Tribunale di Siena, in composizione monocratica,
Sentenza 23 ottobre - 20 novembre 2000

FATTO E DIRITTO

Con decreto di citazione emesso dal GIP di Siena il 24.5.1999, a seguito d'opposizione a decreto penale di condanna, S. M. è stato tratto in giudizio per rispondere dei reati descritti in epigrafe.
Il processo, svoltosi alla presenza dell'imputato, si è articolato nell'audizione di un teste e nell'acquisizione degli atti e documenti prodotti dalle parti.
All'esito del dibattimento, accusa e difesa hanno concluso com'è scritto nel verbale ed è stato pronunciato il dispositivo della sentenza d'assoluzione, fondata su questi motivi (con indicazione di un termine di 30 giorni per il deposito della motivazione).
L'iter istruttorio ha permesso di accertare con chiarezza l'infondatezza delle contestazioni a carico del M. che, quale titolare della X S.n.c., con dichiarazione del 21.10.1995, comunicò l'inizio di un'attività di agenzia per la raccolta di scommesse in collegamento con allibratori (bookmakers) stranieri.
Il questore di Siena, con provvedimento del 31.10.1995, vietò la prosecuzione di quest'attività, ritenendo che essa fosse disciplinata dall'art. 88 TULPS e dall'art. 161 del regolamento d'esecuzione di detta legge, e che l'esecuzione della puntata da parte dello scommettitore fosse in parte soggetta alla sorte (vedi l'ordinanza del questore di Siena del 31.10.1995).
Nel novembre 1996, in seguito ad un sopralluogo, la polizia accertò che l'agenzia del M. era ancora in attività (vedi la deposizione del teste M. L., ispettore superiore della squadra mobile della questura di Siena).
Tanto premesso in fatto, l'addebito che viene mosso al M. è quello, descritto dall'art. 4 L. n. 401/1989, di "avere esercitato abusivamente attività di gioco e scommesse dirigendone l'organizzazione" (vedi l'imputazione).
Sebbene le indagini degli inquirenti non abbiano permesso di accertare quale fosse l'attività in corso nell'agenzia del M., poiché l'ispettore L. si limitò a verificare che l'agenzia era "aperta" senza approfondire se fossero in atto scommesse su competizioni, pronostici, giochi o quant'altro, è ragionevole affermare che l'agenzia del M. raccogliesse le "puntate" su eventi sportivi internazionali per conto della Dynocite Limited operante col marchio SSP International Sports Betting, per poi trasmetterle per via telematica al bookmaker inglese e che, infine, effettuasse il pagamento in relazione alle puntate vincenti (vedi l'autorizzazione della Dynocite Limited del 6.9.1995).
La Cassazione ha affermato che rientra nella previsione dell'art. 4 L. n. 401/1989 anche "l'esercizio di attività di scommesse su competizioni che si svolgono all'estero", quale attività che, pur se diversa dalle scommesse e concorsi pronostici riservati allo stato italiano o ad altri enti concessionari, attiene all'"organizzazione abusiva di pubbliche scommesse su altre competizioni di persone o animali o giochi di abilità" (vedi, ex plurimis, Cass., sez. III, sent. n. 2449 del 18 giugno 1997).
A giudizio della Suprema Corte, inoltre, si avrebbe una "partecipazione all'organizzazione" ogniqualvolta l'agente dà un contributo efficiente all'attività organizzata, ancorché tale contributo non costituisca un "presupposto indefettibile di operatività" (vedi la menzionata sentenza).
E' opinione di chi scrive, invece, che l'attività di booking svolta dall'agenzia del M. non sia sussumibile in alcuna delle ipotesi previste dall'art. 4 L. n. 401/1989.
L'attività dell'imputato, sul piano civilistico, sarebbe rapportabile, sotto vari profili, alla figura dell'intermediazione giacché l'agenzia senese del M. aveva il compito di mettere in relazione i giocatori (italiani) con il bookmaker inglese.
Il M. non "organizzava" le scommesse in quanto gli aspetti organizzativi dell'attività - riconducibili alla scelta dell'evento sportivo su cui scommettere, all'individuazione delle quote, all'assunzione del rischio d'impresa ecc. - facevano capo direttamente all'allibratore inglese.
La norma sanzionatoria ravvisata dalla Cassazione non è suscettibile di assumere l'ampia portata riconosciutale dal giudice di legittimità, pena la violazione del divieto d'interpretazione analogica in malam partem delle leggi penali, desumibile dall'art. 14 disp. prel. C.C.
Del resto, l'applicabilità di questa norma va esclusa già a priori in quanto essa, per come è collocata tra le varie figure di esercizio abusivo di scommesse, disciplina il divieto di pubbliche scommesse su competizioni che si svolgono in Italia.
A stretto rigore la fattispecie che meglio si attaglia al caso in esame è quella che vieta la partecipazione alle operazioni inerenti alle manifestazioni di sorte di stati esteri, poiché, come si è detto, le giocate riguardavano competizioni che si svolgevano al di fuori dell'ambito nazionale.
Neppure questa previsione, però, sanziona il comportamento dell'agente, poiché l'aspetto caratterizzante questo reato è dato dall'aleatorietà della manifestazione estera su cui gli scommettitori effettuano la puntata ("manifestazione di sorte di stati esteri").
Il risultato di un evento sportivo dipende essenzialmente dal complesso di capacità (psicofisiche, tecniche, tattiche ecc.) di cui sono dotati gli atleti che partecipano alla gara, sicché il pronostico sull'esito dell'incontro, generalmente, non è collegato ad una scelta del tutto casuale e, perciò, aleatoria dello scommettitore che, al contrario, si avvale della propria competenza e specifica conoscenza dello sport cui si riferisce la sua giocata.
L'eventuale estensione della fattispecie ad ipotesi in cui la scommessa non verta su manifestazioni estere di mera sorte, configgerebbe con l'anzidetto principio di tassatività della norma penale.
In definitiva, la partecipazione del M., non già all'organizzazione, quanto all'attività di scommesse su eventi sportivi esteri, in veste di intermediario tra la società londinese e lo scommettitore, costituisce una condotta estranea ad ognuna delle fattispecie criminose descritte dall'art. 4 L. n. 401/1989.
Per questo motivo l'imputato è stato assolto da tale contestazione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Per quanto concerne la violazione da parte del M. dell'ordinanza del questore di Siena del 31.10.1995, è dato rilevare che quel provvedimento amministrativo di divieto era privo del requisito di "legalità".
Il M. non "esercitava le scommesse" su competizioni straniere ma svolgeva un ruolo d'intermediario tra lo scommettitore ed il bookmaker estero e, conseguentemente, la sua attività non abbisognava della licenza prevista dall'art. 88 TULPS.
Da ciò discende la necessità di disapplicazione del provvedimento amministrativo di divieto, non legalmente adottato, e la declaratoria d'insussistenza della contravvenzione di cui all'art. 650 CP, fattispecie che postula la violazione di un ordine legittimo dell'autorità.

P.Q.M.

Il Tribunale di Siena, visto l'art. 530 CPP assolve S. M. dal reato di cui all'art. 650 CP perché il fatto non sussiste; assolve l'imputato dal reato di cui all'art. 4 L. n. 401/1989 perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Visto l'art. 544 III comma CPP indica in 30 giorni il termine per il deposito della sentenza.

Siena, 23 ottobre 2000

Il Tribunale

Depositata il 20 novembre 2000

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