Tribunale di Siena, in composizione monocratica,
Sentenza 29 ottobre - 26 novembre 2001

P M,  P G,  M M,  M F,  L E,

imputati:

A) del delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 1, 81 cpv, 340 CP, per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, in numero di cinque compartecipi, unitamente ad altri coetanei minorenni, per i quali procede altra competente AG, impedito, interrotto e comunque turbato il regolare svolgimento dell’attività didattica nel locale liceo scientifico statale _____ da loro frequentato, nelle ore di lezione;

B) del delitto di cui agli artt. 110, 112 n. 1, 81 cpv, 633, 61 n. 2 CP, per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, in numero di cinque compartecipi, unitamente ad altri coetanei minorenni, per i quali procede altra competente AG, invaso e comunque occupato arbitrariamente l’edificio pubblico statale ove ha sede il liceo scientifico _____ e tanto anche al fine di consumare il reato sub capo A. Accertato in Siena, il 9.11.1999.

FATTO E DIRITTO

Con decreto di citazione emesso dal Pm il 28.3.2001 M P, G P, M M, F M ed E L sono stati tratti in giudizio per rispondere dei delitti di interruzione di un servizio pubblico (art. 340 CP) e di invasione di edificio (art. 633 CP) per avere, il 9.11.1999, impedito, interrotto o turbato il regolare svolgimento dell’attività didattica e per avere invaso o comunque occupato l’edificio pubblico sede del liceo scientifico statale _____ di Siena.

Il processo si è svolto, alla presenza degli imputati, nelle forme del giudizio abbreviato e si è concluso con l’assoluzione di tutti i comparenti per insussistenza dei fatti loro ascritti, con indicazione di un termine di 30 giorni per il deposito della motivazione.

Gli atti d’indagine, inseriti nel fascicolo processuale in ragione del rito abbreviato, hanno consentito una compiuta ricostruzione dei fatti da cui sono scaturite le riferite imputazioni.

Alle 13,30 del 9.11.1999 agenti della DIGOS, su richiesta della prof.ssa _____, preside della scuola, intervennero nel liceo scientifico _____ ove 34 studenti, in modo autonomo, senza preavviso o assemblea, avevano deciso di “occupare” l’istituto.

In particolare, nel corso della mattinata, alcuni studenti avevano proposto una sorta di votazione su un’eventuale occupazione, facendo circolare per le classi un foglio che i giovani, favorevoli o contrari all’iniziativa, dovevano sottoscrivere, e la maggior parte degli 800 studenti del liceo risultò contraria all’iniziativa alla quale, invece, aderirono solo alcune decine di essi.

I poliziotti identificarono 34 occupanti - i 5 odierni imputati ed altri giovani minorenni - i quali dichiararono di non volere abbandonare l’edificio (annotazione della DIGOS; denuncia e sommarie informazioni della _____; sommarie informazioni rese al difensore di alcuni imputati, ex art. 391 bis III comma CPP, dall’insegnante _____).

Ciò premesso in fatto, al fine di stabilire se le condotte concretamente poste in essere dai giudicabili siano sussumibili alla fattispecie dell’invasione di edifici, è dato rilevare che, superato il possibile equivoco derivante dall’omogeneità delle parole a confronto, l’occupazione studentesca di un edificio scolastico non consiste in un’azione necessariamente identica a quella dell’”invasione di un edificio al fine di occuparlo”, evocata dalla norma penale.

La ratio dell’art. 633 CP è quella di proteggere il patrimonio immobiliare da arbitrarie intromissioni altrui, sicché, come è stato chiarito recentemente dalla Cassazione: “...il concetto d’”invasione” va ricondotto ad una qualunque introduzione dall’esterno, con modalità violente...” (Cass., sez. II, sent. n. 1044 del 30.3.2000).

Il nucleo essenziale della condotta tipica - l’accesso arbitrario o violento all’edificio altrui - non è rintracciabile nella condotta degli odierni imputati, a meno di non aderire ad un’interpretazione analogica in malam partem della disposizione penale, operazione ermeneutica vietata dall’ordinamento.

Da un lato, infatti, gli studenti non hanno invaso l’edificio scolastico nel quale semmai si sono trattenuti, senza autorizzazione, durante il pomeriggio; d’altro canto, difetta l’altruità dell’edificio, secondo quanto è stato recentemente sottolineato dalla giurisprudenza più avvertita e sensibile alla complessità ed importanza del fenomeno della formazione scolastica dei giovani, che ha stabilito che: “....la scuola, anche in forza del D.P.R. n. 416/1974 costituisce una realtà non estranea agli studenti, nel senso, cioè, che gli studenti non sono dei semplici frequentatori, ma soggetti attivi della comunità scolastica a mezzo di una partecipazione nella gestione, che conferisce un ben più incisivo potere-dovere di collaborazione, di protezione e di conservazione della stessa, nonché d’iniziativa per il miglioramento delle strutture e dei programmi d’insegnamento; e non sembra, invero, configurabile un loro limitato diritto d’accesso all’edificio scolastico nelle sole ore in cui è prevista l’attività didattica in senso stretto.” (Cass., sent. 30.3.2000 cit.).

I fatti oggetto del processo sono estranei all’area dell’illecito penale - necessariamente ristretta alle più gravi ed intollerabili aggressioni dei beni giuridici tutelati dall’ordinamento - e costituiscono l’esercizio da parte degli studenti di alcuni fondamentali diritti degli individui, quali il diritto di riunirsi pacificamente (art. 17 Cost.), il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, che comprende il diritto di critica (art. 21 Cost.; Cass., sez. VI, sent. n. 7822 del 16.6.1999).

L’esplicazione di questi diritti fondamentali da parte dei giovani è funzionale all’auspicabile risultato di un’effettiva partecipazione degli studenti alla vita della comunità scolastica della quale essi sono, insieme al corpo insegnante ed al personale amministrativo, i principali soggetti attivi.

Eventuali irregolarità nel comportamento degli imputati, di rilevanza tale da non determinare l’interruzione o la turbativa dell’esercizio dell’attività didattica ed il pregiudizio del diritto allo studio della collettività degli studenti, anch’esso costituzionalmente protetto (art. 34 Cost.), riconducibili, per esempio, al mancato tempestivo avviso alle autorità scolastiche dell’iniziativa assunta, rivestono, a giudizio del tribunale, esclusiva valenza disciplinare, posto che si è accertato che l’occupazione della scuola non è stata attuata mediante azioni particolarmente invasive, quali: il blocco delle lezioni, l’espulsione dei docenti, il blocco degli accessi alla scuola ed il divieto di accesso a tutti, esclusi gli occupanti.

Queste considerazioni inducono a rimarcare la stretta correlazione esistente tra l’occupazione studentesca penalmente rilevante e l’interruzione del pubblico servizio didattico, nel senso che l’occupazione riconducibile all’art. 633 CP si verifica quando gli occupanti interrompono o turbano le attività che si svolgono nella scuola.

La ratio dell’art. 340 CP consiste nella tutela del buon andamento e della regolarità del funzionamento dei vari settori della pubblica amministrazione.

A questi concetti non bisogna attribuire un limitato significato formalistico, secondo cui il bene giuridico è effettivamente tutelato solo se è preservata l’intangibilità assoluta della PA.

Si tratta, invece, di compiere una verifica più sottile volta a stabilire quale sia l’obiettivo politico-sociale cui è finalisticamente orientato il servizio pubblico che si assume violato dall’azione delittuosa; in altri termini, si pone il problema della concretizzazione e specificazione dei beni giuridici “superindividuali”, al fine di riempire di contenuti categorie giuridiche altrimenti vaghe e generiche.

L’attività didattica mira alla formazione degli studenti, nell’ambito delle diverse materie, secondo determinati programmi di studio.

Contrariamente ad altri servizi pubblici, tale attività non postula “necessariamente modalità predeterminate e rigide concatenazioni di puntualità temporale”, potendo gli scopi che essa si prefigge essere raggiunti anche attraverso “modalità” e “tempi più liberi ed elastici” (Cass., sez. VI, sent. n. 2723 del 21.3.1997).

E’ stato accertato, attraverso le dichiarazioni della preside e degli altri insegnanti, che la maggior parte degli studenti ha continuato a fare lezione; i professori hanno regolarmente effettuato l’attività didattica programmata alla presenza di un gran numero di alunni, e le lezioni non hanno subito alcuna significativa interruzione o disturbo da parte degli occupanti (denuncia e sommarie informazioni della ______; sommarie informazioni dei professori _____).

Le doglianze espresse dalla preside, secondo cui le lezioni si sono svolte in una situazione di confusione, chiasso e di sporco a causa dell’occupazione, a giudizio del tribunale configurano una sensazione soggettiva di disturbo o fastidio - sicuramente legittima in chi, come la preside, è istituzionalmente chiamato ad assicurare la funzionalità del servizio d’insegnamento nella scuola - il che, però, non significa che i denunciati “disservizi” abbiano inciso in modo penalmente apprezzabile rispetto all’espletamento dell’attività didattica.

Quest’ultimo servizio, in relazione alla citata distinzione tra i tipi di servizi pubblici, consiste in un’attività elastica, esercitabile e fruibile anche in condizioni non ottimali, la quale, stando alle testimonianze degli stessi docenti, non è stata impedita, né interrotta né sostanzialmente turbata dalla riferita condotta degli imputati.

Non è, quindi, ravvisabile alcuna obiettiva, e non solamente potenziale, lesione del bene giuridico tutelato dall’art. 340 CP (Cass., sez. VI, sent. n. 338 del 6.6.1967; Pretore di Roma, 30.1.1992).

Per tutte queste ragioni, essendo pienamente condivisibili le argomentazioni addotte dai difensori dei comparenti, gli imputati sono stati assolti dalle accuse a loro carico per insussistenza del fatto.

P.Q.M.

Il Tribunale visti gli artt. 442, 530 CPP assolve M P, G P, M M, F M, E L dai delitti loro ascritti perché il fatto non sussiste.

Visto l’art. 544 III comma CPP indica in 30 giorni il termine per il deposito della sentenza.

Siena, 29 ottobre 2001

Il giudice
Riccardo Guida

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