Tribunale di Cassino, in funzione di giudice dell'esecuzione,
Ordinanza 13 novembre 2002
TRIBUNALE DI CASSINO
Sezione Penale
Il Giudice Dr. Francesco Mancini, quale giudice dell’esecuzione penale, letti gli atti del p.p.50/02 R. Esec. relativo a P. M., n. Casalattico il 3.7.56, condannato con sentenza del Pretore di Cassino del 6.5.99, irrevocabile il 16.10.01, alla pena di mesi uno e giorni quindici di arresto e £ 15.000.000 di ammenda per i reati di cui agli artt. 20 lett. B) L. 47/85, 20 L. 64/74 , 13 e 14 L. 1086/71;
provvedendo sulla istanza di rateizzazione della pena pecuniaria depositata dal P. in data 23.10.02;
premesso che nell’attuale quadro normativo il pagamento rateale della multa o dell’ammenda é beneficio concedibile dal giudice del merito con la sentenza od il decreto penale di condanna, avuto riguardo alle condizioni economiche del condannato (Cfr. art. 133 ter C.P.); ed è altresì provvedimento adottabile dal giudice dell’esecuzione nell'ambito del procedimento di riscossione delle pene pecuniarie, ai sensi dell’art. 238 DPR 30 maggio 2002 n. 115 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), che ha novellato l’art. 660 C.P.P. (Esecuzione delle pene pecuniarie);
premesso altresì che in vigore della precedente disciplina, la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità (Cfr. Cass. Pen., Sez. 1, sent. 02548 del 19.5.2000), aveva notevolmente esteso l'operatività dell'istituto, enunciando principi che, in definitiva, rendevano possibile la rateizzazione della pena in ogni momento della fase esecutiva, fatta salva naturalmente la preclusione imposta dal provvedimento che ne avesse ordinato la conversione; che, in particolare, si riteneva tale provvedimento concessorio adottabile indipendentemente dall’attivazione del procedimento di conversione della pena ed a prescindere da questo; che tale orientamento traeva spunto:
a) dal tenore letterale dell’art. 660 c.p., che subordinava la rateizzazione alla sola condizione della ritenuta sussistenza di “situazioni di insolvenza”, ovvero alla impossibilità di far fronte al debito con mezzi di pagamento ordinari; mentre ancorava la procedura di conversione all’accertata “impossibilità di esazione della pena pecuniaria o di una rata di essa”, ovvero all’accertamento dell’insolvibilità del condannato, intesa come situazione obiettiva idonea, per una qualsiasi ragione, ad impedire il recupero della somma;
b) dalla collocazione sistematica dell’istituto; l'art. 660 C.P.P., al comma 3, disciplinava infatti la rateizzazione della pena nell’ambito più generale del procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie, dotando l’istituto di una sua indubbia autonomia rispetto al procedimento di conversione, disciplinato dal comma precedente; dunque, non confinava la rateizzazione nel ristretto ambito della conversione, ma le forniva una valenza ed una sfera di operatività autonome;
rilevato che il T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, che persegue l'obiettivo di raccordare la nuova disciplina della riscossione, introdotta dal legislatore a partire dal 1996, con le previgenti norme del codice di procedura penale che prevedono la conversione delle pene pecuniarie, appare avere - anche per la parte che qui interessa - natura non meramente compilativa, ma introduce innovazioni normative che richiedono una riconsiderazione degli istituti tradizionali; che, in particolare, s'impone una valutazione dell'impatto della nuova disciplina sull'istituto della rateizzazione della pena pecuniaria, che prima facie pare connotato da una più puntuale scansione procedimentale e da un conseguente più ristretto margine di operatività;
osservato, infatti, che il titolo VI della parte VII del DPR 115/2002 disciplina la riscossione delle pene pecuniarie prevedendo le seguenti fasi procedimentali:
- quantificazione dell’importo dovuto (art. 211);
- notifica al debitore dell’invito al pagamento dell’importo dovuto, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo in caso di mancato pagamento entro i termini stabiliti (art. 212);
- iscrizione a ruolo, scaduto inutilmente il termine per il pagamento (art. 213);
- riscossione mediante ruolo, anche coattiva (artt. 224 e 225);
- attivazione, ad opera del P.M., della procedura di conversione delle pene a seguito della comunicazione, da parte del concessionario, relativa all’infruttuoso esperimento del primo pignoramento su tutti i beni del debitore (art. 227);
osservato, ancora, che nell’ambito della procedura di conversione delle pene pecuniarie il giudice dell’esecuzione – ora competente in luogo del magistrato di sorveglianza – deve disporre le opportune indagini per accertare l’effettiva insolvibilità del condannato; che all’esito di tali indagini, ove il debitore risulti solvibile, dispone che il concessionario riprenda la riscossione; mentre ove sia accertata l’insolvibilità, può disporre la rateizzazione della pena, il differimento della conversione o, qualora tali istituti siano in concreto inapplicabili o non producano l'effettiva riscossione del credito, la conversione stessa (art. 238);
ritenuto, alla luce del quadro normativo ora riassunto, che deve ritenersi superato l’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato (riconducibile a Cass. Pen., Sez. 1, sent. 02548 del 19.5.2000) che riteneva il provvedimento di rateizzazione della pena adottabile in fase esecutiva indipendentemente dall’attivazione del procedimento di conversione; che infatti entrambe le fondamenta su cui tale orientamento poggiava risultano travolte dalla nuova disciplina dettata in materia di spese; invero:
a) quanto alla collocazione sistematica degli istituti nella nuova disciplina, l’art. 238 cit. inequivocabilmente configura la rateizzazione della pena in sede esecutiva quale sub – procedimento accidentale attivabile esclusivamente nell’ambito della procedura di conversione della pena pecuniaria, ovvero solo dopo che infruttuosi si siano rivelati l’invito di pagamento e la riscossione coatta mediante pignoramento eseguito dal concessionario; dunque, quale una delle opzioni decisorie che discendono dall'accertamento della insolvibilità del condannato (differimento della conversione, conversione immediata, ovvero rateizzazione); in tal senso depone non solo l'oggettivo inserimento dell'istituto nelle strette maglie di una predeterminata concatenazione di atti, ma anche la stessa collocazione della sua disciplina all'interno un articolo eloquentemente rubricato proprio come "Conversione delle pene pecuniarie";
b) quanto al dato letterale, l’art. 238 DPR cit. ancora ad un medesimo presupposto, ovvero all’accertata “insolvibilità”, sia il provvedimento di rateizzazione della pena che quello di conversione; dunque, nessuno spunto esegetico può ormai trarsi dalla differente terminologia già utilizzata dal legislatore (“insolvenza” quanto alla rateizzazione ed "impossibilità di esazione” quanto alla conversione), essendo tale differenza venuta meno;
rilevato, ancora, che nessuna norma dell’ordinamento attribuisce al giudice il potere di concedere la rateizzazione della pena in sedi diverse da quelle del giudizio di merito o della procedura di conversione della pena; che, del resto, a favore di tale interpretazione milita altresì il disposto dell’art. 236 DPR 115/2002 che, nel disciplinare la riscossione delle pene pecuniarie rateizzate, reca espresso riferimento – quali fonti della rateizzazione – unicamente agli artt. 133 ter c.p. (giudizio di merito) ed all’art. 238 DPR 115/2002 (procedimento di conversione delle pene pecuniarie);
ritenuto, in conclusione, che il T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia ha innovato la disciplina previgente della rateizzazione della pena pecuniaria, escludendo che il giudice possa concederla in ogni momento della fase esecutiva e qualificandola, all'interno del più ampio procedimento di riscossione, come provvedimento adottabile esclusivamente nell’ambito della procedura di conversione della pena, ovvero solo dopo che infruttuosi si siano rivelati l’invito di pagamento e la riscossione coatta mediante pignoramento eseguito dal concessionario;
osservato che nella specie il P. ha avanzato l’istanza di rateizzazione della pena all’indomani dell’invito al pagamento notificatogli ex art. 212 DPR 115/2002, ovvero non nel giudizio di merito né nel procedimento di conversione della pena pecuniaria inflittagli, uniche fasi – processuali e procedimentali – in cui la stessa é da ritenersi ammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile l’istanza.
Si comunichi.
Cassino, lì 13.11.02
Il giudice
Dr. Francesco Mancini