Tribunale di Roma, Settima Sezione Penale, in composizione monocratica, Sentenza 25 novembre 2002
FATTO E DIRITTO
All'udienza del 19-11-02, il Pubblico Ministero presentava dinanzi a questo Tribunale, per la convalida dell'arresto ed il contestuale giudizio direttissimo, A. C., imputato - come meglio specificato in rubrica - del reato di cui all'art. 14 comma 5 ter, d.lgs. 286/98. Dopo la convalida dell'arresto e l'immediata scarcerazione dell'imputato, si perveniva - a seguito di concessione di termini a difesa - all'odierna udienza, nella quale si procedeva all'escussione dell'operante VILLANI Luigino. Al termine dell'istruttoria dibattimentale, il Giudice dava la parola alle parti, che rassegnavano le conclusioni trascritte a verbale e riportate in epigrafe.
L'imputato deve
essere assolto.
L'A. è stato tratto in arresto in relazione al reato di cui all'art.
14, comma 5 ter, d.lgs. 286/98 (introdotto dall'art. 13, comma 1, l. 189/02),
per essersi trattenuto senza giustificato motivo nel territorio dello Stato:
violando così l'ordine "di lasciare il territorio nazionale attraverso
la frontiera di Fiumicino (RM) entro il termine di cinque giorni dalla notifica
del presente atto", impartito dal Questore di Roma in data 4-11-02 (e notificato
all'A. lo stesso giorno) ai sensi dell'art. 14 comma, 5 bis d.lgs. 286/98.
La nuova fattispecie contravvenzionale contestata all'odierno imputato costituisce,
come è noto, una delle numerose e rilevanti modifiche apportate dalla
l. 189/02 al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e la condizione dello straniero. Con riferimento all'istituto dell'espulsione
amministrativa, in particolare, è stato evidenziato in dottrina che i
principi fissati dal testo unico hanno subito un vero e proprio capovolgimento,
sia quanto alla immediata esecutività del decreto di espulsione (oggi
prevista in via generale, anche in caso di gravame o impugnativa dell'interessato:
art. 13, comma 3, d.lgs. 286/98); sia, ed è quel che più specificamente
interessa in questa sede, quanto alle modalità esecutive del decreto
di espulsione emesso dal Prefetto ai sensi dell'art. 13 del testo unico.
Il comma 4 di tale articolo dispone infatti che "l'espulsione è
sempre eseguita dal Questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della
forza pubblica", mentre l'espulsione <<per intimazione>>, che
costituiva la regola generale nel sistema anteriore alla l. 189/02, è
ormai prevista eccezionalmente sia nell'ipotesi - non rilevante nell'odierno
procedimento - dello straniero che si trattenga in Italia oltre i sessanta giorni
dalla scadenza del suo permesso di soggiorno di cui non chieda il rinnovo (art.
13, comma 5); sia in quella prevista dall'art. 14 comma 5 bis, dove il Questore
- in presenza di determinati presupposti su cui ci si soffermerà tra
breve - ordina allo straniero di lasciare entro cinque giorni il territorio
dello Stato, a mezzo di un provvedimento scritto recante l'indicazione delle
conseguenze penali derivanti dalla trasgressione: conseguenze introdotte (come
già accennato) dall'art. 14 comma 5 ter, il quale punisce con l'arresto
da sei mesi ad un anno lo straniero che, in violazione del predetto ordine,
si trattenga senza giustificato motivo nel territorio dello Stato.
Il carattere eccezionale dell'ordine del Questore - rispetto alla regola generale
dell'immediato accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica -
emerge con assoluta chiarezza dalla lettura dell'intero art. 14 del testo unico.
E' infatti previsto (comma 1) che, ove tale ordinaria modalità esecutiva
risulti impossibile "perchè occorre procedere al soccorso dello
straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità
o nazionalità, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero
per l'indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo",
il Questore dispone il trattenimento dello straniero presso il centro di permanenza
temporanea e assistenza più vicino: trattenimento che deve essere convalidato
dal tribunale in composizione monocratica entro 48 ore (commi 3 e 4), e che
può comportare la permanenza dello straniero nel centro per complessivi
trenta giorni, prorogabili dal giudice fino a ulteriori trenta giorni (comma
5). Solo nelle ipotesi in cui il trattenimento nel centro si sia rivelato impossibile,
ovvero i predetti termini di permanenza siano trascorsi senza che l'espulsione
sia stata eseguita (comma 5 bis), il Questore ordina allo straniero di lasciare
il territorio dello Stato entro cinque giorni.
E' dunque evidente che la possibilità di emanare la predetta intimazione
è inequivocamente ancorata dalla legge al verificarsi di specifici presupposti:
anzitutto deve risultare impossibile, per i concreti impedimenti di cui all'art.
14 comma 1 del testo unico, l'attuazione della regola generale dell'esecuzione
dell'espulsione "con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza
pubblica" (art. 13, comma 4). Solo in tal caso, invero, potrà essere
disposto il trattenimento dello straniero nel centro di permanenza di cui al
predetto comma 1.
Inoltre, deve essere accertata anche l'impossibilità di ricorrere al
predetto trattenimento (ad es. per mancanza di posti disponibili nel centro),
ovvero la concreta inefficacia di tale misura (nel senso che siano trascorsi
i termini massimi di permanenza senza che l'espulsione sia stata eseguita).
Soltanto in presenza di tali condizioni fattuali e giuridiche (in rapporto di
evidente quanto stretta connessione logica e cronologica) può ritenersi
legittima l'emissione dell'ordine ex art. 14 comma 5 bis, e sanzionabile penalmente,
ai sensi del comma successivo, l'eventuale inottemperanza all'ordine stesso.
In tale ottica
interpretativa, deve anzitutto osservarsi, con riferimento alla odierna fattispecie,
che l'A., di nazionalità rumena, è stato espulso con decreto
prefettizio emesso in data 4-11-02 ai sensi dell'art. 13, commi 2 lett. b e
4 d.lgs. 286/98, essendo entrato in Italia (come da lui stesso dichiarato) in
data 4-4-02 e non avendo regolarizzato la sua posizione ai sensi dell'art. 5
comma 2 del testo unico. Secondo i principi generali sopra ricordati, il decreto,
immediatamente esecutivo, prevede espressamente che "l'espulsione è
eseguita dal Questore della provincia ove lo straniero è rintracciato
con accompagnamento alla frontiera a mezzo forza pubblica".
A carico dell'imputato risulta inoltre emesso, nella stessa data, un ordine
della Questura di Roma ai sensi dell'art. 14 comma 5 bis del testo unico. Nell'ordine
in questione si dà atto del rintraccio dell'A. da parte della Pol.Fer.
di Roma, del provvedimento prefettizio di espulsione in pari data, nonchè
del fatto "che in data odierna non è stato possibile trattenere
lo straniero presso il centro di permanenza temporanea per indisponibilità
dei posti". In virtù di tali premesse, come già accennato,
il Questore ordina all'A. "di lasciare il territorio nazionale attraverso
la frontiera di Fiumicino (RM) entro il termine di cinque giorni dalla notifica
del presente atto", esponendo infine le conseguenze penali scaturenti dalla
permanenza nel territorio dello Stato, senza giustificato motivo, in violazione
dell'ordine emanato.
Il decreto prefettizio e l'ordine del Questore, infine, risultano redatti in
italiano ed inglese e, sempre in data 4-11-02, notificati a mani dell'A..
Nei rispettivi verbali di notifica, si dà atto che la traduzione in inglese
(lingua prevista dall'art. 13 comma 7 del testo unico) è stata determinata
dalla "impossibilità di reperire un interprete della lingua conosciuta
dallo straniero".
Tralasciando per ora le problematiche connesse alla ricezione, da parte dell'A.,
di provvedimenti redatti in lingue a lui ignote, occorre subito evidenziare
che l'ordine del Questore non può considerarsi legittimamente emesso.
Infatti, mentre il decreto del Prefetto ha cura di precisare - in linea con
i nuovi principi introdotti dalla l. 189/02 e sopra richiamati - che l'espulsione
è eseguita mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica,
l'ordine ex art. 14 comma 5 bis si limita a richiamare l'impossibilità
di trattenimento per indisponibilità dei posti nel centro di permanenza
temporanea, ma non contiene alcun cenno alla esistenza di cause ostative alla
esecuzione della espulsione ai sensi dell'art. 14 comma 1: cause che, come si
è osservato, costituiscono invece una condizione indefettibile per disporre
il trattenimento nel centro e per l'eventuale intimazione del Questore ex art.
14 comma 5 bis. In altri termini, la lettura del provvedimento non consente
di comprendere se l'esecuzione dell'espulsione dell'A. mediante accompagnamento
non sia stata neppure tentata, ovvero non sia risultata possibile per taluno
degli impedimenti di cui al comma 1 (necessità di soccorso, di accertamenti
supplementari sulla identità o nazionalità, di acquisizione di
documenti per il viaggio; difetto di vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo);
nè si ha modo di colmare detta lacuna attraverso altri atti procedimentali,
non acquisiti al fascicolo per il dibattimento ed anzi espressamente esclusi
dall'operante VILLANI (cfr. pagg. 4-5 dell'odierna deposizione).
E' poi appena il caso di sottolineare che l'assenza o comunque la non rilevabilità,
sulla base degli atti, dei presupposti legittimanti il trattenimento e quindi
l'intimazione ex art. 14 comma 5 bis, non assume qui rilevanza solo sotto un
profilo di formale legittimità del provvedimento amministrativo (rectius
di puntuale rispondenza del procedimento culminato nell'ordine del Questore
al modello introdotto dal nuovo art. 14 del testo unico), ma anche sotto un
profilo prettamente "sostanziale", avuto riguardo alla struttura della
contravvenzione contestata all'A.. E' infatti evidente che almeno alcune
delle richiamate cause ostative, per la stessa Questura, alla esecuzione dell'espulsione
mediante accompagnamento alla frontiera, ben avrebbero potuto rilevare anche
nell'apprezzamento dell'eventuale sussistenza di un <<giustificato motivo>>,
ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 14 comma 5 ter, nella inottemperanza
dell'A. all'ordine "di lasciare il territorio nazionale attraverso
la frontiera di Fiumicino entro cinque giorni dalla notifica".
Si discute in dottrina se l'intimazione ex art. 14 comma 5 bis sia, nonostante
il silenzio della legge, suscettibile di ricorso dinanzi al Tribunale civile
secondo lo schema previsto dall'art. 13 comma 8 del testo unico per il decreto
prefettizio di espulsione. E' peraltro indubbio che, in ogni caso, l'ordine
del Questore - ove viziato, come nel caso di specie, da eccesso di potere per
carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti legittimanti
- possa e debba essere oggetto di disapplicazione da parte del giudice penale,
secondo i principi generali (cfr. ad es. Cass., Sez. I, 20-7-01 n. 29543), in
sede di accertamento della sussistenza dell'elemento oggettivo della contravvenzione
di cui all'art. 14, comma 5 ter, d.lgs. 286/98.
Quanto precede impone di adottare, nei confronti dell'A., una pronuncia
assolutoria per insussistenza del fatto a lui addebitato. Rimangono perciò
assorbite le questioni inerenti la possibilità di individuare un comportamento
anche solo colposo - trattandosi di fattispecie contravvenzionale - in capo
ad un soggetto che si sia visto notificare un'intimazione del Questore redatta
(come lo stesso decreto prefettizio di espulsione) in lingue a lui sconosciute:
questioni evidentemente connesse anche al fatto che la immediata e inequivoca
conoscenza delle conseguenze penali derivanti dalla trasgressione dell'ordine
del Questore, richiesta indefettibilmente dallo stesso legislatore del 2002
sin dal momento della notifica allo straniero (dovendo l'ordine contenere sempre
l'indicazione delle conseguenze medesime: art. 14, comma 5 bis ultima parte),
deve essere esclusa tutte le volte che, come nel caso di specie, l'intimazione
del Questore e le sue implicazioni risultino incomprensibili al destinatario
del provvedimento.
P.Q.M.
visto l'art.
530 c.p.p.
assolve A. C. dal reato a lui ascritto perché il fatto non
sussiste.
Termine deposito motivazione gg. 45.
Roma, 25 novembre
2002
lL GIUDICE
(dr. Vittorio PAZIENZA)