Versione per la stampa
Sulla correlazione tra accusa e sentenza
TRIBUNALE DI PALERMO
PRIMA PENALE
SENTENZA
( artt.544 e segg., 549 c.p.p. )
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice Dott. Monica SAMMARTINO Sez. 1 A Penale, alla pubblica Udienza del 17/01/11 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del Dispositivo, la seguente
SENTENZA
Nei confronti di: xxx
IMPUTATO
a) Del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 594 c.p. perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, offendeva l'onore della ex moglie xxx, di persona e a mezzo del telefono, apostrofandola nel seguente modo: "mondezza", " pur facendo schifo sei madre di mio figlio" e con altri epiteti ingiuriosi;
in Palermo, nel febbraio 2004 (querela del 19/02/2004 e del 03/03/2004);
b) Del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 612 co. 2° c.p., perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, minacciava di un male ingiusto la ex moglie xxx a mezzo del telefono, dicendole tra le altre cose: "ti perseguiterò per tutta la vita" e "non ti darò tregua fino a quando non sarai morta";
in Palermo, nel febbraio 2004 e 1'01/04/2004 (querela del 19/02/2004, e 01/04/2004);
c) Del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 594 c.p., perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, offendeva l'onore e il decoro della ex moglie xxx , attraverso una serie lunghissima di telefonate aventi come interlocutore, il più delle volte, il figlio minore xxx, durante le quali l'imputato, parlando della donna, la apostrofava nel seguente modo: "delinquente, malvagia, brutta mamma, figlia di ladri, mamma è pazza, delinquente, pazza, un serpente di mamma";
in Palermo tra la fine di marzo ed il 6 aprile 2004 (querela del 6 aprile 2004);
d) Del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 612 c.p., perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, minacciava la donna di un male ingiusto direttamente o indirettamente parlando col figlio minore pronunciando le seguenti espressioni: "con gli avvocati avrai l'ulteriore denunzia penale; xxx guarda che non ti do tregua; gliela faccio pagare carissima";
in Palermo tra la fine di marzo ed il 06/04/2004 (querela del 06/04/2004)
e) Del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 594 c.p., perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, offendeva l'onore della ex moglie - con i seguenti epiteti, pronunciati mentre parlava con il figlio minore "troia della mamma" nonché "ladra, figlia di massoni e delinquenti e di organizzatori di stragi"; in Casteldaccia il 30/03/2004. (querela del 01/04/2004)
f) Del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 612 c.p., perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, minacciava la ex moglie xxx di un male ingiusto direttamente o indirettamente, parlando col figlio minore xxx , pronunciando le seguenti espressioni; "con gli avvocati avrai l'ulteriore denunzia penale; guarda che non ti do tregua; gliela faccio pagare carissima" e porca di mamma; delinquente tu ed i magistrati coinvolti", nonché la minacciava di un male ingiusto nel seguente modo: "ti faccio vedere io in che modo finirai di fare il buono ed il cattivo tempo, ti porterò a Messina e non più a Catania",
in Casteldaccia il 23/03/2004 (querela del 01/04/2004).
g) Del delitto p. e p. dall'art. 594 c.p. perché offendeva l'onore della ex moglie xxx gridando, mentre inseguiva la stessa che il figlio minore xxx precipitosamente cercava di riparare nell'ascensore della sua abitazione, "si la tua disgrazia, tua madre dai mille amanti, il nonno mafioso amico di Lima, Gioia e Ciancimino ed il caro nonnino di tua madre capo della massoneria";
in Palermo il 20/04/2005 (querela del 20/05/2005)
h) della contravvenzione di cui agli artt. 81 cpv e 660 c.p. perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, recava per petulanza e biasimevole motivo, con frasi ingiuriose, minacce dirette ed indirette, con comportamenti minacciosi, e a mezzo del telefono, molestie e disturbo alla ex moglie;
in Palermo dal febbraio 2004 al 22/04/2005.
Con l'intervento del P.M. dott. Arone (del. n. 88/11) e con l'assistenza della dott. Cancelliere A. Bertolino
Le parti hanno concluso come segue:
il PM chiede la condanna alla pena di anni 1 di reclusione e l'applicazione della misura del divieto di recarsi al domicilio della parte civile e dell'obbligo di incontrare il minore in presenza di assistenti sociali o psicologi nominati dal Tribunale per i minori.
L'avv. xxx, per la P.C. chiede l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato. Deposita comparsa conclusionale e nota spese.
L ' avv. xxx, difensore dell'imputato, chiede l'assoluzione dell'imputato in ordine ai reati ex art. 594 perché il fatto non sussiste ex art. 530/2 c.p.p. o perché non costituisce reato. In ordine ai reati sub art. 612 c.p. chiede l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato. In ordine al reato sub art. 660 c.p.p. chiede l'assoluzione perché il fatto non sussiste ex art. 530/2 . In sub chiede NDP per intervenuta prescrizione.
In fatto e in diritto
B.G. è stato citato in giudizio - a seguito di opposizione a decreto penale di condanna - con decreto di citazione in giudizio dell'8 maggio 2008, per avere in ripetute occasioni minacciato ed ingiuriato la moglie xxx dalla quale era giudizialmente separato e per averle arrecato disturbo con il mezzo del telefono in un periodo compreso tra il gennaio e l'aprile 2004, come si legge nelle imputazioni di cui al richiamato decreto (artt. 81 cpv. c.p., 594, 612, 660 c.p.) .
Il processo è stato trattato per la prima volta da questo giudice, nella contumacia dell'imputato, all'udienza del 4 marzo 2009 ed in quella occasione si è proceduto per la prima volta all'apertura del dibattimento, dando atto a verbale dell'avvenuta costituzione in giudizio della persona offesa.
All'esito della celebrata istruttoria - che si è sostanzialmente articolata nell'audizione della persona offesa, oltre che nell'avvenuta acquisizione delle innumerevoli querele sporte dalla xxx ed in quella dei supporti informatici contenenti diverse conversazioni telefoniche registrate dalla xxx ed intercorse tra questa ed il xxx e tra quest'ultimo ed il piccolo xxx questo Tribunale, oltre ad aver ritenuto provate le circostanze rassegnate dalla parte civile ha anche concesso di dover meglio qualificare i fatti de quibus nell'unico reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) con ciò ritenendo, per un verso, che la fattispecie di cui all'articolo richiamato si sovrapponga perfettamente ed assai meglio alle condotte denunciate nelle querele dalla xxx e consumate dall'imputato in danno della moglie, ma anche del piccolo xxx; e, per altro verso, che l'imputato si sia potuto compiutamente difendere in giudizio dalle accuse de quibus con la conseguenza che detta diversa qualificazione giuridica dei fatti non ne ha in alcun modo menomato i diritti riconosciutigli dal codice.
Come si dirà meglio nel prosieguo, quindi, questo giudice nell'ascoltare il racconto della persona offesa (ma anche quello che lo stesso imputato ha - sia pure indirettamente ed inconsapevolmente - reso in giudizio della drammatica vicenda della propria separazione, e dalla moglie xxx e dal loro unico figlio xxx, attraverso l'avvenuta acquisizione delle registrazioni delle molte, petulanti conversazioni telefoniche alle quali madre e figlio erano costretti a subire) ha potuto ravvisare tutti gli indici tipici del dolo del delitto di maltrattamenti (art. 572 c.p.) per come questo è descritto nella oramai consolidata giurisprudenza; in particolare può dirsi quasi tangibile l'intendimento dell'imputato (di certo anch'egli provato dalla vicenda della separazione) di voler mortificare e svilire la xxx non solo in quanto persona, ma (forse, soprattutto) in quanto madre di suo figlio e sua ex-moglie, cioè proprio in ragione del legame di coniugio che li aveva uniti e dal quale era nato il loro unico figlio xxx.
Ed in effetti, è proprio quest'ultimo ad avere suo malgrado occasionato gli episodi di vessazione cui il xxx ha sottoposto la xxx nel periodo preso in considerazione dal decreto, essendo state le parti costrette a mantenere necessari contatti per la regolamentazione delle visite del figlio xxx.
Prima di esaminare dunque gli elementi in ragione dei quali si è prevenuti ad una sentenza di condanna nei confronti del xxx appare opportuno osservare che, in punto di diritto, ricorre il delitto di maltrattamenti (art. 572 c.p.) anche nel caso in cui la condotta offensiva sia stata consumata dopo l'allontanamento dalla casa coniugale di uno dei due coniugi e comunque dopo la cessazione della convivenza, purchè la condotta posta in essere valga ad integrare gli elementi tipici della fattispecie; è stato, ad esempio, ravvisato il reato de quo nella condotta concretatasi in reiterate ed offensive manifestazioni di aggressività, attuate per lettera o per telefono, tali da obbligare il coniuge separato a cambiare le proprie utenze telefoniche od anche a disattivarle; ed addirittura nel caso di una relazione sentimentale che pur non essendo sfociata in una vera coabitazione abbia però comportato comunque un assidua frequentazione dell'abitazione di uno dei due da parte dell'altro, avendo il supremo collegio ravvisato -anche in quel caso - tutti gli elementi di una relazione non occasionale, tale da far sorgere sentimenti di umana solidarietà e doveri di assistenza morale e materiale (Cass. sez VI n. 26571 del 27 giugno 2008; Cass.sez.VI n. 49109 del 22 settembre 2003) .
Dunque in presenza di un legame di tal fatta, ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo non si richiede l'intenzione di sottoporre la vittima in modo continuo ed abituale ad una serie di sofferenze fisiche e morali, essendo sufficiente la consapevolezza dell'agente di persistere in un' attività vessatoria e prevaricatoria, già posta in essere altre volte, la quale riveli attraverso l'accettazione dei singoli episodi una inclinazione della volontà a maltrattare il familiare.
Nel caso di specie, la prova della colpevolezza del xxx è costituita dalla testimonianza della persona offesa, come già detto costituitasi in giudizio parte civile, xxx.
Dal confronto tra le dichiarazioni rese in giudizio e le querele agli atti è emersa la perfetta coincidenza del racconto, mai debordante ed anzi essenziale nella sua trama; la xxx ha costantemente filtrato il
proprio fraseggio, senza mai eccedere in invettive nei confronti del marito dal quale aveva deciso di separarsi dopo otto anni di matrimonio perché lo stesso aveva intrapreso una relazione adulterina con "la sua migliore amica" che abitava nello stesso palazzo dei coniugi e che per questo avrebbe avuto non poche ragioni per nutrire un aspro risentimento nei confronti del marito.
In sintesi ciò che la xxx ha rappresentato è il racconto di una prolungata, ripetuta ed ingiustificata aggressione nei confronti della moglie anche sotto il profilo professionale di quest'ultima, insultandola alla presenza del figlioletto ripetutamente con epiteti del tipo "troia", "ladra", "porca" ed accusandola di "essere cattiva", "figlia di massoni", costringendola ad aspettare per ore che gli venisse riconsegnato il figlio, tempestandola di telefonate a tutte le ore del giorno e della notte nel vano intento di controllare ogni azione del figlio e così inevitabilmente interferendo indebitamente e gravemente nella sua vita e nel rapporto tra lei ed il loro figlioletto.
Ed è nello stesso argomentare dell'imputato, che pure si coglie pienamente nell'ascolto delle registrazione di cui è detto, ma anche nel tenore degli scritti a suo firma (prodotti agli atti, tra i quali una denuncia nei confronti della moglie, accusata di aver impedito al xxx di recuperare beni di rilevantissimo valore custoditi dalla xxx ma di proprietà del xxx) che si percepisce tutta la rabbia di questi nei confronti della moglie e soprattutto il suo insuperabile intendimento di renderle amara la vita, ad esempio, nella frase riportata in una delle querele, quella del primo aprile 2004: " ti perseguiterò per tutta la vita ! "
Si può dire, infatti, che il xxx lo "grida" alla moglie il proprio rancore, come può cogliersi in ogni episodio raccontato dalla xxx e lo fa noncurante dall'effetto potenzialmente devastante che può avere, per un bambino di appena sei anni, l'atteggiamento di immotivato rimprovero - tale deve essere sembrato al piccolo l'atteggiamento di suo padre - di un genitore nei confronti dell'altro.
Ma ancora più grave, più vessatorio è senza dubbio, a parere di questo giudice, l'atteggiamento del genitore che svilisce agli occhi del figlio la figura dell'altro genitore, mortificandolo, insultandolo, spaventandolo e minacciandolo alla presenza del bambino; e ciò soprattutto quando l'altro genitore è la madre, che per antonomasia è depositaria naturaliter dei primari bisogni di assistenza e di protezione della prole ed è dunque guardata dal bambino come centro gravitazionale e punto di costante riferimento.
In altri termini, il xxx (le cui parallele vicende giudiziarie, pur essendo rimaste sullo sfondo hanno comunque lambito lo relazione tra i due coniugi separati rendendo ancor più difficoltoso il regime di visite cui il piccolo xxx era stato sottoposto dal momento che l'imputato è stato costretto per un periodo di tempo a non potersi allontanare dal Comune di Casteldaccia) per ciò che è dato cogliere dagli atti del processo, non ha mai fatto mistero del senso di assoluta superiorità avvertito nei confronti della moglie, spingendosi fino a dirle, con gelido sarcasmo, di non essere in grado di capacitarsi del fatto che una "simile nullità" come lei potesse essere diventata la madre di "suo figlio" (così nelle conversazioni trascritte a seguito dell'incarico di consulenza affidata dal p.m. al perito, come risulta dal decreto agli atti). In conclusione, l'assoluta coerenza, costanza e pacatezza del racconto della parte civile può dirsi da solo sufficiente a fondare e sorreggere l'accusa nei confronti dell'imputato.
Ed invero, in tema di prove, la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e che non può essere rivalutata in sede di legittimità, a meno che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni; come statuito dal supremo collegio: « La persona offesa, anche se costituita parte civile, può essere assunta come testimone e l'attendibilità che il giudice di merito le riconosca non è censurabile in sede di legittimità, purché tale valutazione sia sorretta da un'adeguata e coerente giustificazione che dia conto, nella motivazione, dei risultati acquisiti e dei criteri adottati » (Sez. 6, Sentenza n. 443 del 04/11/2004); ed ancora: « La testimonianza della persona offesa, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di prova, purchè la relativa valutazione sia sorretta da un'adeguata motivazione, che dia conto dei criteri adottati e dei risultati acquisiti» (Sez. 6, Sentenza n. 27322 del 14/04/2008).
Dunque è la deposizione della parte civile a costituire la prova principale della colpevolezza del xxx; questa è stata, poi, soltanto irrobustita dall'assai suggestivo ascolto delle telefonate intercorse tra il bambino xxx e suo padre, e tra il xxx e sua moglie, conversazioni al cui ascolto questo giudice ha reputato di non potersi sottrarre, ritenendo l'ammissibilità della loro acquisizione al fascicolo del dibattimento.
Dette registrazioni confermano il racconto della xxx con sicura, maggiore efficacia rappresentata, appunto, dall'ascolto delle voci dei protagonisti della vicenda, sulle cui identità non possono nutrirsi dubbi rivelandosi assai netta, detta identificazione, attraverso l’ascolto delle tre differenti voci registrate. Una per tutte, si vuole richiamare la registrazione del colloquio tra padre e figlio nel corso del quale il primo rimprovera al bambino di non averlo chiamato al telefono e l'altro si giustifica dicendo di "sentirsi stanco": allora, infastidito, il "papà di xxx" lo esorta a vincere la propria stanchezza, perché il tempo per riposarsi sarebbe stato quello in cui entrambi avrebbero potuto andare sulla tomba "della mamma".
Questa, ad un tempo glaciale ed adamantina conversazione, fissa in maniera più che netta i due ruoli, quello del padre e quello del figlioletto, confermando quanto rappresentato dalla xxx a proposito dell'atteggiamento assunto dall'imputato nei loro confronti. In punto di diritto va osservato che, come statuito da un pronunciamento piuttosto risalente del supremo collegio, che ha trovato, però, successive conferme, « La registrazione telefonica da parte di uno degli interlocutori non rientra tra le intercettazioni telefoniche non è dunque sottoposta alle imitazioni ed alle formalità proprie di quest'ultime e non essendo in contrasto con il disposto dell'articolo 271 c.p.p. ben può essere utilizzata per avvalorare le dichiarazioni testimoniali di chi l'ha effettuata. Essa inoltre attiene al momento della documentazione e in generale della formazione della prova» (Cass. Sez. IV n. 8237 del 9 luglio 1996).
Quanto poi all'avvenuto ascolto dei supporti magnetici sui quali il consulente del p.m. ha proceduto a trasfondere il contenuto dei nastri (vedi allegato al verbale dell'udienza del 14 ottobre 2009 il verbale di conferimento dell'incarico e quello di avvenuta consegna al p.m. dei nastri, delle trascrizioni e del c.d. oggetto dell'ascolto da parte di questo decidente) va detto che nessun divieto è fatto al giudice di procedere all'ascolto diretto delle registrazioni delle conversazioni telefoniche intercettate, benchè disponga agli atti della relativa trascrizione, senza che questa modalità di apprezzamento della prova documentale debba svolgersi nel contraddittorio (Cass. Sez. Il n. 2409 del 19 dicembre 2008, Di Ludovico).
Ciò posto, deve pertanto ritenersi dimostrata la condotta di cui ai capi d'accusa e dunque le molestie telefoniche, gli insulti, le minacce le prevaricazioni per come queste sono state rappresentate dalla querelante anche in dibattimento.
Di nessun pregio, al contrario, possono dirsi le argomentazioni della difesa secondo la quale nell'intimità del rapporto coniugale certi fraseggi sono ammessi e soprattutto scriminati dalla relazione stessa, finendo per perdere la loro originaria valenza offensiva.
Al contrario deve affermarsi che neanche il rapporto di coniugio può legittimamente travalicare il limite del doveroso rispetto del decoro e dell'onore del proprio congiunto, nell'intendo delittuoso di mortificarlo aggredendo, come nel caso di specie, quello che tra i rapporti è - almeno di regola - è il più importante per una donna adulta, quello col proprio figlio. Tanto basta ad avviso di questo giudice per ritenere la colpevolezza del xxx per il reato di maltrattamenti in famiglia e visto l'articolo 133 c.p. appare adeguata al fatto quella di un anno e sei mesi di reclusione.
Visto l'articolo 163 c.p., potendosi formulare una prognosi fausta nei confronti dell'odierno imputato, questo giudice ritiene che possa essergli concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena per come sopra inflitta.
L'imputato deve ritenersi responsabile anche dei danni patiti dalla parte civile, la cui quantificazione va rimessa al giudice competente per materia. Segue dunque la condanna al risarcimento del danno ed a quello delle spese sostenute per la costituzione in giudizio che si liquidano in complessivi euro tremilacinquecento oltre IVA e CPA (3.500,00).
P Q M
visti gli artt. 572 c.p.; artt. 521, 533, 535 c.p.p.;
dichiara
B.G. colpevole del reato di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli di cui all'articolo 572 c.p. così riqualificati i fatti di cui alle imputazioni (sub A-H) e, visto l'articolo 133 c.p.
Io condanna
alla pena di un anno e sei mesi di reclusione.
Visti gli articoli 163 e ss c.p. sospende la pena per come sopra inflitta nel termine ed alle condizioni di legge. Indica in giorni sessanta il termine per il deposito della sentenza.
Palermo, 17 gennaio 2011.
Depositata in cancelleria, Palermo 26/04/201
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