Tribunale
di Avellino, in composizione monocratica,
Ordinanza 13 luglio 2001
Il Tribunale
di Avellino
in composizione
monocratica
alla pubblica udienza del 13 luglio 2001 nella causa penale contro
ha pronunciato la seguente
ordinanza
sulla richiesta formulata dalla parte civile di procedere a contestazione ex art. 500 c.p.p., in relazione alle dichiarazioni precedentemente rese, nei confronti dell’imputato di procedimento connesso ex art. 210 c.p.p., P. E. (il quale si è avvalso della facoltà di non rispondere, ai sensi dell’art. 210, comma 4, c.p.p.);
premesso che la principale novità introdotta dalla legge n. 63/01 nel corpo del comma 5 dell’art. 210 c.p.p. è la richiamata applicabilità, nel caso in cui si proceda all’esame di imputato in procedimento connesso, dell’art. 500 e non più dell’art. 503 codice di rito, sicché -conformemente agli insegnamenti della Corte Costituzionale (sentenza n. 361/98)- all’esame di siffatte figure processuali si applica integralmente il regime delle contestazioni previsto per il testimone, mentre risulta, oggi, integralmente preclusa la possibilità di recupero delle dichiarazioni di cui al comma 5 dell’art. 503 c.p.p.;
ritenuto, pertanto, che –nell’ipotesi (come quella in cui si controverte) nella quale il dichiarante rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la responsabilità di altri- non sia, nell’attuale assetto normativo, in alcun caso consentito procedere a contestazione, non potendo più trovare applicazione l’art. 500, comma 2bis, c.p.p. (richiamato dalla giurisprudenza costituzionale del 1998), giacché abrogato, e neppure il comma 4 del medesimo articolo, il quale presuppone comunque un diverso contesto processuale (accertata sottoposizione dell’esaminando a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro affinché non deponga);
ritenuto che la proposta interpretazione sia, da un lato, la più adeguata all’esegesi di tipo sistematico della norma in esame, e, dall’altro, la più conforme al mutato contesto costituzionale di riferimento, giacché –quanto al primo profilo- l’attuale regime delle contestazioni in sede di testimonianza presuppone pur sempre una dichiarazione da parte dell’esaminando, e non un rifiuto di rispondere (cfr. altresì l’attuale regolamentazione prevista per l’ipotesi di risposte parziali ex art. 500, comma 3, c.p.p., con conseguente sanzione di inutilizzabilità processuale, la quale non può non valere per l’ipotesi maggiore, di assoluta sottrazione del teste all’esame di tutte le parti e con riferimento a dichiarazioni non rese in sede dibattimentale, ma in precedente fase processuale); quanto al secondo profilo, valga il riferimento al principio di rango costituzionale, di cui al novellato art. 111, co 4, Costituzione (principio del contraddittorio nella formazione della prova);
P.Q.M.
rigetta la richiesta dell’avvocato di parte civile e dispone procedersi oltre.
Avellino, 13 luglio 2001
Il
giudice
dott. Davide Di Stasio