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La decisione numero 31 del 23 febbraio 2012 del giudice delle leggi ha l’indubbio pregio di contribuire a ricondurre a razionalità il sistema di misure predisposto a tutela dei soggetti minori di età; rappresenta infatti un ulteriore contributo della Corte Costituzionale a rafforzare gli orientamenti giurisprudenziali e gli indirizzi legislativi nel loro comune obiettivo di valorizzazione dell’interesse del minore il quale deve risultare preminente in sede di assunzione di ogni determinazione a lui relativa e nella quale vengano in considerazione anche interessi confliggenti con quelli del minore medesimo.
Nel caso di specie il giudice a quo ha dubitato della legittimità costituzionale dell’articolo 567 c. p. nella parte in cui esso subordina in via automatica la applicazione della sanzione accessoria della decadenza dalla potestà genitoriale qualora l’autore del reato proprio si sia reso responsabile della fattispecie criminosa della alterazione di stato del minore. L’attenzione del giudice si concentra proprio sulla presunta e presumibile irragionevolezza dell’automatismo in questione. Alla luce del quadro costituzionale ,(artt. 30, 31 Costituzione ) del codice civile, (art.147 c .civ.) delle indicazioni dettate dalle Carte sovranazionali (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti del fanciullo adottata a Strasburgo il 25 gennaio 1996 ) non è infatti dubitabile che fra i diritti inviolabili del minore via siano ricompresi il diritto di crescere, essere educato e istruito all’interno del proprio nucleo originario dai propri genitori, a meno che questo non risulti gravemente pregiudizievole per il minore stesso . Pertanto ogni provvedimento che vada a sospendere o a dichiarare decaduto dall’esercizio della potestà il genitore dovrebbe essere il risultato di una valutazione attenta e ponderata del caso concreto , al fine di assicurare che la applicazione di una sanzione accessoria , quale la decadenza dalla potestà , sia davvero uno strumento predisposto per il minore , a sua garanzia e non a suo detrimento. La previsione della automatica applicazione della sanzione accessoria violerebbe infatti l’art. 3 della Costituzione ossia l’uguaglianza quale ragionevolezza , razionalità che la norma deve intrinsecamente possedere e attuare in rapporto al caso concreto . La previsione violerebbe anche l’art. 27 3°comma della Costituzione . La sanzione infatti deve avere finalità rieducativa , ma come potrebbe rispondere a tale scopo una sanzione che venisse comminata a un genitore che , come nel caso di specie , si sia reso responsabile del reato di alterazione di stato per proteggere il minore dall’altro genitore?
In tale caso la comminatoria della sanzione vulnererebbe non solo il destinatario della medesima che , proprio per meglio attuare i doveri protezionistici nei riguardi del figlio abbia addirittura leso un bene giuridico presidiato da sanzione penale , ma il fanciullo medesimo privato del saldo rapporto parentale costituito col genitore nel tempo.
La Corte accoglie le censure di costituzionalità riconoscendo l’irragionevolezza della disposizione che, prevedendo il rigido automatismo della applicazione della sanzione accessoria laddove venga accertato il fatto di reato, preclude poi al giudice una preziosa possibilità di bilanciamento e apprezzamento fra interessi contrapposti nel processo. Il giudice delle leggi ricorda che nell’ordinamento internazionale è principio acquisito il garantire il preminente interesse del minore il quale ha assunto peraltro – dopo la riforma del diritto di famiglia - un ruolo centrale anche nel nostro ordinamento. L’operatività ipso iure della sanzione accessoria , senza alcuna effettiva verifica circa l’utilità e la rispondenza della medesima a realizzare la giustizia del caso concreto, costituisce un effettivo vulnus all’articolo 3 della Costituzione . La norma infatti , pur sanzionando la alterazione di stato, non reca in sé come invece altre norme, disciplinanti specifiche diverse ipotesi di reato, una presunzione non vincibile di pregiudizio dell’interesse morale e materiale del minore sì da indurre a statuire per l’inidoneità dell’agente all’esercizio della potestà genitoriale. La pronuncia si pone peraltro in linea di continuità con la pregressa giurisprudenza della Corte Costituzionale in tema di tutela minorile. La sentenza 308/2008 del giudice delle leggi chiamata a risolvere la questione di costituzionalità dell’articolo 155 quater codice civile stabilisce che la revoca del provvedimento di assegnazione della casa familiare in caso di separazione fra coniugi non consegue automaticamente alla instaurazione di una nuova convivenza more uxorio o alla celebrazione di nuove nozze dell’assegnatario dell’alloggio , ma dipende da una valutazione che, caso per caso, viene rimessa alla cognizione della autorità giudiziaria chiamata ad agire nel preminente interesse del minore. Egli infatti viene tutelato appieno proprio anche mediante la conservazione dell’originario habitat familiare, il quale non può considerarsi automaticamente alterato per l’effetto dell’immissione nel medesimo di un soggetto terzo , estraneo al nucleo originario come invece non solo alcuni orientamenti dei giudici di merito , ma anche alcune pronunce della giurisprudenza di legittimità avevano affermato. La tutela del minore risulta inoltre essere tanto preminente da giustificare anche il sacrificio delle ragioni del proprietario. La giurisprudenza maggioritaria infatti stabilisce di accordare preferenza al genitore convivente stabilmente con il minore rendendolo assegnatario dell’alloggio adibito a residenza familiare anche qualora l’altro coniuge sia proprietario esclusivo dell’unità immobiliare.
Il caso peraltro resta di particolare rilievo perché la decisione resa – sia pur non facendo la Corte riferimento esplicito al contesto nel quale il caso è maturato – viene resa nei riguardi di una donna che rientra in Italia dopo essersi sottoposta all’estero alla pratica della fecondazione assistita . La peculiarità della fattispecie pone dunque delle domande; forse la Corte in un’ottica di valorizzazione dei diritti fondamentali e di rafforzamento della loro protezione si prepara ad accogliere la questione di costituzionalità prospettata in relazione alla inammissibilità della praticabilità della tecnica eterologa nel nostro ordinamento? Dobbiamo attendere dunque un revirement del giudice delle leggi in uniformità alle indicazioni della Corte Europea dei diritti dell’uomo? L’incertezza rimane così come rimangono le aspettative ; si vedrà presto se queste siano accolte o disattese mentre, per ora , si può solo riconoscere alla Corte il merito di avere ancora una volta operato per rafforzare le tutele dei diritti inviolabili e per espungere dal sistema le previsioni in contrasto con i principi di ragionevolezza , adeguatezza, equità cui l’ordinamento deve instancabilmente uniformarsi.
Mariabice Schiavi , dottore di ricerca in diritto costituzionale - marzo 2012
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