Giudice di Pace di Guastalla,
Ordinanza 29 novembre 2002
Il Giudice di Pace
a scioglimento della riserva che precede, rileva quanto segue.
A) La sollevata questione di incostituzionalità deve ritenersi, allo stato degli atti, non rilevante ai fini della definizione del presente giudizio.
La difesa dell'imputato risulta infatti avere proposto istanza di patteggiamento con contestuale richiesta di rateizzazione della pena in sede di prima udienza del 27.09.2002.
Il Pubblico Ministero non risulta, tuttavia, ancora aver preso posizione in merito a tale istanza, limitandosi a rimettersi a giustizia in ordine alla questione di illegittimità sollevata.
Si deve infatti ritenere che la questione sollevata risulti destinata ad assumere rilevanza allorquando il Giudicante sia effettivamente chiamato a decidere in ordine alla richiesta di patteggiamento formulata.
Ciò può determinarsi allorquando il Pubblico Ministero abbia prestato il proprio consenso (a norma dell'art. 444, commi 1° e 2° del c.p.p.), ma, come già osservato, ciò non si è ancora verificato.
Ovvero, può determinarsi allorquando, avendo rifiutato il Pubblico Ministero (ex art. 446, comma 6° c.p.p.), il Giudice, dopo la chiusura del dibattimento, valuti ingiustificato il dissenso del Pubblico Ministero (ex art. 448, comma 1° c.p.p.), ma il giudizio non si trova ancora in detta fase.
B) La questione sollevata, nel merito, deve altresì essere ritenuta manifestamente infondata.
In termini generali, rientra infatti nella discrezionalità e politica giudiziaria del legislatore la possibilità di scelta delle tipologie di reati in relazione al quale prevedere l'applicabilità dell'istituto del patteggiamento.
Ragionevole deve essere ritenuta la scelta operata dal legislatore di escluderne espressamente l'applicazione (ai sensi dell'art. 2, lettera "g" del D. Lgs. 28 agosto 2000, n. 274) in relazione ai reati di competenza del Giudice di Pace, in considerazione della particolare semplificazione caratterizzante il relativo rito e, soprattutto, in considerazione del regime di minore afflittività caratterizzante il relativo trattamento sanzionatorio.
Ciò che deve essere valutato è se, nell'esercizio delle proprie astrattamente insindacabili attribuzioni di discrezionalità politica, il legislatore abbia creato effettivamente in relazione a talune fattispecie penali di competenza di questo Giudice - nel caso in esame, la guida in stato di ebbrezza - un vero e proprio vuoto legislativo, ovvero una situazione di assoluta disparità di trattamento in relazione ad altri reati ricadenti nella medesima competenza.
In proposito, l'impianto offerto dal D. Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 deve essere ritenuto chiaro.
Con riguardo ai reati perseguibili a querela, risulta infatti essere stata prevista la possibilità di addivenire ad una conciliazione tra le parti, ai sensi dell'art. 29, comma 5° della normativa citata, ad ampliamento, ovvero maggiore articolazione processuale del tradizionale istituto della remissione di querela.
In relazione sempre alle fattispecie perseguibili a querela, e - in senso di letterale aderenza al testo - nelle ipotesi di reato di danno, la normativa in questione ha previsto la possibilità di addivenire alla estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie, ai sensi dell'art. 35 del Decreto citato.
Fatta salva l'applicabilità, secondo i principi generali, dell'istituto dell'oblazione, il legislatore ha poi previsto, quale ipotesi di possibile definizione alternativa del procedimento, di carattere generale, quella di cui all'art. 34 D. Lgs. citato, ovvero la esclusione della procedibilità per particolare tenuità del fatto.
Tale istituto deve essere ritenuto pienamente applicabile - ove in concreto, ve ne siano i presupposti - alla guida in stato di ebbrezza.
A norma dell'art. 34, infatti, il fatto deve essere ritenuto di particolare tenuità quando "rispetto all'interesse tutelato, all'esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza" risulti non essere giustificato l'esercizio dell'azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento possa arrecare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato.
Non è ostacolo alla astratta applicabilità dell'istituto in questione al reato di guida in stato di ebbrezza la previsione di un limite legale per la definizione dello "stato di ebbrezza", posto che, in ogni caso, l'ipotesi dell'art. 34 citato postula che il fatto-reato risulti completo di tutti i suoi elementi costitutivi, ancorché definiti in base a parametri e livelli di misurazione normativamente predeterminati.
Recenti pronunce del Giudice di Pace di Bologna hanno infatti dato applicazione all'ipotesi dell'art. 34 menzionato al reato in questione, valorizzando livelli di rilevazione del tasso alcolico nel sangue particolarmente esigui - ancorché pur sempre integranti il limite legale - e taluna delle altre circostanze menzionate dell'art. 34, comma 1° del D. Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
Essendo stata dunque, l'eccezione di incostituzionalità in esame, sollevata anche con riferimento al capo V° della normativa predetta e, in ogni caso, per le argomentazioni appresso enunciate, deve ritenersi esclusa la violazione dell'art. 3 della Costituzione, come derivante dalla norma di cui all'art. 2, lettera "g" del D. Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
p.q.m.
- respinge l'eccezione di incostituzionalità sollevata in quanto non rilevante allo stato degli atti ai fini del presente giudizio, ed in quanto manifestamente infondata
- dispone la prosecuzione del procedimento alla trattazione di eventuali ulteriori questioni preliminari.
Guastalla, 29.11.2002
Il Giudice di
Pace
Dott. Avv. Stefano Moretti
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