Tribunale di Genova, in composizione monocratica e in funzione di giudice di appello, Sentenza 1 - 16 ottobre 2002
MOTIVI
L'atto
di appello
Il fatto. L'imputato il 9.1.02 alle 20.55, fermato dai Carabinieri alla guida
di un ciclomotore, veniva denunciato per guida in stato di ebbrezza perché
dalle due misurazioni effettuate, ad un intervallo di cinque minuti l'una dell'altra,
mediante etilometro dell'aria alveolare espirata gli si riscontrava una concentrazione
alcolemica di 1.88 g./l alle ore 21.26 e 1.65 g./l alle 21.34 e dunque ampiamente
superiore a quella in allora consentita di 0.8 g./l .
Con l'atto di appello il difensore - riconosciuto quanto ut supra - sostiene
come motivo principale che 'nella vicenda in esame risultino pienamente ravvisabili
i presupposti per far luogo all'istituto di cui all' art. 34 comma 3 d.lgs.
28 agosto 2000, n. 274' negato dal giudice di primo grado.
Gli argomenti a sostegno sono : 1. che il fatto-reato ha ' natura indubbiamente
del tutto occasionale '; 2. che 'il grado di colpevolezza riscontrabile nel
comportamento non può certo dirsi di particolare intensità ';
3. che la legge consente l'applicazione della invocata disposizione in ragione
del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento può recare alle
esigenze di lavoro dell'imputato ' che ha ormai trovato una sistemazione di
lavoro definitiva '.
In via subordinata chiede A. che all'imputato sia applicata la sanzione del
lavoro di pubblica utilità anziché quella inflittagli della permanenza
domiciliare, B. ed infine, in ragione della assunta giovane età dell'imputato
e per adeguare la pena al fatto , che il giudice di appello conceda le attenuanti
generiche e quantifichi la pena in misura pari ai minimi edittali .
Sensus
non est inferendus , sed efferendus
Nello studio e applicazione del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 si pongono all'attenzione
dell'interprete una serie di quesiti , taluni di evidente soluzione altri in
cui è più complessa sicché essa (soluzione) richiede accurata
indagine per individuare quella soluzione che sia in grado di superare efficacemente
le prove di resistenza cui sottoporla nell'interpretazione collegata con le
altre norme del sistema penale e costituzionale ditalchè possa ritenersi
quella propria richiesta dal sistema . D'altra parte è necessario che
l'interprete proceda in tale interpretazione nella consapevolezza della singolarità
della novella e così avendo deposto taluna di quelle convinzioni che
formano il sostrato giuridico , tralatizio , consolidatosi nel tempo ritenuto
acquisito e immutabile con cui affronta l'interpretazione di una nuova norma
, o complesso di norme , che viene ad arricchire il sistema penale .
Si ponga mente per esemplificazione e dimostrazione dell'assunto alla diffusa
convinzione che la sospensione condizionale della pena sia istituto inscindibilmente
connesso all' applicazione della pena nei confronti dell'incensurato condannato
per reati cd bagatellari , laddove - per contro - l'art.60 d.lgs. 28 agosto
2000, n. 274 esclude la sospensione condizionale in relazione alle pene tipiche
del giudice di pace ; ovvero all'indifferenza della presenza dell'imputato alla
discussione finale , di persona o pel tramite di procuratore speciale , quanto
al contenuto dell'emananda sentenza .
Per la soluzione di taluni di questi quesiti interpretativi provvedono le disposizioni
specifiche del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 . Per la soluzione di altri si
dovrà ricorrere al principio di sussidiarietà normativa di cui
è espressa affermazione la clausola di rinvio dell'art.2 in forza della
quale si osservano le norme contenute nel codice di procedura penale sicché
è questo il luogo giuridico cui rifarsi ove non venga rinvenuto nel sistema
processuale introdotto dalla legge , immediatamente o per via mediata dal combinato
disposto di più norme , la disposizione utile al caso concreto ( per
tutto ciò che non è previsto dal presente decreto) ; la operatività
della quale (disposizione ) è subordinata al superamento del vaglio di
compatibilità con il sistema procedimentale che è chiamata ad
integrare (in quanto applicabili) . Infine per altri la soluzione è rimessa
all'attività dell'interprete alla luce dell'intero ordinamento processuale
e costituzionale (nel senso sopra illustrato).
Dunque sensus non est inferendus , sed efferendus . Il significato e senso di
un testo non va introdotto surrettiziamente in esso , ma va da esso scrupolosamente
ricavato (canone dell'autonomia) ; le parti di un testo vengono illuminate dal
senso dell'intero testo e il testo nel suo insieme si comprende nel continuo
confronto con le sue parti (canone della totalità); con atteggiamento
dell'interprete non passivamente ricettivo, ma fattivamente ricostruttivo sicché
la soggettività dell'interprete non venga imposta arbitrariamente sull'oggetto
dell'interpretazione (canone dell'attualità dell'intendere); l'interprete
deve essere congenialmente disposto nei confronti dell'oggetto da interpretare
perché a questi spetta il compito di ri-conoscere e ri-costruire la volontà
del legislatore manifestate in quelle oggettivazioni (canone dell'adeguazione
dell'intendere) .E tanto si ritrova normativamente prescritto nell'art. 12 (Interpretazione
della legge) delle Disposizioni sulla legge in generale :' Nell'applicare la
legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese
dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla
intenzione del legislatore '.
Con ciò è dimostrato che l'interpretare il nuovo e diverso sottosistema
penale con soggettiva pre-comprensione dei suoi contenuti si risolve in realtà
nell'imporre allo stesso il significato che il soggetto intenda attribuirgli
con una operazione (non rileva se e quanto consapevole) non rispettosa dei diritti
dell'oggetto -la legge , il d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 - che il giudice deve
rifiutare perché è esso giudice il garante di quei diritti. Ciò
affermato si può finalmente passare ad esaminare gli istituti di cui
si chiede l'applicazione .
Esclusione
della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto
L'introduzione dell'istituto dei cui all'art.34 Esclusione della procedibilità
nei casi di particolare tenuità del fatto ha fondamento e nelle costatazione
1. che la funzionalità del sistema penale, impone il ricorso a ulteriori
procedure di riduzione degli affari accanto a quelle già esistenti (quali
la querela, la prescrizione); 2. che 'l'obbligo astratto del perseguimento totale
dei reati non possa trovare pratica attuazione' (Relazione allo schema di decreto
legislativo deliberato dal Consiglio dei ministri del 25 agosto 2000) ; 3. nella
consolidata acquisizione giurisprudenziale e dottrinale che il fatto-reato tipico,
offensivo, colpevole, è graduabile quantitativamente sia sotto il profilo
della pena sia sotto quello della responsabilità.
Ne deriva che il suo complessivo disvalore è apprezzabile in una scala
di gradualità con la conseguenza che determinata fattispecie concreta
può essere bagatellare pur permanendo il pieno disvalore della fattispecie
astratta . L'istituto presuppone l'esistenza di un fatto tipico, antigiuridico
e colpevole, tuttavia caratterizzato da una esiguità lesiva nella compresenza
dell'inesistenza di un interesse della persona offesa alla prosecuzione del
procedimento .
Sul piano strutturale e sistematico, il perno della causa di improcedibilità
è rappresentato dalla categoria della tenuità dell'illecito.
La legge individua , nell'ambito dell'elemento oggettivo del reato, quale primo
indice rivelatore della tenuità del fatto, l'esiguità del danno
o del pericolo quali elementi costitutivi e forme di oggettivazione della offesa
penale , tale riferimento fa sì che questa valutazione possa riguardare
anche il disvalore della condotta nei reati sprovvisti di evento naturalistico
(così come nella fattispecie della guida in stato di ebbrezza oggetto
dell'appello) .
Solo dopo aver accertato l'esiguità di questo elemento oggettivo sarà
legittimo procedere alla verifica delle altre componenti che serviranno, a confermare
o negare l'indizio di esiguità verificato sul piano della dimensione
oggettiva del reato. Pertanto , superato questo vaglio, viene in considerazione
il grado della colpevolezza ed infine la occasionalità con particolare
riguardo alle esigenze della prevenzione speciale sicché non è
possibile applicare la causa di improcedibilità al fatto bagatellare
qualora sia segno della reiterata recidività dell'autore , indice della
capacità a delinquere specie nel contesto delle tipologie criminose interessate
dall'istituto .
Ne consegue che la declaratoria di improcedibilità è subordinata
alla compresenza degli elementi costitutivi della regola di esclusione .
Chiarisce la Relazione del 25 agosto 2000 - e si concorda che essa sia l'unica
possibile interpretazione delle parole del testo nella loro successione sistematica-
che le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell'imputato
costituiscono un criterio di valutazione ulteriore ed integrativo per il giudice
(tenere altresì conto delle esigenze di lavoro …) e non una condizione
ineludibile per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto
.
Ne consegue che la improcedibilità richiede presupposti oggettivi e soggettivi
rispetto ai quali il riferimento alle ripercussioni del procedimento sulle condizioni
di vita dell'autore è un ulteriore, ma non decisivo elemento di valutazione
.
Differenza
tra irrilevanza del fatto ex dpr 448/88 e tenuità del fatto .
Nel processo penale a carico di imputati minorenni disciplinato dal dpr 448/88,per
fini e su presupposti diversi da quelli dell' art. 34 d.lgs. 28 agosto 2000,
n. 274, l'istituto di cui all'art. 27 dpr 448/88 prevede la sentenza di non
luogo a procedere per irrilevanza del fatto che può essere chiesta dal
PM al giudice 'durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità
del fatto e l'occasionalità del comportamento, quando l'ulteriore corso
del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne .'
Invero la Corte di Legittimità, precisato che 'la dichiarazione di improcedibilità
per irrilevanza del fatto è stata ancorata a determinati presupposti,
due dei quali oggettivi (tenuità del fatto ed occasionalità del
comportamento) e l'altro soggettivo (effetto pregiudizievole della prosecuzione
del procedimento sulle esigenze educative del minorenne) ha chiarito che si
può 'addivenire alla pronuncia di cui all'art.27 solo quando l'ulteriore
corso del procedimento pregiudichi le esigenze educative del minorenne' (Cass.Sez.
4 sent.1208/94) .
Risulta così dimostrato quali ontologiche diversità , dogmatiche
e di fine , connotino la distanza tra gli istituti di cui all' art. 34 d.lgs.
28 agosto 2000, n. 274 e all'art. art. 27 d.P.R. 23 settembre 1988, n. 448 e
come sia estranea al sistema normativo quella interpretazione che vuole applicabile
all'art.34 i parametri interpretativi dell'art. 27 : sensus non est inferendus
, sed efferendus ut supra dimostrato .
La conseguente
inapplicabilità dell'art.34 al fatto-reato commesso dall'imputato
Ciò posto e per la chiara interpretazione dell'art.34 data , deve rigettarsi
il motivo di appello per il quale ' nella vicenda in esame risultino pienamente
ravvisabili i presupposti per far luogo all'istituto di cui all' art. 34 comma
3 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274' e va confermata l'impugnata sentenza .
E' sufficiente limitarsi all'esame del primo indice rivelatore della tenuità
del fatto, nel caso della guida in stato di ebbrezza l'esiguità del pericolo
quale forma di oggettivazione della offesa penale, perché immediatamente
si riscontri l'insuscettibilità al fatto reato commesso dal C. della
applicazione della regola di improcedibilità .
Invero il bene protetto della norma in questione , la sicurezza della circolazione
stradale è stato gravemente posto in pericolo dal C. che guidava
il proprio ciclomotore in accentuato stato di ebbrezza : concentrazione alcolemica
di 1.88 g./l alle ore 21.26 e 1.65 g./l alle 21.34 , più del doppio del
limite massimo di 0.8 g./l in allora consentito. ( Limite ritenuto inadeguato
dal legislatore che con Legge 1° agosto 2002, n. 168 di conversione in legge,
con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, ha sostituito il
comma 5 dell'articolo 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 riducendo
tale limite a 0.5 g./l in armonia con le disposizioni vigenti nella maggioranza
dei altri Stati membri della Unione Europea ed in accordo alla Raccomandazione
della Commissione Europea n.2001/115/CE che auspica per tutti i conducenti l'introduzione
del limite a 0.5 g./l e per quelli di veicoli a due ruote quello di 0.2g./l
.) . Inoltre lo stato di pericolo in atto era grave anche perché, come
afferma la sentenza impugnata, il C. conduceva 'ciclomotore procedente ad
andatura anomala ed incerta, 'zizzagando' pericolosamente da una parte all'altra
della propria corsia di marcia, creando pericolo per gli altri utenti della
strada'
Per gli argomenti testuali sovra ricordati non necessita altro per escludere
- come chiesto dal PM - dall'applicabilità dell'art.34 il fatto in questione
e si dovrebbe ( rectius, si potrebbe senz'altro) passare all'esame della richiesta
subordinata proposta con il gravame .
Pur tuttavia il Difensore argomenta a sostegno della richiesta 1. 'che la fattispecie
che ha visto protagonista il prevenuto ha indubbiamente natura del tutto occasionale
'; tale argomento è confutato con la considerazione che esso C. è
persona già condannata con sentenza passata in giudicato per numerosi
furti, detenzione illecita di sostanze stupefacenti, guida in stato di ebbrezza,etc.
; 2. che ' comunque anche il grado di colpevolezza riscontrabile nel comportamento
da questi tenuto non può certo dirsi di particolare intensità
' argomento che si confuta -rilevato che la volontarietà del comportamento
antigiuridico va riferito non già all'insorgenza dello stato di ebbrezza
ma al fatto di porsi alla guida o di proseguire nella guida in uno stato di
ebbrezza (Cass.Sez.4 sent.1256/75) - con l'osservazione che il C. fosse
consapevole che il suo stato di ebbrezza fosse particolarmente elevato allorché
si pose alla guida del ciclomotore, e tanto è dimostrato dall'eccessivo
tasso alcolemico misurato all' imputato (più del doppio dell'ammesso
come limite massimo) e tale consapevolezza illustra il grado assolutamente non
trascurabile (e tantomeno tenue ) della colpevolezza del C. ; 3. ' che l'art.
34 invita tra l'altro anche a valutare gli eventuali pregiudizi che l'ulteriore
corso del procedimento è suscettibile di recare alle esigenze di lavoro
dell'imputato' ; argomento che è confutato in diritto con il ricordare
che l'esigenze di lavoro è un ulteriore, ma non decisivo elemento di
valutazione ( art.34 , tenere altresì conto delle esigenze di lavoro),
in fatto con l'osservare che non è stato per nulla accennato se vi possa
essere e quale possa essere il pregiudizio che patirebbe il lavoro dell'imputato
dal permanere in casa il sabato e la domenica . Né va praetermesso che
il giudice, avuto riguardo alle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di
salute del condannato, può disporre che la pena venga eseguita in giorni
diversi della settimana (art. 54.1) e che in caso di assoluta urgenza, le modifiche
possono essere disposte dal giudice di pace con provvedimento provvisorio adottato
de plano, suscettibile di revoca nelle fasi successive del procedimento (art.44
.2) .
I presupposti
ed i contenuti della sentenza di condanna
Nel processo penale del giudice di pace le finalità di prevenzione generale
assicurate dalla presenza di un nuovo apparato sanzionatorio dotato di effettività
si coniugano a quelle special preventive perché esse sanzioni sono state
concepite ed introdotte avuto riguardo all'autore del reato piuttosto che al
bene tutelato .
Se non si è pervenuti alla definizione anticipata del procedimento ,
se per le prove raccolte nel dibattimento il giudice emette sentenza di condanna
, se per il reato per cui si procede è prevista la sola pena della multa
o dell'ammenda continuano ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti (52,1), se
è originariamente sanzionato con pena alternativa, il giudice può
applicare la pena pecuniaria di cui all'art.52 ovvero avuto riguardo alla gravità
del caso, può infliggere la pena della permanenza domiciliare con l'alternativa
del lavoro di pubblica utilità . Il giudice, se ritiene di poter applicare
in luogo della permanenza domiciliare la pena del lavoro di pubblica utilità,
indica nella sentenza il tipo e la durata del lavoro di pubblica utilità
che può essere richiesto dall'imputato o dal difensore munito di procura
speciale (33.2) : la differente gravosità delle diverse attività
lavorative giustifica la non parametrazione tra permanenza domiciliare e lavoro
di pubblica utilità.
In tale caso il dispositivo di condanna , per la sua perfezione e completezza
, deve contenere , seppure in via alternativa tra loro , i contenuti delle due
sanzioni ; le modalità esecutive delle possono essere definite fin dalla
fase di cognizione, con il concorso di chi deve subirle per essere accettate,
se non perché sentite giuste, quantomeno perché se ne avverte
la ragionevolezza .
La pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di rimanere presso la
propria abitazione o in altro luogo … nei giorni di sabato e domenica;
il giudice, avuto riguardo alle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di
salute del condannato, può disporre che la pena venga eseguita in giorni
diversi della settimana ovvero, a richiesta del condannato, continuativamente
(53,1). E' pena conformata sulla misura delle necessità concrete e razionali
di emenda e prevenzione e della cui individuazione deve essersi fatto carico
il giudice .
La pena del lavoro di pubblica utilità ' consiste nella prestazione di
attività non retribuita in favore della collettività da svolgere
presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni
di assistenza sociale e di volontariato.(54.2). L'indicazione del tipo di lavoro
e della durata dello stesso dovrà necessariamente rispecchiare il contenuto
dei protocolli di convenzione intervenuti a mente dell'art.54 d.lgs. 28 agosto
2000, n. 274 tra il Ministero della Giustizia o - su delega del Ministro - tra
il Presidente del Tribunale nel cui circondano sono presenti le amministrazioni,
gli enti o le organizzazioni indicati dall'art.1, comma 1 del decreto ministeriale
26 marzo 2001 , presso i quali può essere svolto il lavoro di pubblica
utilità e gli enti stessi. Convenzioni in cui sono indicate specificamente
le attività e vengono individuati i soggetti incaricati, presso le organizzazioni
convenzionate , di coordinare la prestazione lavorativa del condannato e di
impartire a quest'ultimo le relative istruzioni.(comma 2 art.2 del decreto 26.3.01)
Invero si tratta di condanna a prestare lavoro obbligatorio eppertanto per questo
suo specifico contenuto, perché essa pena sia compatibile con l'Ordinamento
, una volta pronunciata dal giudice nel dispositivo di condanna come alternativa
alla pena della permanenza domiciliare in tanto può essere applicato
in quanto sia richiesto subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna
… dall'imputato o dal difensore munito di procura speciale (art.33) il
quale , può ottenere un rinvio dell'udienza per considerare se sottoporsi
al lavoro di pubblica utilità in luogo della permanenza domiciliare così
come può chiedere la esecuzione continuativa della pena della permanenza
domiciliare inflittagli ovvero accettare essa pena . Una volta acquisite le
dichiarazioni dell'imputato, che possono anche concretizzarsi nella decisione
di sottoporsi alla pena così come pronunciata, il giudice integra il
dispositivo e ne dà lettura. In particolare ,quanto alla pena del lavoro
di pubblica utilità di cui il giudice indica nella sentenza il tipo e
la durata, la richiesta del condannato integrando la condizione essenziale per
la sua applicazione, consente che si spieghino gli effetti della condanna già
pronunciata dal giudice.
La sentenza
impugnata in parte qua
Nel caso di specie, dopo che il giudice di primo grado aveva pubblicato in udienza
la sentenza mediante la lettura del dispositivo di condanna del C. alla
pena della permanenza domiciliare il 29.4.02 (dep.6.5.02) , il difensore, successivamente,
il giorno 8.5.02, 'rilevato che ai sensi degli artt. 33, 54 D. Lgs. 274/2000
sia l'imputato sia il difensore, purché munito di procura speciale, possono
chiedere che il giudice in luogo della permanenza domiciliare applichi la pena
del lavoro di pubblica utilità ' essendosi munito di procura speciale
(conferitagli -come detto - l'8.5.02 ed allegata alla istanza) formulava richiesta
al giudice 'di sostituire la già comminata sanzione della permanenza
domiciliare con quella del lavoro di pubblica utilità ', e nel contempo
rappresentava nominativamente tre enti di volontariato presso i quali l'imputato
' preferibilmente presterebbe la propria attività '.
All'udienza di trattazione dell'appello, il PM ha concluso per il rigetto del
gravame in parte qua argomentando che il d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, qualora
il giudice di pace abbia previsto in sentenza l'alternatività di pena,
indica con precisione la fase (Subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna
art.33) in cui l' imputato presente o il suo procuratore speciale debbono avanzare
la richiesta del lavoro di pubblica utilità , sicché superata
essa fase senza che sia intervenuta nelle forme previste dalla legge la richiesta,
l'imputato decade dalla facoltà ed 'il giudice di pace non può
stravolgere il proprio dispositivo in forza di un desiderio ' successivo ancor
più che nel caso concreto la sentenza non prevedeva alternatività
di sanzione.
Il difensore , per contro , richiamando il motivo di gravame subordinato proposto
perché 'nei termini già precisati in primo grado, sia comunque
applicata la sanzione del lavoro di pubblica utilità anziché quella
della permanenza domiciliare già irìflitta ' ha così illustrato
in discussione finale la propria richiesta : 1. il difensore nel giudizio rappresenta
in tutto e per tutto l'imputato e può legittimamente richiedere il lavoro
di pubblica utilità così come ha chiesto all'udienza del 29.4.02
anche se sprovvisto di procura speciale all'atto perché non conferita;
2. qualora non chieda in discussione finale il lavoro di pubblica utilità
ovvero lo chieda senza procura speciale ad hoc perché mai conferita ,
una volta che il giudice abbia pronunciato sentenza sia che questa preveda la
esclusiva condanna alla pena della permanenza domiciliare sia che essa sentenza
preveda l'alternativa del poter richiedere il lavoro di pubblica utilità
, ebbene in siffatti casi, il difensore per richiedere il lavoro di pubblica
utilità deve munirsi di procura speciale . Tanto ha fatto successivamente
e dunque insiste perché così sia riformata la sentenza di condanna
ancor più pel fatto che nella parte motiva di questa si legge l'inciso
che ' il lavoro di pubblica utilità possa sicuramente risultare più
idoneo al recupero di questi ' per poi negarlo per la contumacia dell'imputato
e mancanza di procura speciale .
Sulla
questione che il difensore rappresenti in toto l'imputato.
La nomina del C. del difensore di fiducia risulta in atti come effettuata
dall'imputato a verbale, raccolto dai Carabinieri che procedevano, nell'atto
di identificazione e dichiarazione /elezione di domicilio il giorno stesso del
fatto-reato . Non è stato formato altro atto di conferimento poteri prima
della pronuncia della sentenza di primo grado del 29.4.02 . L'art. 33 d.lgs.
28 agosto 2000, n. 274 espressamente riserva all'imputato o al difensore munito
di procura speciale la richiesta del lavoro di pubblica utilità . E'
insegnamento costante della Corte regolatrice che la procura speciale è
il negozio procuratorio formalizzato nelle modalità di legge, in relazione
allo specifico atto da compiere , sicché l'espressione procuratore speciale
non fa riferimento alla rappresentanza e difesa processuali, bersi alla rappresentanza
sostanziale, in virtù della quale il rappresentante fa valere il diritto
altrui in nome proprio, sia pure per conto del rappresentato : ne consegue la
semplice delega defensionale conferita all'avvocato non vale a costituirlo procuratore
speciale sostanziale del preteso titolare del diritto. Ne deriva la mancanza
di pregio dell'argomento difensivo richiedendosi dall'art.33 in modo espresso
che il difensore sia munito di procura speciale per poter chiedere il lavoro
di pubblica utilità subito dopo la sentenza di condanna .
Le singolari
finalità proprie del processo penale di pace
Nel processo penale di pace abbandonato il corno del dilemma (assoluzione o
condanna ) caratteristico del procedimento ordinario , alla eventuale condanna
e conseguente applicazione della sanzione si potrà pervenire solo dopo
aver obbligatoriamente verificato (ed in più forme: attività di
conciliazione nei reati procedibili a querela all'udienza di comparizione comma
4 art. 29, esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità
del fatto art. 34, estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie art.
35 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274) l'impossibilità di definire altrimenti
il processo con il ricorso ad istituti processuali che rispondono a finalità
peculiari perseguite in modo originale . Finalità e modalità che
seppur non sconosciute all'ordinamento assumono nel processo penale di pace
la primazia perché è principio informatore di questo sottosistema
quello enunciato precettivamente nella norma, l'art. 2 , intitolata ai Principi
generali del procedimento davanti al giudice di pace che al comma 2 statuisce
' Nel corso del procedimento, il giudice di pace deve favorire, per quanto possibile,
la conciliazione tra le parti ' sicché deve riconoscersi che il ricorso
all'apparato sanzionatorio è l'epilogo di un processo che non si è
potuto concludere altrimenti.
Nella fase preliminare dell'udienza di comparizione il giudice di pace, se oggetto
del giudizio è reato procedibile a querela , è tenuto a promuovere
la conciliazione eventualmente ricorrendo all'intervento di strutture di mediazione;
in ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell'attività
di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione
(29.4). E' attività conciliativa a forma libera , non fondata sugli atti
di causa in quanto - a differenza del giudizio ordinario - il fascicolo del
dibattimento è formato in contraddittorio tra le parti dopo la dichiarazione
di apertura del dibattimento (ar.29.7); in tale attività conciliativa,
possibile solo per la presenza dell'imputato, il giudice non anticipa le proprie
valutazioni sull'oggetto del processo bensì si risolve nel favorire la
rimozione delle cause del conflitto tra le parti.
Nel processo penale di pace sono privilegiati gli epiloghi anticipati del procedimento
e sono collegati alla valutazione di idoneità del giudice di pace delle
attività riparatorie prestate dall' autore del torto fatto alla vittima
e a favore di questa sicché può essere estinto il reato anche
contro la volontà del querelante (art.35) ovvero alla costatazione del
giudice - a fronte di un fatto reato che riguardato nella sua complessità
di elementi interni ed esterni presenta caratteristiche oggettive e soggettive
di particolare tenuità - che la parte offesa non mostra interesse a che
il processo prosegua (art.34).
Si comprende - quindi - la necessità per la coerenza di questo nuovo
sottosistema penale sostanziale e processuale, per la sua certezza ed effettività,
che se si deve giungere alla applicazione di pena, questa non possa essere sospesa.
Non è ragionevole che sia sospesa perché si è acquisita
la prova che non v'è ravvedimento .
La pronuncia
della sentenza di condanna e le conseguenze della scelta dell'imputato di restare
contumace nel giudizio.
Se questa è la legge , e tale è , si comprende come essa richieda
- in giudizio - la presenza attiva dell'imputato per esercitare in contraddittorio
con la vittima e/o la parte pubblica le facoltà che i nuovi diritti gli
consentono . Invero la scelta di rimanere contumace si risolve per l' imputato
nella impossibilità di poter fattivamente operare, non solo nel senso
di difendersi provando la propria innocenza , ma anche di dimostrare nei delitti
procedibili a querela che gli spetti la sentenza di estinzione del reato conseguente
a condotte riparatorie nonostante la parte offesa non intenda rimettere la querela
ovvero di compiere subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna le scelte
destinate ad incidere, sia pure in modo sensibilmente attenuato rispetto alle
pene detentive, sulla sua libertà.
Invero il lavoro di pubblica utilità, in quanto sanzione fondata su un
facere, presuppone per la sua effettività il consenso del condannato
; consenso che è il segno della consapevole accettazione della modalità
di emenda e che, nel contempo, legittima l'irrogazione della pena detentiva
(art. 56 :la reclusione fino ad un anno, non sostituibile ex artt. 53 e seguenti
l.689/81) nel caso di violazione delle modalità di esecuzione della sanzione
del lavoro di pubblica utilità. E' anche per questo , per le conseguenze
detentive collegate alla violazione dell'obbligo, che il giudice se ritiene
applicabile il lavoro di pubblica utilità ne dovrà indicare in
modo adeguatamente dettagliato tipo e durata sicché l'imputato possa
compiere una adeguata valutazione dell'opzione alternativa alla pena della permanenza
domiciliare .
Ne consegue che è indispensabile la preventiva individuazione di una
elencazione di condotte, in via generale e in via specifica relativamente alla
individua attività-sanzione ed indipendentemente dalla previsione o meno
come illecito disciplinare nella normativa di settore, la cui violazione possa
assumere rilievo in materia penale così assolvendosi all'imprescindibile
esigenza di preconoscibilità delle condotte illecite da parte dell'obbligato
. Preconoscibilità (che è la condizione di efficacia della norma
penale in bianco che si richiami ad un atto di qualsiasi natura ad essa esterno
) che è richiesta dal principio di determinatezza della fattispecie penale
.
Dai lavori preparatori del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 e dalla Relazione allo
schema di decreto legislativo deliberato dal Consiglio dei ministri del 25 agosto
2000 si ricava che il legislatore ha riflettuto ampiamente sulla individuazione
della fase processuale nella quale accertare la volontà dell'imputato.
Scartata la possibilità di conoscerla prima della deliberazione della
sentenza perché l'eventuale richiesta di applicazione di un certo tipo
di sanzione si potrebbe risolvere nel chiedere all' imputato un'implicita ammissione
di responsabilità, si è scelto di interpellare l'imputato subito
dopo la lettura del dispositivo della sentenza di condanna, sentenza che vede
affiancate le due sanzioni per la necessità di rendere completa la pronuncia
di condanna.
L'innovazione di introdurre una sentenza a formazione progressiva, già
completa quanto alla irrogazione della sanzione ed integrabile sulla scelta
del tipo - se tale scelta è stata prevista dal giudice - e sulle modalità
applicative, è stata ritenuta dal legislatore la soluzione preferibile
sul piano sistematico, poiché la seconda fase - che presuppone l'affermazione
della penale responsabilità e la perfezione della condanna - acquista
autonomia funzionale . Sono quindi ragioni di necessario coordinamento dogmatico
e sistematico tra le due norme dell'art.33.1. e dell'art. 33.2. ad imporre che
la richiesta di lavoro di pubblica utilità in luogo della permanenza
domiciliare sia formulata 'subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna'.
Ne discende - ed il giudicante condivide tale interpretazione e le motivazioni
poste a fondamento della richiesta di rigetto formulate dal PM - che l'imputato
contumace, salvo che il suo difensore non risulti munito di procura speciale,
non potrà avvalersi del potere di formulare alcuna richiesta: dalla sua
scelta di rimanere 'fuori' dal processo scaturisce l'impossibilità di
esercitare la facoltà di richiesta (testuale , Relazione allo schema
di decreto legislativo deliberato dal Consiglio dei ministri del 25 agosto 2000,§
5.4) .
Ulteriore riscontro della rilevanza accordata dal legislatore di pace alla presenza
dell'imputato in giudizio di primo grado con il riservargli esclusivamente per
quella fase processuale l'esercizio di rilevanti diritti si rintraccia nella
disposizione del comma 2 dell'art. 39 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 che prevede
disciplina opposta rispetto a quella ordinaria per le ipotesi in cui l'imputato
sia rimasto contumace in primo grado. Qualora questi provi di non essere potuto
comparire per caso fortuito o per forza maggiore o per non aver avuto conoscenza
del provvedimento di citazione a giudizio, sempre che in tal caso il fatto non
sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l'atto è stato consegnato al difensore,
non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento,
il giudice di appello dispone l'annullamento della sentenza impugnata, con restituzione
degli atti al giudice di pace per un nuovo giudizio. La diversa disciplina prevista
per il processo ordinario (art. 603 Cpp), che per tale ipotesi prevede la rinnovazione
dell'istruzione dibattimentale in sede di appello, assicura il perseguirsi delle
peculiarità del procedimento innanzi al giudice di pace e delle procedure
conciliative e di definizione alternativa del procedimento. Nell'ipotesi in
cui l'imputato non sia, senza colpa, potuto comparire nel giudizio di primo
grado, la regressione del processo dinanzi al giudice di pace appare dunque
necessaria per consentire all'imputato la fruizione dell'unica fase processuale
in cui può esercitare determinate facoltà. E tra queste quella
della opzione tra la pena della permanenza domiciliare e la sanzione del lavoro
di pubblica utilità. Altre ragioni non ve ne sono ,e darebbe lettura
sommaria e assai poco attenta del processo penale di pace chi ritenesse che
scopo di tale regressione processuale fosse quella di deflazionare il carico
di lavoro del Tribunale in composizione monocratica .
Ne deriva che è estraneo al sottosistema ipotizzare una sorta di restituzioni
nei termini per chiedere in appello il lavoro di pubblica utilità una
volta che non sia stato chiesto nelle forme di legge in primo grado .
D'altra parte non è quella appena riferita l'unica situazione di inappellabilità
per omesso tempestivo esercizio di un diritto in primo grado : identica sanzione
processuale si configura nel caso di sentenza di improcedibilità resa
ai sensi dell'art.34.3 posto che è condizione di tale pronuncia la mancata
opposizione dell'imputato (anche rappresentato dal difensore munito del solo
mandato defensionale posto che la norma non riserva espressamente l'esercizio
di tale diritto al procuratore speciale) . A tale omissione verificatasi in
primo grado e prima della decisione del giudice consegue il venir meno del diritto
all'appello sul punto .
Ne consegue che sono estranei alla, ed incompatibili con, l'applicazione del
d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 tutti gli argomenti (ut supra riportati) prospettati
dal difensore a sostegno del motivo di appello teso ad ottenere nel giudizio
di impugnazione il lavoro di pubblica utilità per il proprio assistito
. In particolare correttamente il giudice primo grado verificata la contumacia
dell'imputato e l'assenza di suo procuratore speciale nel giudizio non ha prospettato
in sentenza la possibilità di richiedere il lavoro di pubblica utilità
e doverosamente non ha modificato la sua sentenza già perfetta come pubblicata
il 29.4.02 allorché gli venne depositata l'8.5.02 - dal difensore che
si era munito in quel giorno della procura speciale - l'istanza di sostituzione
della permanenza domiciliare con il lavoro di pubblica utilità.
Conferma
della mancata concessione dell'attenuanti generiche
E' insegnamento costante della Corte Regolatrice che in tema di attenuanti generiche,
poiché la ragion d'essere della relativa previsione normativa è
quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole
all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari
e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso
si è reso responsabile, la meritevolezza di detto adeguamento non può
mai essere data per scontata o per presunta, così da dar luogo all'obbligo,
per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto
ogni possibile profilo, l'affermata insussistenza. Al contrario, è la
meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l'esistenza, di
apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono
stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio;
trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata
alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell'imputato
volta all'ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili
ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti
tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione
degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda ( cfr. Sez. 1 sent. 11361
del 25-11-92; Sez. Fer. sent. 12280 del 6-9-90; Sez. 2 sent. 5808 del 15-5-92)
sicché ai fini della loro concessione o diniego basta che il giudice
prenda in esame quello, tra gli elementi indicati nell'art. 133 cod. pen., che
ritiene prevalente ed atto a consigliare o meno la concessione del beneficio,
per cui anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole
o all'entità del reato o alle modalità di esecuzione di esso può
essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti stesse (v. Cass.sez.
2 sent. 2889/97 ) .
Ciò posto si consideri che il difensore argomenta la richiesta sia in
considerazione della giovane età del prevenuto sia anche per adeguare
la pena al fatto .
Si rileva però che il C. era ultratrentenne allorchè commise
il reato e dunque ben oltre la soglia dei 25 anni che le scienze criminali assegnano
quale limite superiore alla categoria dei giovani adulti . Si osservi inoltre
che - indipendentemente dal condividersi o meno della classificazione scientifica
(per definizione suscettibile d'errore o ripensamenti ) - la giovane età
dell'imputato può giustificare la concessione delle attenuanti generiche,
ma è necessario, in tal caso, che il giudice accerti che la condizione
giovanile abbia influito sulla personalità del soggetto determinandone
una non completa maturità e capacità di valutare il proprio comportamento
secondo le norme del buon vivere civile. Illegittima, invero, è la concessione
fondata sul semplice e formale rilievo della giovane età, quasi che a
questa debbano necessariamente conseguire dette attenuanti.(v.Cass.sez.1sent.7993/85).
Il difensore non ha fornito alcun elemento perché il giudice potesse
accertare, qualora fosse possibile per peculiari caratteristiche personologiche
del C. ritenere giovane l'ultratrentenne, come l'asserita condizione giovanile
avesse avuto parte nel fatto reato e la perdurante contumacia dell'imputato
ha privato il giudice di poter apprendere dall'imputato - ove costui avesse
voluto fornirli - i necessari elementi di conoscenza .
Quanto all'adeguare la pena al fatto si rileva che i numerosi ut supra richiamati
precedenti penali del reo costituiscono un sicuro parametro sia ai fini della
valutazione della gravità del fatto che ai fini della valutazione della
personalità del colpevole quale indice di pericolosità sociale
sicché l'apprezzamento dei detti elementi impone responsabilmente il
diniego delle attenuanti generiche nella mancanza di offerta di effettivi e
concreti elementi di meritevolezza da considerare.
Conferma
della pena inflitta
Il giudice di primo grado ha conosciuto e quello del gravame conosce della personalità
dell'imputato solo attraverso gli atti del fascicolo. C. si è avvalso
del proprio diritto di restare contumace con l'effetto di recintare la valutazione
del giudice quanto alle interdipendenze tra fatto reato e persona agente e le
derivate ricadute nella determinazione della pena da infliggersi in primo grado
ovvero da eventualmente riparametrarsi in gravame, nelle inferenze documentali
senza disporre dell'insostituibile fonte di conoscenza che è la viva
persona in giudizio . 'Quantificare la pena da applicarsi al C. in misura
pari ai minimi edittali ' scrive il difensore nell'atto di appello , accenna
in discussione al fatto che lavori e rinvia alle attestazioni del datore inserite
in fascicolo: non vi sono altre notizie che provengano dalla parte di cui accertata
la colpevolezza deve infliggersi in primo grado la pena e deve verificarsi -
in giudizio di gravame - la congruità della stessa.
Il principio costituzionale della rieducazione si riflette sul meccanismo delineato
nell'art. 133 Cod. Pen. (Gravità del reato: valutazione agli effetti
della pena). Ne deriva che la commisurazione della pena non può prescindere
dalle esigenze rieducative da determinare in relazione alla gravità del
fatto e alla personalità dell'imputato, sicché in tal modo si
configuri una effettiva individualizzazione della pena, afferendo il terzo comma
dell'art. 27 Cost. a tutto il sistema penale .
Si è già scritto supra come il bene protetto della norma dell'art.186
CdS, la sicurezza della circolazione stradale, sia stato gravemente posto in
pericolo dal C. che guidava il proprio ciclomotore in accentuato stato di
ebbrezza : concentrazione alcolemica di 1.88 g./l alle ore 21.26 e 1.65 g./l
alle 21.34 , più del doppio del limite massimo di 0.8 g./l in allora
consentito e di come , afferma la sentenza impugnata, il C. conducesse 'ciclomotore
procedente ad andatura anomala ed incerta, 'zizzagando' pericolosamente da una
parte all'altra della propria corsia di marcia, creando pericolo per gli altri
utenti della strada'. Così come s'è scritto che l' imputato fosse
consapevole che il suo stato di ebbrezza fosse particolarmente elevato quando
si mise alla guida del ciclomotore, e tanto è dimostrato dall'eccessivo
tasso alcolemico misurato all' imputato e tale consapevolezza illustra il grado
intenso della colpevolezza del C. .
La capacità a delinquere della persona a giudizio è descritta
dalle condanne passate in giudicato per 11 furti , spaccio stupefacenti , lesione
personale , resistenza et altro , nonché guida in stato di ebbrezza,
lo stesso reato per cui si è proceduto e si procede ora in questa fase.
Si è detto che si sa che lavora . Ma per la laconicità della informazione
tale dato presenta valenza neutra. La carenza di notizie (anche dal vivo, dal
giudicabile) non permette di sapere se esso lavoro sia l'esito di un percorso
faticoso di adattamento alla vita normale e di ricerca impegnata di una attività
dopo le condanne subite ovvero un fortunoso approdo cui si sia temporaneamente
adeguato .
Si tratta allora di individuare e su queste basi la pena congrua .E'un fatto
che l' imputato sia stato ripetutamente messo in grado dalle reiterate condanne
subite di conoscere l'ingiustizia dei suo atti , anche in relazione alla guida
in stato di ebbrezza , eppur tuttavia non ancora il comportamento di non bere
abbondantemente e mettersi poi alla guida è divenuto valore importante
della sua vita fino ad essere assunto - volente o nolente - nella sua realtà
esistenziale . E' altresì un fatto che le pene fino ad oggi comminate,
sospese , sostituite , contenute, parzialmente eseguite, non abbiano spiegato
effetto di deterrenza nei confronti del recidivare dell' imputato.
La pena inflitta in primo grado , 30 giorni di permanenza domiciliare, è
di giusta e proporzionata misura in relazione al fatto e alla personalità
del suo autore per riconnettere valori corretti a chi ha dimostrato, nei modi
concreti sopra illustrati, di attribuire a valori socialmente scorretti rilevanza
nella propria vita . La condizione morale nei confronti dei valori della coesistenza
civile non è mero fatto privato del C. allorché dia causa
a comportamenti, è questione importante per tutti gli altri consociati
personificati nell'Ordinamento .
Questo , per il tramite del giudice, impone all'imputato una pena che è
rigorosa perché s'è dovuto tenere conto della gravità del
fatto e della sua personalità, ma che è giusta perché è
la conseguenza necessitata di quanto accertato e dimostrato . Nel contempo non
è pena desocializzante perché impone all' imputato la permanenza
presso la sua abitazione nei giorni di sabato e domenica. Pena che può
essere modificata nelle modalità di esecuzione in accordo alle esigenze
di vita del C. in ogni momento ricorrendo allo stesso giudice di primo grado
che l'ha inflitta. E' pertanto concretamente aperta alla rieducazione del condannato
, segno che la Comunità che l'ha inflitta (la condanna è pronunciata
in nome del popolo italiano) spera che la persona , se lo vuole , comprenda
finalmente il disvalore della propria azione e cominci a compiere azioni giuste
iniziando da quella di mai più porsi alla guida di un veicolo nelle condizioni
di creare grave pericolo nei confronti delle persone che incrocia .
Per questi motivi ed in accordo alla richiesta del PM si conferma la pena inflitta
.
Le spese seguono la condanna
PQM
Visti gli artt. 592, 605 c.p.p., e 39 D.Lvo 274/00
Conferma la sentenza N.01/2002 del 29/4/2002 depositata il 06/05/02 del Giudice di Pace di Genova , appellata dall'imputato C. D. e lo condanna al pagamento delle spese processuali di questo grado del giudizio.
Genova,1 ottobre 2002
IL GIUDICE
Dottor Federico-Augusto MAZZA