Tribunale di Roma, Sezione Sesta Penale, in composizione monocratica,
Ordinanza 18 ottobre 2000

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
Sezione Sesta Penale

Il Giudice,
a scioglimento della riserva,

OSSERVA

la difesa di P. G. ha chiesto al Giudice di sollevare questione di legittimità costituzione relativa all'art. 83 c.p.p., nella parte in cui non consente all'imputata, al di fuori del limitato ambito della responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli (già oggetto di pronuncia additiva della Corte Costituzionale n. 122 del 1988), di citare in giudizio, come responsabile civile, l'azienda ospedaliera XXX (ove questa presta la propria attività professionale), unitamente alla società assicuratrice dell'ente (la YYY S.p.a.). Tale norma processuale contrasterebbe, ad avviso della difesa, con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto la posizione del convenuto chiamato a rispondere del proprio fatto illecito in un autonomo giudizio civile e quella dell'imputata nei confronti della quale vi sia stata, per il medesimo fatto, costituzione di parte civile nel processo penale, sono identiche, con la conseguenza che precludere l'esercizio di tali facoltà nell'ambito del giudizio penale costituirebbe una violazione del principio di uguaglianza e del diritto di difesa dell'imputata. Inoltre, sussisterebbe, nel caso in esame (ipotesi di omicidio colposo conseguente a colpa professionale), una simmetria con il principio già espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 112 del 1988, con cui ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 83 c.p.p., nella parte in cui non prevede, in caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 24 dicembre 1969, n. 990, l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato.

Tale eccezione, non può essere, ad avviso di questo Giudice, essere condivisa.

La necessità di consentire anche all'imputato la possibilità di coinvolgere, nella pretesa di danno avanzata dalla parte civile, il civilmente responsabile, risponde all'esigenza di poter estendere nei confronti di quest'ultimo gli effetti della pronuncia di condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni, quale soggetto tenuto, ex lege, a tenere indenne l'imputato dalle pretese risarcitorie avanzate dal danneggiato. L'art. 1917 ultimo comma c.c. conferisce all'assicurato il potere di chiamare direttamente in causa, nel processo civile, l'impresa assicuratrice che, a norma del comma 2 del medesimo articolo e ai sensi della legge 24.12.1969, n. 990, è tenuta a mallevarlo dalle richieste di risarcimento del danno avanzate dal danneggiato. Con la chiamata in garanzia dell'assicuratore, il chiamante esercita anticipatamente l'azione di regresso verso il chiamato. Evidente dunque il parallelismo, nel caso di specie, tra il rapporto processuale civile nella sua sede naturale e l'analogo rapporto che viene ad instaurarsi nel processo penale a seguito della costituzione della parte civile. Sotto questo profilo la modifica integrativa dell'art. 83 c.p.p. apportata dalla Corte soddisfa l'interesse dell'imputato a vedere dichiarata la responsabilità solidale del civilmente responsabile in caso di condanna. In questa ipotesi i rapporti interni tra imputato e responsabile civile sono regolati dalle pattuizioni contrattuali e dalla disciplina legale ed inderogabile del rapporto assicurativo che esclude il regresso dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato e accorda a quest'ultimo il potere di chiamare in causa il primo. Pertanto, l'assicuratore, condannato in solido con l'imputato e richiesto del pagamento dalla parte civile, effettuando il pagamento adempie l'obbligo contrattualmente ed ex lege assunto nei confronti dell'assicurato.

Nelle altre ipotesi di responsabilità civile, invece, il responsabile civile dispone, nei confronti dell'autore dell'illecito, di un'azione di regresso. Così ad esempio, il committente ha regresso per l'intero verso il commesso, laddove, se egli fosse considerato concausa colpevole del fatto dannoso, avrebbe soltanto un regresso parziale.

Quanto al caso in esame è necessario premettere che il medico, nel processo civile, risponde, per i danni cagionati al paziente nell'esercizio dell'attività professionale, a titolo contrattuale. Pertanto, non può assolutamente condividersi l'assunto difensivo secondo cui l'azienda ospedaliera sarebbe l'unico soggetto tenuto a rispondere civilmente del danno del medico (non dovuto a dolo o colpa grave), in forza di precise leggi dello stato (testo unico degli impiegati civili). La giurisprudenza unanime ritiene che la responsabilità dell'ente ospedaliero, gestore di un servizio pubblico sanitario e del medico suo dipendente per i danni subiti da un privato a causa della non diligente prestazione medica, inserendosi nell'ambito del rapporto giuridico pubblico o privato tra l'ente gestore ed il privato che ha richiesto ed usufruito del servizio ha natura contrattuale di tipo professionale. Ne consegue che la responsabilità diretta dell'ente (che quindi il danneggiato può citare direttamente indipendentemente dal medico) e quella del medico, inserito organicamente nell'organizzazione del servizio, sono disciplinate in via analogica dalle norme che regolano la responsabilità in tema di prestazione professionale medica in esecuzione di un contratto d'opera professionale, senza che possa trovare applicazione nei confronti del medico la normativa prevista dagli artt. 22 e 23 del D.P.R. 10.10.1957, n. 3 con riguardo alla responsabilità degli impiegati civili dello stato per gli atti compiuti in violazione dei diritti dei cittadini (cfr. Sez. III, 1.3.1988, n. 2144; Sez. III, 27.5.1993, n. 5939; Sez. III, 11.4.1995, n. 4152; Sez. III, 27.7.1998, n. 7336; Sez. III, 2.12.1998, n. 12233; Sez. III, 8.1.1999, n. 103; Sez. III, 22.1.1999, n. 589; a questo proposito occorre anche precisare che, laddove opera la normativa prevista dal T.U. sugli impiegati civili, l'ente conserva comunque il diritto di regresso, escluso soltanto per alcune categorie di soggetti, ad es. gli autisti).

Il danneggiato potrebbe poi citare, o ai sensi dell'art. 2049 c.c., l'A.S.L. o l'azienda ospedaliera "quale padrone o committente" dell'autore dell'illecito, anche in via diretta omettendo la citazione del medico (si pensi ad es. ai casi in cui si è verificato il danno ma non è ben individuato l'autore dell'illecito, essendosi occupati del paziente diversi medici). In tal caso, non sarebbe necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti del medico, in quanto i titoli della responsabilità divergono tra di loro (cfr. Sez. III, 28.4.1972, n. 1343, Agria/Giacomelli; Sez. L., 21.7.1979, n. 4358, Durbiano/Toro ass.). La condanna poi pronunciata nei confronti dell'ente ospedaliero consentirebbe a quest'ultimo di agire in via di rivalsa nei confronti del medico autore dell'illecito. Discutibile poi è se il medico possa o meno chiamare in giudizio l'A.S.L. Certamente non a titolo di garanzia, in quanto tale soggetto non è, a differenza delle imprese di assicurazione, tenuto a mallevare il medico dalla pretesa risarcitoria avanzata dal danneggiato. Né, poi, quale responsabile civile ex art. 2049 c.c., in quanto, come si è detto, l'A.S.L. non è tenuta a tenere indenne il medico e non sussiste, in tal caso, un'ipotesi di litisconsorzio necessario (l'unica ipotesi, che però esula dal caso in esame, è quella in cui il medico sostenga che la condotta colposa sia ascrivibile anche all'ente iure proprio, ad es. per difetti strutturali o carenza e mal funzionamento dei macchinari).

Ma anche qualora il medico sia stato citato dal danneggiato unitamente all'A.S.L. (nei cui confronti può agire anche in via contrattuale qualora sia intervenuta apposita pattuizione) e il processo civile si concluda con una pronuncia solidale di condanna, nulla precluderebbe all'A.S.L. esecutata di agire in via di regresso contro il medico.

Né, infine, l'interesse difensivo dell'imputato alla citazione ex art. 83 c.p.p. potrebbe individuarsi nella presenza di un soggetto - l'impresa di assicurazione Assitalia - tenuta a mallevare l'azienda ospedaliera contro le eventuali conseguenze derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi, posto che trattasi di contratto stipulato tra l'azienda e la società di assicurazione, in cui il medico non riveste la qualità di parte contraente, con la conseguenza che neppure nel giudizio civile sarebbe consentito all'imputato chiamare in garanzia tale società.

In conclusione, non sussiste tra il caso oggetto del presente processo e quello sottostante al giudizio oggetto della pronunzia di costituzionalità alcuna simmetria, tale da ritenere esistente, a seguito della corretta applicazione della norma processuale censurata, una violazione dei parametri costituzionali invocati dalla difesa dell'imputata (art. 3 e 24 Costituzione).

P.Q.M.

Respinge l'eccezione di costituzionalità sollevata dalla difesa dell'imputata P. G. e ordina procedersi oltre. Fissa per la prosecuzione del processo l'udienza del , autorizzando il P.M. alla citazione dei testi indicati in lista per detta udienza. Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di rito a tutte le parti.

Roma, lì depositata in cancelleria il 18 ottobre 2000.

Il Giudice
dott. Giovanni Ariolli

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