Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sezione Distaccata di Aversa, in composizione monocratica, Sentenza 22 marzo 2002, 402
TRIBUNALE
DI
SANTA MARIA CAPUA VETERE
SEZIONE DISTACCATA DI AVERSA
(ufficio del giudice monocratico penale)
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice monocratico del Tribunale, dr. Alberto Maria Picardi, ha pronunciato e pubblicato mediante la lettura del dispositivo la presente
S E N T E N Z A
emessa alla
udienza del 22.3.2002 nei confronti di:
P. A., nato a XXX il XXX, ivi residente XXX
LIBERO / ASSENTE
difeso di fiducia dall'avv. G. Cantelli del foro di Santa Maria Capua Vetere,
I M P U T A
T O
a) del reato p.e.p. dalla lettera B9 dell'art. 20 L. 28/2/1985 n. 47, per aver
iniziato, continuato ed eseguito, in assenza della concessione edilizia, le
seguenti opere:
realizzazione di un fabbricato composto da un piano terra e un primo piano,
costituito da una struttura verticale ed orizzontale portante in C.A:, completo
di tompagnature in mattoni forati e muratura di tufo - Al piano terra risultano
realizzati un androne di mq 60 ed un manufatto di mq 100 adibito a deposito,
con un ulteriore androne (cassa scale) contenente nr.3 rampe di scale in C.A.
che portano al P.P. - Al primo piano risulta realizzato un manufatto di mq.
250 allo stato grezzo.
b) contravvenzione di cui agli artt. 2-13-4-14 L. 5.11.1971 n. 1086, 81 c.p.,
perché in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, realizzava le
strutture in C.A. senza un progetto esecutivo, senza previa denunzia dei lavori
del Genio Civile e senza la direzione dei lavori da parte di un tecnico competente.
Reati accertati in XXX il 3-4-98
CONCLUSIONI
Per il Pubblico Ministero: assoluzione perché il fatto non è più
previsto dalla legge come reato per il capo A). Per il capo B) concesse le attenuanti
generiche, condanna a 250 euro di ammenda;
per la difesa: si associa al PM per il capo A); per il capo B) assoluzione perché
il fatto non sussiste o in subordine N.D.P. per prescrizione per decorso del
termine massimo legale.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Per i reati di cui in epigrafe, l'imputato veniva tratto a giudizio innanzi
a questo Tribunale in composizione monocratica
Acquisiti gli atti e documenti richiesti, esaminato il teste d'accusa, di difesa
e d'ufficio, nonché l'imputato, le parti concludevano come in epigrafe
ed il giudice decideva la causa, pronunciando dispositivo di sentenza con deposito
dei motivi nel termine di giorni trenta.
MOTIVI DELLA
DECISIONE
P. A. deve essere dichiarato colpevole del solo reato a lui ascritto
al capo B) mentre, nel contempo, va mandato assolto da quello di cui al capo
A) perchè il fatto non è più previsto dalla legge come
reato.
Ed invero, dalla visione del verbale di sequestro, foto, documentazione amministrativa
prodotta dalla difesa e dall'esame dei testi e dell'imputato è emerso
quanto segue:
il teste d'accusa Cangemi Salvatore, maresciallo dei Carabinieri chiamato a
deporre su fatti del suo ufficio, riferiva che in data 3-4-98 constatava la
presenza del manufatto debitamente indicato nel verbale di sequestro e raffigurato
nelle foto (in atti) che, vista la presenza di calce ancora "fresca"
all'interno e all'esterno di una struttura che, tranne per una parte residua
posta al piano terra, non era ancora stata "sporcata" dagli agenti
atmosferici, vista l'assenza di infissi, il mancato completamento delle opere
interne e la presenza, all'interno dei vano, di materiale edile depositato quali
blocchi di mattoni dello stesso tipo e colore di quelli utilizzati per la costruzione,
tutto ciò faceva ritenere che il manufatto era stato edificato in data
recente e i lavori non erano ancora ultimati, il tutto - si accertava - in assenza
di cartellonistica indicante il direttore dei lavori e gli estremi della concessione
edilizia.
Egli, verificava, altresì, la presenza, in prossimità della costruzione,
dell'imputato come sopra identificato, che abitava nei pressi e che risultava
sprovvisto di concessione edilizia e non aveva effettuato i doverosi adempimenti,
penalmente sanzionati, previsti dalla legge di cui al capo B) nonostante fosse
stata riscontrata la presenza di pilastri e solai in cemento armato.
Il teste procedeva, pertanto, al sequestro della costruzione.
L'imputato, sentito in udienza in sede di interrogatorio, riferiva di essere
stato lui l'autore della costruzione in oggetto, ed all'uopo chiariva di essere
stato inizialmente destinatario, nella qualità di proprietario di un
immobile pericolante preesistente sul luogo dove è avvenuto l'accertamento
e il sequestro di cui sopra, di un ordine di immediato abbattimento dei solai
pericolanti del fabbricato con successivo ripristino dello stato dei luoghi.
Tuttavia, poiché per effetto dei lavori di ripristino sopra indicati
si riscontravano altri crolli e cedimenti, egli decideva di rimuovere tutte
le strutture, sia orizzontali che verticali, facendo comunicare all'ente comunale,
attraverso il suo tecnico, l'intenzione di effettuazione dei predetti lavori,
ma subito dopo procedendo alla materiale esecuzione dei lavori stessi senza
presentare la richiesta di concessione edilizia al comune, che veniva presentata
solo successivamente quando i lavori erano già stati eseguiti.
L'imputato precisava, altresì, di avere ricostruito lo stesso fabbricato
preesistente utilizzando lo stesso perimetro di quello precedentemente demolito
e l'utilizzo di volumetrie non superiori a quelle preesistenti.
Le suddette dichiarazioni del P. venivano suffragate dalla documentazione
amministrativa da lui prodotta, e cioè dall'ordinanza del Sindaco, del
16-9-96, di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi delle strutture
pericolanti, dalla successiva comunicazione al Sindaco, depositata il 18-9-1996,
dei sopravvenuti crolli e dissesti realizzatisi nelle more dell'effettuazione
dei lavori di cui sopra con contemporanea comunicazione dei nuovi lavori di
ristrutturazione da eseguire, dalla successiva comunicazione, del 10-10-96,
dei lavori realizzati nel frattempo e prima del sopravvenuto ordine di sospensione
del 7-10-96 e di quelli ancora da eseguire, che consistevano nella realizzazione
di un intervento "fotocopia", cioè nella realizzazione di un
manufatto delle stesse dimensioni, morfologia e parametri planovolumetrici di
quello preesistente, dalla richiesta di concessione edilizia depositata il 16-12-1997
con parere favorevole della Commissione competente del 5-3-1998.
Il teste Serao Giovanni, tecnico comunale sentito ex art. 507 c.p.p., confermava
sostanzialmente quanto già riferito dall'imputato in ordine alla necessità,
in ottemperanza ad un preciso ordine sindacale, di demolizione e ripristino
di solai pericolanti e della successiva effettuazione, da parte dello stesso
in occasione dell'esecuzione del prefato ordine, di lavori di sostanziale integrale
demolizione e ricostruzione ex novo del manufatto, attesa la necessità
di demolire non solo i solai ma anche le strutture orizzontali del fabbricato.
In particolare, il teste chiariva che la realizzazione delle predette opere
avveniva senza preventiva richiesta di concessione edilizia, che veniva presentata
dall'imputato solo successivamente e che otteneva anche il parere favorevole
della Commissione edilizia, e tuttavia la pratica, che era in fase di rilascio,
veniva sospesa dopo l'accertamento dei Carabinieri del 3-4-98, che riscontravano
l'esecuzione anticipata di quanto indicato nel progetto allegato all'istanza
concessoria senza che fosse atteso il rilascio della concessione stessa da parte
dell'ente comunale.
***
All'esito dell'istruttoria dibattimentale, è apparso evidente che la
condotta dell'imputato è consistita nella realizzazione, prima dell'ottenimento
della concessione edilizia che nelle more veniva pure richiesta, di un manufatto
ex novo, previa demolizione di quello preesistente, avente le stesse caratteristiche
tipologiche, planovolumetriche, dimensionali e perimetrali di quello preesistente.
Tale intervento, per giurisprudenza costante della S.C., non poteva qualificarsi
come di ricostruzione di un preesistente manufatto ma di vera e "nuova
costruzione" di un manufatto, costruzione per la quale, pertanto, occorreva
la concessione, e ciò anche nei casi in cui l'immobile ricostruito presentava
le stesse caratteristiche tipologiche e planovolumetriche di quello preesistente:
(Cfr. Cass. sez. III 10-8-93, in Giust. Pen. 1994, II, 298 e tante altre conformi).
Sul punto vi è stato anche un autorevole intervento della Corte Costituzionale
che, con sentenza nr. 296 del 26-6-1991, chiamata a pronunciarsi sulla asserita
incostituzionalità dell'art. 9 lettera d) della legge 10/1977 nella parte
in cui non comprende, tra le ipotesi di cd. "concessione gratuita"
di edifici monofamiliari, accanto a quelle tipizzate di ristrutturazione ed
ampliamento nei limiti del venti per cento, anche quella dell'integrale ricostruzione
del fabbricato demolito purché adibito anch'esso ad abitazione unifamiliare
su area immediatamente adiacente, ha affermato che, ai fini dell'agevolazione
prevista dall'art. 9 lett. d) della legge n. 10/1977, il concetto di "ristrutturazione"
mal si presta a comprendere la fattispecie della demolizione accompagnata dalla
ricostruzione dell'edificio sullo stesso suolo.
Tale orientamento giurisprudenziale deve, tuttavia, "fare i conti"
con le recenti normative, ed in particolare con quella del D.P.R. 380/2001 (cd.
"testo unico dell'edilizia"), che ha trasfuso e coordinato in un unico
testo quello "legislativo" di cui al D.Lgs 378/2001 (cd. "testo
B") e quello regolamentare di cui al D.P.R. 379/2001 (cd. "testo C").
In particolare, da tale nuovo ordito normativo emerge, oltre ad una differente
qualificazione della concessione edilizia, chiamata ora "permesso di costruire",
anche una differente regolamentazione proprio del caso in oggetto.
Ma prima di addentrarsi nella disamina della nuova regolamentazione, occorre
preliminarmente chiarire che l'operazione ermeneutica di cui sopra risulta imprescindibile
poiché, nelle more tra la realizzazione del fatto e la decisione della
causa, è entrato in vigore, sia pure per pochi giorni, il citato testo
unico, il quale a sua volta, con l'art. 5-bis della legge n. 463/2001 di conversione
del decreto legge n. 411 2001, è stato "prorogato" al 30 giugno
2002.
In sostanza, benchè solo per pochi giorni, e cioè dall'uno al
nove gennaio del 2002, è entrato in vigore il citato testo unico, e pertanto
questo giudice non può che verificarne la sua portata ai fini della individuazione
della norma più favorevole da applicare all'imputato ed anche, eventualmente,
ai fini dell'accertamento di una intervenuta "abolitio criminis".
Non vi sono problemi, invece, ai fini della individuazione della norma applicabile,
per quanto riguarda l'altro testo normativo pubblicato nelle more del presente
processo, e cioè la cd. "legge obiettivo" o "legge Lunardi"
del 21 dicembre 2001 n. 443, che pure ha innovato moltissimo sulla materia "de
qua" ampliando i casi di intervento non più sottoposto a preventivo
rilascio del permesso di costruire: il comma dodicesimo dell'art. 1 della citata
L. 443/2001 espressamente stabilisce che le disposizioni di cui al comma 6,
cioè di quelle attinenti all'urbanistica e di possibile interesse per
la fattispecie in esame, si applicano nelle regioni a statuto ordinario a decorrere
dal novantesimo giorno della data di entrata in vigore della suddetta legge,
e cioè dal 12 aprile 2002, data successiva alla lettura del dispositivo
della presente sentenza.
In ordine alla necessità di applicare i principi di cui all'art. 2 c.p.
per effetto della temporanea vigenza delle norme del testo unico dell'edilizia
sovviene anche una recentissima sentenza della Cass. pen. Sez. III del 4-3-2002
nr. 8556, rel. Novarese e imp. Buselli.
Pertanto, ed in conclusione, la legge successiva da prendere in considerazione,
ai fini dell'art. 2 c.p., per il presente processo è solo quella del
testo unico dell'edilizia, temporaneamente entrata in vigore ai primi di gennaio
del 2002 e cioè prima della decisione della presente sentenza.
Premesso quanto sopra, occorre all'uopo affermare che l'art. 3 del D.P.R. 380/2001
innova proprio in relazione alla definizione di ristrutturazione edilizia quale
attività considerata in giurisprudenza come differente da quella di demolizione
e ricostruzione ex novo.
Ed invero, l'art. 3 lettera d) statuisce che tra gli "interventi di ristrutturazione
edilizia" vi sono anche quelli "consistenti nella demolizione e successiva
fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area
di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve
le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica".
In sostanza, con tale norma viene "vulnerata" la precedente definizione
giurisprudenziale di ristrutturazione edilizia, che deve, per questa nuova legge,
ricomprendere anche i casi di demolizione e fedele ricostruzione di un edificio
avente le caratteristiche sopra debitamente indicate;
Ma vi è di più: dalla lettura del combinato disposto degli artt.
3 co. I lettera d), 10 co.I lettera c) e 22 co. I del citato testo unico, emerge
in modo palese che proprio i casi di ristrutturazione edilizia che non comportino
aumenti di unità immobiliari, modifiche del volume, sagoma, prospetti
o superfici e - limitatamente agli edifici compresi nelle zone omogenee A -
che non comportino mutamenti della destinazione d'uso, non sono più sottoposti
a preventiva concessione edilizia o permesso di costruire ma a semplice denunzia
di inizio attività che, se mancante, non comporta l'applicazione di sanzioni
penali ma solo amministrative (cfr. art. 37 del D.P.R. citato).
Alla luce della mutata normativa di cui sopra, pertanto, l'intervento edilizio
oggetto di causa, essendo consistito nella demolizione e fedele ricostruzione
di un precedente manufatto (cd. "intervento fotocopia"), senza aumento
di unità immobiliari o modifiche della sagoma, prospetti, superfici,
né comunque mutamento della destinazione d'uso, deve ritenersi - quantomeno
per il tempo in cui è entrato in vigore il testo unico dell'edilizia
di cui al D.P.R. 380/2001 - non soggetto a preventiva concessione edilizia ovvero
permesso a costruire ma solo a denunzia di inizio attività la cui mancanza,
comunque, non comporta l'applicazione di sanzioni penali in capo all'imputato.
Quindi, poiché ex art. 2 c.p. si è verificata una "abolitio
criminis" della condotta di cui sopra, l'imputato non può che essere
mandato assolto dal reato di edificazione edilizia abusiva di cui all'art. 20
lettera B) della L. 47/85 perché il fatto non è più previsto
dalla legge come reato, attesa la temporanea e parziale abrogazione della predetta
norma limitatamente agli interventi edilizi sopra indicati.
P. A. va pertanto ritenuto colpevole dei soli reati di cui al capo
B) poiché relativi alla normativa sul cemento armato e per l'effetto
va condannato "in parte qua" alla pena equa di cui al dispositivo,
oltre al pagamento delle spese di giudizio, previo riconoscimento della continuazione
tra i due reati a lui contestati - ritenuto più grave quello di cui all'art.
13 della L. 1086/1971 - e concessegli le attenuanti generiche vista la sua sostanziale
incensuratezza.
Pena così determinata: pena base sull'art. 13 L. cit. 250 euro di ammenda,
ridotta a duecento euro ex art. 62-bis c.p., aumentata ex art. 81 cpv. c.p.
a 250 euro.
Dissequestro del manufatto ex art. 323 c.p.p. e immediata restituzione all'avente
diritto.
Motivazione riservata ex art. 544 co. III c.p.p.
P.Q.M.
Letto l'art.
530 c.p.p.,
ASSOLVE l'imputato dal reato a lui ascritto al capo A) perché il fatto
non è previsto dalla legge come reato.
Letti gli artt. 533, 535 c.p.p.,
dichiara l'imputato colpevole dei reati a lui ascritti al capo B) e ritenuta
la continuazione tra gli stessi, concesse le attenuanti generiche, lo condanna
alla pena di 250,00 (duecentocinquanta) euro di ammenda, oltre al pagamento
delle spese giudiziali.
Dissequestro del manufatto e immediata restituzione all'avente diritto a cura
degli ufficiali sequestranti.
Indica in gg. 30 il termine per i motivi.
Aversa, lì 22-3-2002
IL GIUDICE
Dott. Alberto Maria Picardi