it - Corte di Cassazione, Sezione V Penale, sentenza 24 novembre 2003 (dep. 5 febbraio 2004), n.4576 (n.1881/2004)

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Corte di Cassazione, Sezione V Penale, sentenza 24 novembre 2003 (dep. 5 febbraio 2004), n.4576 (n.1881/2004)
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La norma prevista e punita dall'art. 640 ter c.p. è posta a tutela sia della riservatezza e della regolarità dei sistemi informatici sia del patrimonio altrui e l'evento consiste nel conseguimento da parte del soggetto attivo di un ingiusto profitto con altrui danno. Accedere tramite Internet e operare immediati bonifici in favore del proprio c/c on-line non configura l'ipotesi di furto aggravato ed , in siffatte ipotesi, l'interprete deve spingersi sino a considerare se non vi sia stato un intervento non autorizzato (che è possibile effettuare con qualsiasi modalità) sui dati, informazioni e programmi ivi contenuti.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
 
 
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
 
  Dott. LATTANZI Giorgio  - Presidente
 
1. Dott. PIZZUTI  Giuseppe - Consigliere 
2. Dott. MARINI  Pier Francesco - Consigliere 
3. Dott. FERRUA  Giuliana    - Consigliere 
4. Dott. SICA  Giuseppe  - Consigliere
 
ha pronunciato la seguente:
 
SENTENZA

 sul ricorso proposto da:
N. S.  N. IL ………….
avverso ORDINANZA del 09/05/2003 TRIB. LIBERTA' di CATANIA;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. SICA GIUSEPPE;
 
lette/sentite le conclusioni del P.G. Dr. Cosentino Francesco che  ha
chiesto l'annullamento;
RITENUTO IN FATTO

 Il tribunale di Catania, con il provvedimento impugnato del 9/5/2003, in  sede  di  riesame,  confermava l'ordinanza cautelare  emessa  dal  G.I.P.  di Siracusa, con la quale veniva disposta la misura cautelare in  carcere  nei  confronti  di N. S.  indagato  per  furto aggravato ai sensi degli articoli 61, n. 7, 81 cpv, 624 e 625,  n.  4 C.P.,  per  avere  sottratto dal C/C 33040, acceso  presso  la  Banca Telematica Intesa "121", 30.000,00 euro, accedendo tramite Internet e operando immediati bonifici in favore del proprio C/C.
Ricorre per Cassazione l'indagato prospettando erronea qualificazione del  fatto  reato  contestato e l'erronea o falsa applicazione  degli articoli  278  e  280 c.p.p.. Infatti, nel caso di specie,  al  piu', ricorreva  l'ipotesi  di cui all'art. 640 ter  C.P.,  la  c.d.  frode informatica, che prevede una pena massima di anni tre di  reclusione, non essendo applicabili le aggravanti speciali.
In  ogni caso, anche se ricorresse l'ipotesi di furto, non sussisteva l'aggravante  dell'art. 625, n. 4 C.P., atteso che essa  richiede  la destrezza e l'abilita' superiore a quella normale.
 
Con  il  secondo motivo deduce la violazione e la falsa  applicazione dell'art.  275.2 bis c.p.p., potendo il N. godere della  sospensione condizionale  della  pena, avendo il ricorrente  riportato  solo  una condanna irrevocabile ………………..omissis……………………
Lamenta  ancora  carenza  di  motivazione  e  violazione  ed  erronea applicazione dell'art. 273, nn. 1 e 1 bis c.p.p., non avendo motivato in  ordine  alla gravita' degli indizi, la cui ricorrenza  era  stata ritenuta scontata.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso merita accoglimento.
Il  tribunale  ha  escluso  che,  nella  specie,  potesse  ricorrere l'ipotesi  affermata  dal N., della violazione  dell'art.  640  ter C.P.,  con  conseguente  inapplicabilita'  della  misura  cautelare restrittiva,  in quanto la norma era stata creata sul  modello  della truffa  e  tendeva  a reprimere ogni fatto posto in  essere  mediante
alterazione di un funzionamento informatico o telematico che  procuri  a  chi  lo compie un ingiusto profitto con altrui danno, mentre nella fattispecie  si  era  verificato  l'impossessamento  da  parte dell'indagato di beni di altrui appartenenza.
E'  evidente che, in tal modo, il tribunale ha limitato il suo  esame solamente ad una delle ipotesi prese in considerazione  dalla  norma invocata.
Infatti  -  fermo restando che la norma e' posta a tutela  sia  della riservatezza  e  della regolarita' dei sistemi  informatici  che  del patrimonio altrui e che l'evento consiste nel conseguimento da  parte del  soggetto  attivo  di un ingiusto profitto  con  altrui  danno  - trattasi  di  reato a forma libera che prevede, alternativamente  una condotta  consistente nell'alterazione del funzionamento del  sistema informatico  o  telematico, ovvero in un intervento  non  autorizzato (che  e'  possibile  effettuare con qualsiasi  modalita')  sui  dati, informazioni e programmi ivi contenuti.
Tale ultima ipotesi, ai fini della ricorrenza o meno del reato di cui all'art.  640  ter C.P., perseguibile e querela, la cui ricorrenza -con riguardo alla pena edittale massima irrogabile - giustificherebbe  l'accoglimento dell'impugnazione del N., pur avendo evidenziato che le  operazioni  erano state effettuate per via telematica  attraverso l'utilizzazione di password, non e' stata presa in considerazione dal tribunale.
Peraltro,  per la giurisprudenza di questa Corte, il reato  di  frode informatica  -  che  postula  necessariamente  la  manipolazione  del sistema  -  presenta  la  medesima struttura e  gli  stessi  elementi costituivi della truffa, con l'unica differenza che non viene indotto in errore la persona del soggetto passivo, ma l'attivita' fraudolenta dell'agente  investe  il sistema informatico riferibile  al  suddetto (Cass. Sez. 6^, 14/12/1999, n. 3065, RV 214942).
 
La  decisione impugnata va pertanto annullata con rinvio al tribunale di Catania per nuovo esame.
 
Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.
P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Catania  per nuovo esame.
 
Manda  alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94  disp.
att. c.p.p..
 
Cosi' deciso in Roma, il 24 novembre 2003
 
Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2004
 
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