Tribunale di Pisa, in composizione monocratica, Ordinanza 18 dicembre 2002

Cittadini extracomunitari - Violazione dell'art. 14, comma 5 ter, T.U. 286/98 - Applicazione dell'art. 14, comma 5 quinquies, T.U. 286/98 - Obbligatorietà dell'arresto - Questione di legittimitą costituzionale per violazione degli artt. 3, 13 e 97 Cost.
(D.lg. 25 luglio 1998, n.286, art.14)

X è stato tratto in arresto per rispondere del reato di cui all'art. 14.5 ter D.Lgs. 286/98 e succ. mod., perché in violazione dell'ordine impartito in data 4.11.2002 dal Questore di Vicenza ai sensi dell'art. 14.5 bis della medesima legge, di allontanarsi entro 5 giorni, si tratteneva nel territorio dello Stato italiano senza giustificato motivo.
Il P.M. ha chiesto la convalida dell'arresto ed il contestuale giudizio per direttissima, ai sensi dell'art. 14.5 quinquies legge cit.; purtuttavia, in sede di convalida, premesso che l'arresto è avvenuto nel rispetto dei presupposti normativi, ha sollevato l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 14.5 quinquies nella parte in cui prevede per il reato di specie l'arresto obbligatorio, in quanto contrastante con gli artt. 3, 13, 27, 97, 2 Costituzione


Osserva in diritto
Deve essere, innanzi tutto, ritenuta la rilevanza della questione, in quanto l'imputato è stato arrestato perché sorpreso nella flagranza del reato contestatogli, sono stati rispettati da parte della P.G. che ha proceduto all'arresto gli obblighi previsti dall'art. 386 C.p.p., così come le prescrizioni normative poste dagli artt. 390 e 391 C.p.p. al fine di procedersi alla convalida, per cui non vi è dubbio circa l'efficacia della misura.
Ritiene altresì questo giudice la non manifesta infondatezza dell'eccezione sollevata sotto i profili della norma de qua innanzi tutto rispetto all'art. 13 della Carta costituzionale.
Deve premettersi che l'istituto dell'arresto, in quanto mezzo di coazione della libertà personale, di un bene quindi tutelato dall'art. 13 Cost. che ne prevede la comprimibilità, se non in presenza di atti motivati dell'A.G., con l'adozione di provvedimenti provvisori da parte della P.G. solo in casi eccezionali di necessità ed urgenza, è disciplinato dagli artt. 380 e 381 C.p.p.; le ipotesi previste da tali norme devono dunque considerarsi tassative e non suscettibili di estensione analogica.
Va altresì rilevato che la misura dell'arresto appare strettamente correlata, per l'insieme sistematico della normativa di riferimento, all'applicazione e di misure coercitive, e prova di tale assunto si rinviene nell'art. 391.5 C.p.p., che prevede quale sviluppo funzionale della misura dell'arresto l'eventuale applicazione di misure coercitive; la norma, nella parte seconda, ribadisce ancor di più la correlazione fra la misura dell'arresto e quelle coercitive prevedendo che, allorquando l'arresto sia stato eseguito per uno dei delitti previsti dall'art. 381.2 C.p.p. ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito fuori dalla flagranza, l'applicazione della misura coercitiva è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274.1, lett. c) e 280 C.p.p. Ancora ne costituisce evidente conferma l'art. 121.1 disp. att. C.p.p., che prevede l'emissione da parte del P.M. di un decreto di liberazione immediate dell'arrestato, quando non ritenga di dover richiedere l'applicazione di misure coercitive.
Ciò premesso, e rilevato che il reato per cui si procede, sia per le previsioni edittali (essendo punito con l'arresto da sei mesi ad un anno) sia per tipologia (trattandosi di contravvenzione e non di delitto), non rientra nelle ipotesi di applicabilità delle misure coercitive, risulta del tutto irragionevole la limitazione della libertà personale.
Vero è che, in virtù dell'art. 121 disp. att. C.p.p., può essere disposta la liberazione immediate dell'arrestato, ma ciò comporta il ricorso al Giudice per le indagini preliminari per la convalida dell'arresto, oltre che al Giudice del dibattimento per la celebrazione del giudizio per direttissima; il tutto si traduce in un impiego di mezzi ed energie che appare non sorretto da una finalità processuale apprezzabile.
E' da sottolineare poi che l'arresto non appare ragionevole neppure in funzione dell'immediata espulsione dello straniero; la mancata sottoposizione alla custodia cautelare in carcere comporta, ai sensi dell'art. 13.3 D.Lgs. 286/98, che, salvo il ricorrere delle inderogabili esigenze processuali previste tipicamente dalla norma, venga rilasciato da parte dell'A.G. procedente il nullaosta al provvedimento di espulsione, di tal che è comunque assicurata l'esecuzione dell'espulsione ad opera del Questore.
La norma oggetto dell'eccezione della Pubblica Accusa non sembra quindi sottrarsi, neppure sotto questo aspetto, a profili di irragionevolezza e di non conformità al principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione dettati dagli artt. 3 e 97 della Carta costituzionale.
Non si ritiene ravvisabile invece un contrasto fra la norma e gli altri principi di rilevanza costituzionale, quali quello dettato dall'art. 27, che opera in materia di pena e dell'art. 2, che rimane assorbito nella più specifica problematica sollevata in riferimento agli artt. 3 e 13.

P.Q.M.

Visto l'art. 23 legge 11.3.1953 n. 87 dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal P.M. in ordine all'art. 14.5 quinquies D.Lgs. 286/98, come modificato dalla legge 189/02 nei limiti di cui in narrativa.
Sospende il giudizio di convalida dell'arresto e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Ordina la notificazione, a cura della Cancelleria, della presente ordinanza al Presidente del Consiglio ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Pisa, 18.12.2002

Il Giudice Monocratico
(Dott.ssa Dania Del Rosso)

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