Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi, in composizione monocratica, Ordinanza 16 luglio 2003

Procedimento n. 178/2003 R.G. Trib.

C. G. + 8

Il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi in composizione monocratica, dott. Ferdinando Lignola, all’udienza del 16.7.2003, sulla richiesta di sospensione del dibattimento a norma dell’art. 5 della L. 134/2003, formulata personalmente dagli imputati C., G. e T. e dai Difensori di tutti gli altri imputati

Osserva

L’art. 5 comma 2 della L. 134/2003 prevede la facoltà per l’imputato, il suo Difensore munito di procura speciale, ed il Pubblico Ministero, nella prima udienza utile successiva alla sua entrata  in  vigore (29 giugno 2003), di richiedere la definizione del procedimento mediante applicazione della pena su richiesta delle parti,  anche nei processi penali in corso di dibattimento nei quali, alla  data di entrata in vigore della legge, risulti decorso il  termine  previsto  dall'articolo  446,  comma  1,  del  codice di procedura  penale, e ciò anche quando sia già stata presentata tale richiesta,  ma  vi  sia  stato  il  dissenso  da  parte  del Pubblico Ministero  o la richiesta sia stata rigettata da parte del giudice, e sempre  che  la  nuova  richiesta non costituisca mera riproposizione della precedente.

La previsione rievoca quella già contenuta nell’art. 224 del D. Lvo 51 /1998, che consentiva, nei giudizi di primo grado in corso alla data di efficacia del decreto, nella prima udienza successiva a tale data, una sostanziale rimessione in termini delle parti per richiedere la definizione del processo con rito negoziale, spingendo le finalità di deflazione dell’istituto ben oltre i suoi limiti fisiologici attraverso una sorta di una tantum processuale.

L’art. 5 comma 2 della L. 134/2003, dunque, colloca tale rimessione in termini alla prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della legge in cui sia comunque prevista la partecipazione delle parti; l’utilizzo della particella anche consente di superare l’apparente incongruenza del testo della norma, che sembra riferirsi ai soli procedimenti nei quali sia già in corso il dibattimento, con esclusione dunque di quelli, come il presente, nei quali la prima udienza si celebri in data successiva all’entrata in vigore della norma transitoria, ma l’udienza preliminare si sia conclusa in epoca anteriore (il decreto che dispone il giudizio è del 5.12.2002, l’iscrizione del procedimento al ruolo generale del Tribunale è del 9.7.2003).

Il comma 3 dell’art. 5 della L. 134/2003, poi, prevede, su  richiesta  dell'imputato, la sospensione  del dibattimento per un periodo   non   inferiore   a   quarantacinque   giorni , per valutare l'opportunità  della richiesta, periodo durante il quale sono sospesi i termini di prescrizione e di custodia cautelare.

La previsione, introdotta nel corso dei lavori preparatori rispetto all’originario testo dell’art. 4 del progetto n. 1423, presentato in data 25.7.2001 dai deputati PALMA, SAPONARA, PANIZ, ZANETTIN e ORICCHIO (la quale si limitava a prevedere la rimessione in termini) è stata fortemente criticata già in sede di lavori preparatori,   tanto da indurre alcuni parlamentari a parlare di schizofrenia legislativa (On SINISCALCHI, res. sten. ass. Camera, seduta n. 300, del 28.4.2003, 24), di “meccanismi che … molto si ritagliano dentro lo specifico percorso processuale che riguarda imputati eccellenti (On CENTO, res. sten. ass. Camera, seduta n. 300, del 28.4.2003, 25).

Invero la sospensione del dibattimento in corso avviene ope legis, per il solo fatto che un imputato intenda valutare l'opportunità della richiesta (come si desume dall’uso dell’indicativo “è sospeso”, che impone al giudice la dichiarazione della sospensione, senza operare alcun apprezzamento discrezionale neanche sulla sussistenza dei presupposti generali per una richiesta di applicazione della pena); la richiesta di definizione con rito alternativo, poi, resta comunque meramente eventuale.

La ratio della norma è stata individuata già nei lavori preparatori (cfr., ad. es., l’intervento dell’On. COLA, res. sten. ass. Camera, seduta n. 300, del 28.4.2003, 27) e dai primi interpreti nella opportunità di garantire la massima applicazione alla nuova disciplina del cd. patteggiamento, attraverso il riconoscimento di un intervallo di tempo, una tantum,  nel quale decidere se accedere al rito alternativo, come risultante dalla riforma, in un ottica di favor rei.

Orbene, a giudizio del Tribunale, è necessario ricorrere ad una interpretazione che renda compatibile tale norma transitoria con il principio costituzionale della ragionevole durata del procedimento e che consenta, al tempo stesso, di individuare con certezza i procedimenti ai quali la sospensione è applicabile, desumendo dalla lettera della legge un criterio sicuro, in ragione dello stato del procedimento ed in relazione ad un preciso momento della dinamica processuale.

Sotto il primo profilo, infatti, una interpretazione estensiva dell’ambito della normativa rischierebbe di frustrare in maniera irragionevole quelle esigenze di deflazione e di celere definizione dei procedimenti penali che sono alla base dell’istituto stesso dell’applicazione della pena su richiesta delle parti e che oggi, con riferimento alle seconde, trovano espresso riconoscimento nell’art. 111, comma 2, della Costituzione.

Sotto il secondo profilo, la genericità della norma, che non distingue tra procedimenti a citazione diretta e procedimenti provenienti da udienza preliminare, impone la ricerca di un criterio unitario cui far riferimento, rispondente anche ad esigenze di certezza del diritto e di piena conoscibilità da parte degli interessati.

A giudizio del Tribunale il riferimento alla sospensione del dibattimento, e non del procedimento in genere, consente di individuare tale criterio nella formale dichiarazione di apertura del dibattimento alla data del 29.6.2003,  criterio che consente di salvaguardare quelle esigenze di certezza cui si è fatto riferimento e che risulta anche assolutamente conforme alla ratio complessiva della modifica legislativa del rito negoziato e della stessa sospensione.

Invero, secondo la disciplina ordinaria, non è previsto alcun termine di sospensione per valutare l'opportunità  della richiesta, che va proposta, anche dopo la riforma, nei termini previsti  dagli articoli  446,  comma  1,  461, comma 3, 555, comma 2, 558, comma 8, c.p.p..

Il riferimento alla sospensione del dibattimento, operato dal comma 3 dell’art. 5 della L. 134/2003, allora, va inteso in senso tecnico, come sospensione di procedimenti nei quali sia in corso l’istruttoria dibattimentale.

Ad intendere diversamente la norma, essa finirebbe con il contrastare con i canoni costituzionali della ragionevolezza della norma penale (art. 3, comma 1, Cost.) e con il già richiamato principio della ragionevole durata del processo, posto a tutela non solo dell'imputato, ma di tutte le parti. In altri termini, a far riferimento a tutti i procedimenti nei quali vi sia comunque una udienza (anche la prima) in epoca successiva al 29.6.2003 si finirebbe con l’ammettere una mera e generalizzata facoltà dell’imputato e del suo Difensore (poiché deve ritenersi, secondo la regola generale espressa dall’art. 99, comma 1, c.p.p. che essa si estenda al Difensore, non essendo dalla legge personalmente riservata all’imputato) di provocare la sospensione del procedimento per 45 giorni in qualunque procedimento oppure (ma il riferimento è privo di una previsione letterale, dovendosi ricorrere piuttosto ad una interpretazione sistematica del nuovo assetto normativo), in tutti i procedimenti per i quali sia stata disposta la citazione a giudizio in data anteriore al 29.6.2003, anche per una data di molto successiva, attesa la natura ordinatoria del termine di cui all’art. 429, comma 3, c.p.p..

Il riferimento al dibattimento, inoltre, come interpretato da questo Tribunale, consente di cogliere la vera ratio della sospensione, nella possibilità per l’imputato di rimodulare la propria strategia difensiva alla luce dell’istruzione dibattimentale già esperita o, quanto meno, delle prove richieste dalle parti ed ammesse dal Tribunale; diversamente, invero, non si comprenderebbe tale giustificazione, essendo stata comunque assicurata la conoscibilità della legge dalla vacatio legis di cui all’art. 73, comma 3, Costituzione ed essendo gli atti investigativi conosciuti (quanto meno) dalla notifica dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari.

Né tale interpretazione comporta problemi di paritario trattamento tra imputati di procedimenti in fasi processuali diverse: come sottolineato anche recentemente dalla Corte costituzionale, "non contrasta con il principio di uguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, giacchè lo stesso fluire di questo costituisce di per sè elemento differenziatore e... rientra nella discrezionalità del legislatore dettare disposizioni transitorie per regolare il passaggio da una vecchia ad una nuova disciplina" (Corte cost. ord. 150 del 22.4-3.5.2002, in g.u. suppl. 1 serie spec. 8.5.02, pag. 26).

L’istanza di sospensione va dunque rigettata.

P.Q.M.

Il Tribunale rigetta la richiesta di sospensione del procedimento, formulato dagli imputati C., G. e T. personalmente e dalle Difese di tutti gli altri imputati e dispone procedersi oltre

Il Giudice monocratico
Dott. Ferdinando LIGNOLA

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