Tribunale per il Riesame di Perugia,
Ordinanza 20-21 settembre 2000
(con nota di Carlo Alberto Zaina)

TRIBUNALE DI PERUGIA
SEZIONE PENALE E RIESAME


N. 229/2000 R.M.C.
e N.ri 231/00 e 237/00 R.M.C.
N. 8547/00 NR - P.M. sede
N. 5218/00 R. GIP sede

TRIBUNALE DI PERUGIA
SEZIONE PENALE

Il Tribunale di Perugia. riunito in camera di consiglio, composto dai magistrati:
1) dott. Paolo NANNARONE PRESIDENTE
2) dott. M. Giuseppina FODARONI GIUDICE
3) dott. Massimo RICCIARELLI GIUDICE

Con provvedimento in data 12?8?2000 il GIP presso questo Tribunale, accogliendo specifica richiesta del P.M., ha convalidato il sequestro di P.G. di una serie di vetture, eseguito nella notte tra il 4 e il 5 agosto, e disposto il sequestro preventivo dei medesimi veicoli, assumendo che questi ultimi, utilizzati dai rispettivi conducenti per appartarsi con una prostituta, per. consumare con essa un rapporto sessuale e per riaccompagnare al termine la ragazza nel luogo in cui era stata prelevata, sarebbero dovuti considerarsi cose pertinenti al reato di favoreggiamento della prostituzione tanto da renderne legittimo il sequestro, sia al fine di impedire l'agevolazione di condotte consimili sia in funzione della possibile confisca.
Hanno proposto separate istanze di riesame XXXXX XXXX e XXXX XXXX chiedendo la restituzione delle vetture a ciascuno di loro sequestrate.
Negli atti di impugnazione è stata dedotta l'insussistenza dei presupposti necessari per far luogo al sequestro, sia sotto il profilo del fumus di reato, sia sotto quello del periculum.
All'udienza del 20?9?2000 i separati procedimenti sono stati riuniti e congiuntamente discussi, previo rituale deposito da parte del P.M. di memoria con allegati.

RITENUTO

Il Tribunale, investito dalle surrichiamate istanze di riesame, deve prima di tutto verificare se la condotta che ha originato l'iniziale sequestro di P.G. e poi il decreto del GIP sia o meno idonea ad integrare l'ipotizzato delitto di favoreggiamento della prostituzione.
Nell'esame di una tale questione non possono in alcun modo interferire valutazioni connesse all'efficacia della misura adottata ovvero, per converso, considerazioni ingenerate da traumatici episodi di cronaca, in varia guisa correlati con la materia de qua. .
A dir il vero il fenomeno della prostituzione non può più essere valutato solo nell'ottica della tutela del buon costume e della pubblica moralità, in quanto intorno ad esso oggi si muovono rilevanti interessi di bande malavitose, agguerrite e spesso feroci, che pongono in serio pericolo l'ordine pubblico e sfruttano oltre ogni limite l'attività di giovani malcapitate di origine extracomunitaria, previamente introdotte nello Stato in modo clandestino e poi non di rado ridotte in schiavitù.
Si impongono dunque nuove scelte di politica, criminale, che a discrezione del legislatore potrebbero spaziare dalla creazione di ambiti lavorativi protetti (a patto che non residui una
rilevante offerta al di fuori di essi) fino alla diretta responsabilizzazione, in varie forme, dei c.d. "clienti" delle prostitute.
E propria secondo tale ultima direttrice si è mossa l'operazione di P.G., poi avallata dal P.M. e dal GIP.
Ma allo stato non si può prescindere dal dato normativo vigente.
Orbene, si assume da parte del GIP - in conformità con quanto dedotto dal P.M.- che la condotta di quei clienti che, come nei casi presi in esame, utilizzano la propria vettura per appartarsi con la prostituta, per consumare il rapporto sessuale (per vero il XXXX ed il XXXX hanno soddisfatto il proprio desiderio rispettivamente sul cofano della vettura e nell'abitazione della prostituta, ma la situazione non è sostanzialmente diversa) e per riaccompagnare la ragazza nel luogo in cui l'avevano prelevata, integrerebbe il delitto di favoreggiamento della prostituzione.
Non ritiene il Tribunale di poter accedere "de iure condito" ad una siffatta interpretazione.
La mera lettura della indubbiamente antiquata L 75/58 induce alla conclusione che il legislatore abbia voluto tutelare l'interesse dello Stato alla salvaguardia del buon costume, colpendo non il fatto in sé della prostituzione, interferente con l'autotutela della dignità della persona, bensì ogni condotta che possa creare condizioni favorevoli al meretricio o che sia rivolta a ricavare da esso un profitto.
D'altro canto, poiché l'atto del prostituirsi implica il mercimonio del proprio corpo e dunque un contatto a fini sessuali con un altro individuo, disposto a corrispondere un compenso, anche la condivisione di quel mercimonio, non direttamente ed autonomamente contemplata dalla normativa in esame, esula a sua volta dall'ambito di applicazione delle relative sanzioni penali.
Deve cioè ritenersi che si sia voluta punire ogni condotta, non rientrante nell'oggetto dei mercimonio, che abbia per effetto di strumentalizzarlo o di agevolarlo.
Ciò presuppone strutturalmente un rapporto di terzietà rispetto ai protagonisti del contatto sessuale, rapporto che si estrinseca in un'attività di intermediazione nel fatto altrui o di sfruttamento del medesimo (cfr. del resto a chiare lettere Cass. III, 4?5?1984, Sanfilippo).
Sulla scorta di tali premesse sembra agevole concludere che il rapporto di clientela non può mai ricadere nella sfera di operatività delle norme penali.
Si è invero osservato che costituisce favoreggiamento della prostituzione ogni condotta che propizi o faciliti o renda più agevole, comoda e sicura la prostituzione di una persona.
Ma in realtà una tale affermazione, in tutto condivisibile, non può essere disancorata dal quadro di riferimento.
A ciò induce altresì la necessità di conferire al precetto un contenuto specifico, in linea con l'esigenza anche costituzionale di tipicità (la quale, tanto più a fronte dì formulazioni generiche, impone di far riferimento al significato delle parole che si è consolidato nel tempo in un determinato contesto anche di tipo sociologico, e di rifuggire dalle interpretazioni sorprendenti).
Ed allora deve prendersi atto che la condotta agevolatrice assume un significato preciso e pregnante solo all'interno di quel rapporto di intermediazione di cui s'è detto.
Del resto, diversamente opinando, finirebbe per disperdersi il senso complessivo dell'intera normativa: è infatti sufficiente considerare che il maggior fattore di incentivazione e dunque di agevolazione della prostituzione è costituito proprio dall'esistenza di persone disposte a comperare la prestazione sessuale, cioè, in buona sostanza, dalla domanda e dal concreto esborso dei prezzo.
Ma nessuno è mai giunto per tale via a considerare punibile il fatto dell'accordo e del correlato pagamento.
Ciò dimostra che non ogni aspecifica forma di collaborazione o agevolazione può dirsi punibile, ma soltanto quella che postula l'intermediazione nell'altrui mercimonio.
Né può sottacersi che l'estensione al cliente delle sanzioni previste per il favoreggiatore finirebbe per criminalizzare l'accordo come tale e l'atto sessuate che ne deriva, facendo venir meno la ragione dell'esclusione della prostituta dal novero dei destinatari dei precetti penali e dunque rendendo configurabile un profilo di incostituzionalità per violazione dell'art. 3 Cost., impregiudicato un complessivo riassetto normativo del rapporto prostituta?cliente.
Si è però ribattuto che in tutti i casi posti a fondamento del provvedimento impugnato il delitto sarebbe stato integrato non dal mero rapporto di clientela, bensì da un quid pluris, individuato nella varia utilizzazione della vettura.
Trattasi di un rilievo insufficiente, anche a prescindere da talune peculiarità dei casi dì specie.
Infatti la vettura, oltre a rappresentare in genere il luogo in cui occasionalmente viene realizzata la prestazione dedotta nel pur turpe contratto, è dunque in tutti i casi lo strumento con il quale viene dato corso - ed in concreto é stato dato corso - alla fase immediatamente successiva del rapporto inter partes non più interferente con la sfera sessuale, ma pur sempre riconducibile alla scambio pattuito, quale suo mero, talvolta necessitato accessorio.
A ben guardare l'utilizzazione della vettura non è idonea a far assumere all'attività del cliente i caratteri dell'illecita intermediazione, neppur quando, riaccompagnata in loco, la prostituta continui ad offrirsi ad altri clienti, giacché detta utilizzazione ontologicamente comincia e si esaurisce nel quadro dello specifico rapporto inter partes incentrato sulla prestazione sessuale, che ad esso ha dato causa: correlativamente, non può dirsene favorito l'ulteriore meretricio, null'altro essendo strutturalmente configurabile che la cessazione degli effetti di quello precedente.
In realtà ravvisare il favoreggiamento nel fatto secondario di riaccompagnare in macchina la prostituta nel luogo ove la si era prelevata - piuttosto, si badi, che nel fatto stesso di darle l'occasione di concludere il contratto immorale -, è paradossale tanto quanto l'ipotizzarlo nel caso In cui il cliente, nel momento di uscire dall'appartamento in cui ha consumato il rapporto sessuale, apra la porta al cliente successivo.
E del resto, volendo scendere ad una più sottile ed altrettanto paradossale analisi, potrebbe discettarsi sul quando l'attività di riavvicinamento possa dirsi in questi casi per davvero idonea ad integrare il reato ipotizzato, potendosi ravvisarlo, rispetto ad un determinato percorso, in concomitanza con il superamento della prima curva o della seconda o ancora con il compimento di un tratto di strada ulteriore, oppure, nell'ambito di un diverso scenario, già all'atto della consegna delle chiavi dell'ascensore, per scendere le scale.
E' evidente che conclusioni tanto singolari sarebbero ben lungi dall'apparire plausibili, il che rafforza il convincimento del carattere neutro, al di fuori di un determinato contesto e di ben altre qualità soggettive, della condotta che si assume illecita e che, in sé considerata, risulta invece priva di qualsivoglia idoneità offensiva.
E vano sarebbe ricercare un qualche appiglio nella giurisprudenza, la quale non ha affrontato il problema nell'ottica del rapporto di clientela, ma sempre in quella dell'intermediazione.
Ciò vale anche per quelle pronunce che hanno ad oggetto il condurre la prostituta in macchina sul luogo di lavoro, ovvero il riaccompagnarla a casa, pronunce che fra l'altro non di rado, anche se non troppo coerentemente, richiedono che si tratti di condotta caratterizzata da continuità (cfr. ad es. Casa. M 20?4?1983, Guarcello).
Né potrebbe mai desumersi alcunché da altre pronunce che hanno ravvisato il reato di favoreggiamento nonostante la diretta fruizione della prestazione sessuale (cfr. infatti Cass. III, 26-3-1984, Annettoni, relativa ad un caso in cui l'imputato aveva offerto un appartamento a due omosessuali, uno dei quali si concedeva per denaro, ed aveva poi partecipato al congresso carnale a tre, e Cass. III, 8-4-1986, Ballerini, relativa ad un ulteriore caso di rapporto a tre, propiziato da una donna che per appagare le richieste del partner, aveva chiamato un'altra prostituta, favorendo la prestazione di quest'ultima: trattasi all'evidenza di ipotesi che rientrano pienamente nella sfera del rapporto di intermediazione).
In conclusione tutti gli argomenti. addotti a sostegno della configurabilità del reato di favoreggiamento della prostituzione appaiono infondati.
Esula dunque il fumus delicti, con assorbimento delle restanti doglianze, e conseguentemente, in accoglimento delle istanze di riesame, le vetture sequestrate devono essere restituite agli aventi diritto, come da dispositivo.

P.Q.M.

visto l'art. 324 cpp,
in accoglimento delle istanze di riesame presentate da XXXXX e XXXXX, ed in riforma dei decreto di sequestro preventivo, emesso dal GIP presso questo Tribunale in data 12
8?2000,
ordina la restituzione ai rispettivi aventi diritto delle seguenti autovetture, a ciascuno dei predetti
sequestrate:
1)
2)

Manda alla cancelleria per l'esecuzione - a mezzo di Squadra Mobile di Perugia - e per le comunicazioni di rito.

Perugia, 20/9/2000

II Giudice relatore
dott. Massimo RICCIARELLI

Il Presidente
dott. Paolo NANNARONE

Depositato in Cancelleria
il 21.9.2000.

Nota di Carlo Alberto Zaina

La decisione contenuta nell'ordinanza pronunziata dal Tribunale del Riesame di Perugia pone rimedio ad una scelta di politica giudiziaria apparsa sin dall'inizio del tutto disancorata dal testo della vigente legge Merlin.
Va, infatti, rilevato come il giudice costituito ex art. 309 cpp abbia immediatamente posto l'accento sulla posizione di terzietà, che il "cliente" della prostituta non assume rispetto, essendo soggetto attivo di un rapporto a prestazioni sinallagmatiche, seppure di natura illecita.
Ciò appare in armonia e conformità con l'orientamento espresso nel tempo dalla S.C., la quale, addirittura, con pronunzie recentissime ha delimitato ulteriormente, l'ambito delle condotte penalmente sanzionabili a titolo di favoreggiamento, affermando, addirittura, che "Non e' qualificabile come favoreggiamento della prostituzione l'attivita' di domestico addetto all'abitazione della prostituta il quale si limiti ad aprire la porta ai "clienti" e ad intrattenersi con loro nell'attesa che la prostituta li riceva in camera." (Cassazione penale sez. III, 13 gennaio 1999, n. 2296) Nanno, in Riv. pen. 1999, 247, Giust. pen. 1999,II, 706 -Conforme- Cassazione penale sez. III, 13 gennaio 1999, n. 2269
Si deve, quindi, osservare e ribadire che appare certamente pertinente e corretta l'affermazione del Collegio, che rileva ".. la necessità di conferire al precetto un contenuto specifico, in linea con l'esigenza anche costituzionale di tipicità (la quale, tanto più a fronte dì formulazioni generiche, impone di far riferimento al significato delle parole che si è consolidato nel tempo in un determinato contesto anche di tipo sociologico, e di rifuggire dalle interpretazioni sorprendenti).Ed allora deve prendersi atto che la condotta agevolatrice assume un significato preciso e pregnante solo all'interno di quel rapporto di intermediazione di cui s'è detto.":
E', infatti, la cd. posizione di intermediario del favoreggiatore (o dello sfruttatore), che deve essere valorizzata , a fini di comparazione fra condotta materiale e stereotipo normativo.
Ne consegue, quindi, che l'equiparazione del "cliente" al protettore, in punto a responsabilità penale, appare oggi, come d'altronde, appariva qualche mese or sono, più una forzatura propagandistica (sul teorico piano deterrente), che una ipotesi realisticamente praticabile.
Va sottolineato, infatti, che le due condotte (sia materialmente, che psicologicamente) appaiono sul piano naturalistico e su quello ontologico, del tutto diverse tra loro.
Nessuna delle otto ipotesi di cui all'art. 3 L. 75/58 prevede assolutamente la possibilità che il "cliente" possa a qualsivoglia titolo venir indagato.
Neppure la lettera del n. 8) del citato art. 3, che recita: "chiunque a qualsiasi titolo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui" può venir, nonostante il suo carattere di assoluta genericità precettiva (ed il rischio di palese incostituzionalità), applicato all'ipotesi ventilata.
Non può, infatti, venir dimenticato il fatto che, ragionando allo stesso modo del G.I.P. o del P.M., si finisce per confondere attività strumentale ed attività finale.
E', pertanto, strumentale quell'attività collaborativi che abbia connotati di specificità, e non già di genericità, ponendosi organicamente all'interno dell'attività intermediativa.
Non a caso l'ordinanza de qua sostiene in modo assolutamente condivisibile che "Ciò dimostra che non ogni aspecifica forma di collaborazione o agevolazione può dirsi punibile, ma soltanto quella che postula l'intermediazione nell'altrui mercimonio. Né può sottacersi che l'estensione al cliente delle sanzioni previste per il favoreggiatore finirebbe per criminalizzare l'accordo come tale e l'atto sessuale che ne deriva, facendo venir meno la ragione dell'esclusione della prostituta dal novero dei destinatari dei precetti penali e dunque rendendo configurabile un profilo di incostituzionalità per violazione dell'art. 3 Cost., impregiudicato un complessivo riassetto normativo del rapporto prostituta-cliente.".
Ne deriva, perciò, che sul piano strettamente penale, che è l'ambito che ci interessa, giacchè ben altro e diverso deve essere il giudizio sul piano etico, non è affatto possibile assimilare la condotta del fruitore le prestazioni sessuali, nè con il favoreggiatore, nè, tanto meno, con lo sfruttatore.
La ratio del favoreggiamento non può non attenere alla "struttura organizzativa" che sottende alla attività esercitata dalla prostituta. Molte volte tale ruolo si confonde e sovrappone con quello dello sfruttatore.
Volendo, però, operare una distinzione fra le due condotte, non è revocabile in dubbio, che essa coinvolga chi e coloro che si limitino a fornire supporti, strumenti ed ausilio alla prestazione od all'offerta della prostituzione, senza necessariamente esercitare quel più spiccato controllo e soggezione personale ed economica che integra lo sfruttamento vero e proprio.
Così chi fornisca l'interessata di profilattici, chi le consenta l'uso di immobili o locali ove esercitare la prostituzione, chi accompagni o prelevi al lavoro la prostituta, chi la controlli durante tale attività, chi le fornisca telefoni cellulari per mantenere contatti e via dicendo, può esser accusato di favoreggiamento.
3) Ancor più evidente è la differenza con lo sfruttatore.
Questi è personaggio che trae il vantaggio della turpe attività, esercitando quel potere di controllo, spesso per il tramite di gravi violenze, e che fruendo di tale illecita posizione dominante, è il terminale economico dell'attività, essendo la figura che incamera (direttamente o indirettamente) i proventi dell'altrui attività.
E' tutt'altro che raro che il protettore sia lo stesso individuo che importa le ragazze da paesi stranieri, che le attiri con menzogne e false promesse, che le segreghi, infine, facendole soggiacere al suo volere, riducendole anche, in casi estremi, in schiavitù.
Tutto questo insieme di condotte non può venir ascritto in alcun modo all'individuo che decida di fruire della prestazione della prostituta.
Al "cliente", perchè questi possa essere soggetto di indagine o, indi, per essere destinatario di un giudizio di responsabilità penale, deve poter esse contestata sul piano psicologico una condotta tesa a rafforzare l'insieme degli elementi sopra ricordati, od anche una solo di questi.
Si tratta di una prova, francamente, impossibile da raggiungere, anche perchè il dolo richiesto per la punibilità del reato in oggetto non appartiene certamente al modo di pensare del cliente, che si rapporta in ben altra maniera con la prostituta.
In origine si è ipotizzato da parte degli inquirenti il delitto di "agevolazione dolosa della prostituzione", sotto il profilo che nel caso posto a fondamento del provvedimento impugnato il delitto sarebbe stato integrato non dal mero rapporto di clientela, bensì da un quid pluris , individuato nella varia utilizzazione della vettura.
Il riferimento è stato ritenuto dal Tribunale privo di fondamento giuridico, e sia consentito affermare risulta, a parere di chi scrive, argomento meramente suggestivo, in quanto omette di valutare il contesto nel quale l'uso del veicolo avviene.
La condotta del cliente che riaccompagna la prostituta nel luogo originario è giuridicamente irrilevante, perché esso di per sé solo non agevola la prostituzione della donna, che potrebbe essere (come lo è effettivamente) esercitata a prescindere da tale casuale aiuto, ed ovunque.
L'uso del veicolo fu oggetto di una ormai obsoleta pronunzia, che, peraltro, non lasciava e non lascia tuttora spazio ad equivoci laddove afferma che "Costituisce agevolazione della prostituzione trasportare con l'auto sistematicamente una prostituta sul luogo del meretricio e successivamente ivi recarsi per rilevarla." Cassazione penale, sez. III, 17 febbraio 1978, Avalone, Giust. pen. 1979, 96,II (s.m.). Cass. pen. 1980, 557.
Non sfuggirà, neppure al lettore più distratto l'uso dell'avverbio "sistematicamente", che appare l'elemento decisivo di connotazione della condotta cd. di intermediazione evidenziata nell'ordinanza.
Francamente le osservazioni sin qui svolte portano a ribadire i già avanzati dubbi di genericità di una previsione eminentemente residuale, rispetto alle sette precedenti; ma, soprattutto, al di là di tali dubbi, la norma in questione fa esplicito riferimento alle condotte di favoreggiamento e sfruttamento.
Escluso a priori lo sfruttamento, è, quindi, a parere di chi scrive, del tutto improponibile sul piano giuridico considerare il cd. "utente finale" come un soggetto che apporti un contributo concausale teso a favorire la prostituzione.
Pare di capire che il ragionamento sotteso potrebbe essere quello di nautra squisitamente mercantile, in base a quale la cessazione della richiesta di illecite prestazioni, farebbe crollare il mercato dell'offerta delle stesse.
Se questo dovesse essere il pensiero degli inquirenti, sia consentito essere piuttosto scettici sulla sua fondatezza e sulle concrete possibilità di positivo risultato.
Si dimentica, infatti, che la prostituzione esiste a prescindere dalla richiesta di "sesso a buon mercato".
Soprattutto, a parere dello scrivente, si confonde il piano etico (sul quale non vi possono esser dubbi e differenze di posizione) e quello penale, che postula, invece, non solo una astratta antigiuridicità di comportamenti, ma anche una rispondenza degli stessi allo stereotipo legislativo nonchè la presenza di un elemento psicologico, che la norma disegni a priori.
4) La scelta cassata dal Tribunale diverrebbe estremamente seria ed allarmante, laddove, oltre alla contestazione di cui all'art. 3, gli organi inquirenti giungano anche a ritenere sussistente una della aggravanti di cui al successivo art. 4 L. 75/58.
Si potrà obbiettare che talune delle stesse hanno natura soggettiva, e che il paracadute fornito dall'art. 59 co. 2° cp, ben può essere applicato in concreto.
Tale obbiezione, peraltro, peccherebbe di superficialità, posto che riguarda un giudizio ex post, che si forma spesso in una fase successiva, quale può esser quella o dell'udienza preliminare o del dibattimento.
Nulla impedirebbe, per il tramite di una contestazione apparentemente corretta con un giudizio ex ante, di arrestare un cliente, non solo come già può avvenire per l'ipotesi semplice dell'art. 3, ma addirittura, in forza ad esempio dell'aggravante dell'art. 4 n. 7 bis, che si riferisce alla persona tossicodipendente.
Non dimentichiamo mai che la prostituzione non si esercita solo per la strada, e che i tossicodipendenti non sono solo gli assuntori di eroina, tristemente ben individuabili.
Sicchè deve esprimersi assoluta condivisione per un pronunciamento estremamente equilibrato, che rafforzà la perplessità espressa a suo tempo per una scelta di indagine, che per quanto pubblicizzata e meritevole di rispetto, quanto meno per lo sforzo di ingegnarsi di chi l'ha concepita, non può avere condivisione giuridica.
6) Da ultimo si osserva che il fenomeno della prostituzione sinora ad ora è stato affrontato solo con paliativi e spinte emozionali.
a) La prostituzione non si combatte con gli slogan o le fiaccolate. Senza voler criminalizzare alcuno, non si può notare la stranezza del fatto che la legge persegue una condotta di fiancheggiamento e sfruttamento di una attività, non considerata penalmente illecita.
La stessa situazione si avrebbe se venisse punito chi produce o favorisce lo spaccio di stupefacenti, mentre fosse ritenuta irrilevante penalmente proprio quest'ultima condotta.
Non è certo rendendo reato la prostituzione che il fenomeno cesserà.
Vi è certamente necessità di rivedere una legge, che idolatrata per anni, ha finito per fallire completamente gli obbiettivi di libertà e salvezza delle donne, che si prefiggeva. Anche sul punto il Tribunale appare attento percependo e rilevando l'inadeguatezza del dato normativo vigente.
Il vero problema, però, attiene al recupero del controllo del territorio da parte degli enti amministrativi e delle forze dell'ordine, con una attenta verifica di coloro che entrano nel nostro paese, visto che il fenomeno è chiaramente in mani straniere.
Gli stessi permessi di soggiorno premiali destinati a quelle ragazze che escano dal turpe giro e denuncino i loro sfruttatori sono stati enfatizzati oltremodo, ed appaiono uno strumento, cui si dovrebbe ricorrere con maggiore attenzione.
L'esperienza professionale e giudiziaria quotidiana insegna, infatti, che troppe volte ci si è trovati dinanzi a persone che pur di avere un permesso di soggiorno nel nostro paese, che diversamente mai avrebbero conseguito, hanno collaborato con le forze dell'ordine, denunciando anche chicchessia, non solo i veri responsabili.
Spesso, poi, una volta terminata la collaborazione hanno ripreso la loro attività, magari sostituendo i denunciati arrestati.
E' quindi necessario ripensare molto più articolatamente il problema, non delegando la soluzione alla buona volontà di organi deputati a ben altri incarichi.
Ritiene chi scrive che altre strade, in attesa di una riforma delle vigenti norme (ed in questo si potrebbe prendere una volta tanto ad esempio la legislazione straniera, ad esempio la recentissima legge olandese), potrebbero esser percorse.
Qualche hanno fa si tentò di scoraggiare la clientela delle prostitute con il ricorso a denunzie per atti osceni, che legittimavano il sequestro del veicolo utilizzato per consumare il rapporto sessuale.
Non sarà stata una scelta rivoluzionaria; certo è che in quell'occasione nessuno potè contestare la correttezza della contestazione di reato e la sua conformità alle concrete condotte tenute da i protagonisti.
Tutto ciò, si ribadisce, resta comunque, un palliativo, un intervento emergenziale, a fronte della ricordata necessità di un contesto legislativo, di natura penale, fiscale, sanitaria e (perché no?) societaria, che fornisca una regolamentazione del fenomeno, sottraendolo a quel sottobosco di comportamenti collaterali, che prosperano in un simile contesto.
Regolare la prostituzione, attraverso interventi che prevedano anche la costituzione di aggregazioni quali le cooperative, che soggiacciano a norme sanitarie, fiscali significa, sottrarre al crimine una fetta di proventi importante, riutilizzabile in altri settori.
Significa, altresì, liberare quelle persone che sono effettivamente in stato di coercizione, lasciando operare solo chi effettivamente voglia usare il proprio corpo a fini economici, ma entro precise regole , che se violate comportino responsabilità di ordine penale.

- avv. Carlo Alberto Zaina - ottobre 2000 -

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