Tribunale di Gela, in composizione monocratica,
Sentenza 22 febbraio 2000

Dal verbale di sequestro (in atti) e dall'esame dei testi di lista del pubblico ministero, è emerso che, nel giugno del 1998, agenti e ufficiali di P.G. si recavano presso la sede dell'esercizio commerciale gestito dall'imputato D. A. ed ivi riscontravano, alla presenza dell'imputato n. 2 apparecchi elettronici.
Veniva provato il funzionamento degli stessi ed accertato che esso avveniva previa introduzione di un gettone, del valore di lire 500, e che venivano raffigurati degli oggetti, ognuno contrassegnato da un numero e che scopo del gioco era, attraverso la possibilità di cambiare una volta sola ciascuno degli oggetti e dei numeri ivi rappresentati, creare delle combinazioni del tipo analogo a quelle previste per il gioco del poker e così accumulare un punteggio sempre più alto. Gli stessi congegni elettronici venivano pertanto sequestrati.
Tale punteggio, se raggiungeva un determinato ammontare, consentiva al giocatore di ripetere più volte la partita o, in alternativa, prestandosi ad un gioco di abilità consistente nel colpire un oggetto in movimento, convertire il punteggio accumulato in gettoni o buoni partita o buoni consumazione.
In particolare, dall'esame del consulente tecnico del pubblico ministero ing. M., è emerso innanzitutto che, come per il "poker", elemento preponderante del gioco che dava diritto a punteggi convertibili in buoni partita o buoni consumazione era l'alea, poiché il sistema di combinazioni raggiungibili, come per tutti i cd. "video-poker" alla cui categoria generale faceva parte il videogioco sopra indicato, dipendeva essenzialmente dal suo codice di funzionamento, sconosciuto al giocatore.
L'ing. M. riscontrava altresì che la macchina, pur limitando la possibilità di ogni singola giocata ad un numero non superiore di dieci "play", consentiva la possibilità di una vincita in punti corrispondente ad una possibilità di ripetizione pressochè illimitata delle partite stesse, ed inoltre consentiva anche la conversione in gettoni o buoni consumazione dei cd. punti-ripetizione della partita stessa via via accumulati, attraverso l'effettuazione di un gioco di abilità che è stato definito, più precisamente, di "scarsa" abilità.
In particolare, tale gioco di abilità alla cui vittoria era condizionata la suddetta conversione dei punti in buoni, consisteva nel colpire un oggetto in movimento che però, dopo alcuni secondi, si muoveva sempre con maggiore lentezza sul quadro e pertanto era molto agevole colpirlo.
Pertanto l'elemento assolutamente preponderante del gioco non era l'abilità del giocatore quanto l'alea del meccanismo di combinazioni la cui conoscenza era ignota al predetto.
Quanto, poi, alla riscontrata possibilità di ripetizione pressochè illimitata delle partite, il sistema era particolarmente ingegnoso: se, infatti, il giocatore aveva accumulato, durante una sola sessione di gioco conseguente alla immissione del gettone, un punteggio particolarmente elevato corrispondente ad un numero infinito di ripetizioni della partita, egli poteva decidere di convertire solo quel numero di punti accumulati idoneo a fargli acquistare non più di dieci gettoni o buoni consumazione del valore economico equivalente (previo superamento del suddetto gioco di "scarsa" abilità).
Tuttavia il predetto, inserendo soltanto un gettone nuovo poteva di fatto riprendere la sessione di gioco già aperta con la precedente partita e utilizzare, per la nuova partita, il pregresso punteggio già accumulato al quale poteva aggiungere, se ulteriormente vittorioso, un nuovo punteggio o conservare quanto accumulato in precedenza e così decidere, previa effettuazione di una nuova prova di "scarsa" abilità identica a quella della prima partita, di convertire il punteggio acquisito in nuovi gettoni o consumazioni e così via all'infinito.
In sostanza, con una unica sessione di gioco il giocatore poteva, di fatto, accumulando via via un punteggio sempre più alto:
1) acquisire un diritto alla ripetizione all'infinito della partita;
2) convertendo i punti accumulati, vincere un numero di gettoni (buoni-partita) o di buoni consumazione del valore equivalente in numero infinito;
All'esito dell'istruttoria è emersa, quindi, la piena prova della organizzazione di un gioco d'azzardo, da parte dell'imputato attraverso l'utilizzo di apparecchi vietati del tipo "videopoker" che costituiscono "congegni automatici per il gioco d'azzardo" (art. 110 co. III R.D. 1931/773) e non semplici (e leciti) "congegni elettronici da trattenimento e da gioco di abilità" (art. 110 co. IV R.D. cit.).
Ed invero, in ordine alla qualificazione come "gioco d'azzardo" dei cd. "videopoker", la giurisprudenza della S.C. è concorde, atteso che le combinazioni generalmente possibili sono rimesse totalmente al caso e cioè, al codice di funzionamento del congegno, sconosciuto al giocatore, il quale solo minimamente ed in misura assolutamente irrilevante influisce sulla formazione delle stesse combinazioni (cfr. Cass. sez, III, 10/11/1986, in Cass, pen. 1988, 1179 e Giur. It. 1988, II, 298).
E' irrilevante, poi, che la disponibilità di vincite in danaro sia poi mediata dall'esercizio di un gioco di abilità non rimesso all'alea esclusiva delle combinazioni prospettate dal programmatore, poiché è risultato preponderante l'elemento aleatorio su quello consistente nell'abilità del giocatore (cfr. sul punto art. 110 V co. R.D. cit. ove si definisce, invece, lecito congegno elettronico da trattenimento e da gioco di abilità quello in cui l'elemento abilità e trattenimento è preponderante rispetto all'elemento aleatorio").
E' irrilevante, altresì, l'obiezione secondo cui il lucro non consisteva in vincite di danaro e sul punto anche la giurisprudenza della S.C. è concorde (Cass. 6/5/96, in Cass. pen. 1995/3347): dalla lettura dell'art. 110 IV co. si evince, infatti, come la vincita possa anche non essere direttamente in danaro ma anche "in natura che concretizzi lucro" (cfr. art. cit.), cioè in un vantaggio patrimoniale che può, ad esempio, ben consistere, come in questo caso, nel diritto alla ripetizione "all'infinito" della partita o in numero pressochè infinito di buoni partita o consumazione.
L'art. 110 V comma, vecchia formulazione, precisava anche il numero delle ripetizioni delle partite: il premio non poteva consistere, pena la sua illiceità, nella ripetizione per più di tre volte della stessa partita.
In realtà lo stesso articolo, in ordine al limite di ripetibilità delle partite, faceva riferimento soltanto agli apparecchi relativi a giochi "da trattenimento e da... abilità", che teneva pur sempre distinti dai congegni "per il gioco d'azzardo", per i quali vigeva l'assoluto divieto di installazione ed uso ai sensi del comb. disp. del III e IV comma art. cit., a prescindere dal numero previsto di ripetizione delle partite in caso di vincita.
La giurisprudenza della S.C., formatasi sulla vecchia normativa, tuttavia, pur ritenendo che il "videopoker" rientrasse tra i giochi d'azzardo (cfr. Cass. '86 cit.), riteneva di applicare ad esso il V comma in questione, espressamente riferito agli apparecchi per giochi di abilità e di trattenimento: " ...si considerano apparecchi semiautomatici ed elettronici per il giuoco d'azzardo quelli che possono dar luogo a scommesse o consentano la vincita di un qualsiasi premio in danaro o in natura, che può consistere nella ripetizione di una partita per più di tre volte (Cass. sez. III, 1991, in Ced. n. 188879; conforme anche Cass., sez. I, 6/5/1994, in Cass. pen. 1995/3347).
Oggi, con la riforma della predetta normativa, avvenuta con la sostituzione dei precedenti commi IV e V e con l'aggiunta dei commi VI e VII (per effetto dell'art. 1 L. 1995/425), è venuto meno, a parere di questo giudice, il limite massimo di premio nella ripetizione di tre partite come ambito oltre il quale, i congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il gioco d'azzardo (tra cui pacificamente il cd. "videopoker"), non possono più ritenersi leciti.
Dal coordinamento tra i commi IV e V, nuova formulazione, si ricava invece che oggi, l'unico tratto distintivo tra apparecchi e congegni automatici leciti e quelli vietati consiste, rispettivamente, nella preponderanza o meno, per realizzare vincite in danaro o in natura, dell'elemento abilità e intrattenimento rispetto a quello puramente aleatorio.
A suffragio di tale interpretazione vi è anche l'elemento letterale: il vecchio V comma, relativamente al limite della ripetibilità delle partite, faceva riferimento agli apparecchi "da trattenimento e da giochi di abilità", cosi sembrando voler distinguere i due tipi di giuochi e rimanendo, perciò, irrimediabilmente equivoco il concetto di gioco di intrattenimento in modo distinto da quello di abilità e da quello di azzardo.
Oggi, invece, come già detto, il nuovo comma V unisce i concetti di abilità e trattenimento distinguendoli espressamente da quello di azzardo: "Si considerano apparecchi...da trattenimento e da gioco di abilità quelli in cui l'elemento abilità e trattenimento è preponderante rispetto all'elemento aleatorio".
Il limite massimo della ripetibilità delle vincite previsto dalla lettera A) del comma V del cit. art. 110, oggi aumentato a dieci, ha ad oggetto esclusivamente i giochi cd. "di abilità e trattenimento" e non anche i giochi d'azzardo.
Alla luce delle motivazioni sopra esposte, questo giudice ritiene che, in seguito alla novella del 1995, in tema di apparecchi automatici ed elettronici per il gioco di azzardo non abbia più rilievo il vecchio orientamento giurisprudenziale, che fondava il giudizio di liceità degli stessi anche sul numero delle ripetizioni delle partite, previste a titolo di premio dai predetti congegni (più o meno di tre); oggi il primo elemento differenziale tra giochi elettronici leciti e vietati è solo quello della preponderanza o meno dell'elemento aleatorio.
Se poi i congegni da trattenimento e abilità possono far realizzare vincite consistenti in un numero superiore a dieci di ripetizioni della partita o di buoni consumazione, questi non costituiscono gioco d'azzardo ma al più apparecchi elettronici vietati ex art. 110 R.D. cit.
Per tali motivi, essendo il cd. "videopoker" un gioco in cui l'alea è praticamente assoluta, perché le combinazioni sono rimesse al caso, cioè al codice di funzionamento del congegno, ignoto al giocatore, nessun rilievo, ai fini della qualifica di illiceità del predetto giuoco, ha oggi l'accertamento in ordine al numero delle ripetizioni delle partite previsto a titolo di premio dalla macchina.
Questo orientamento, tra l'altro, sembra aver trovato, dopo la novella del 1995, anche l'autorevole avallo della recente S.C.: "Il gioco del poker praticato con macchina elettronica - videopoker - rientra tra quelli di azzardo indipendentemente dal numero di partite di cui consente la ripetizione in quanto in esso l'alea e' assoluta, dato che le combinazioni sono interamente rimesse al caso attraverso il codice di funzionamento del congegno, ignoto al giocatore." (Cass. sez. III, n.2705 del 13/02/96 in Ced n.204993).
Tuttavia, il giudice non ignora il contrario assunto che sta emergendo da recentissime sentenze della S.C. secondo cui, alla luce della riforma dell'art. 110 T.u.l.p.s. che eleva a dieci volte la soglia della ripetibilità delle partite per i giochi di trattenimento e abilità e, più in generale, alla luce dell'evoluzione dei costumi che non riconnette più alcun disvalore penale all'esercizio e all'organizzazione del gioco d'azzardo in caso di poste in palio di valore irrilevante, "non può essere ravvisato un guadagno economicamente apprezzabile allorchè la vincita consista nella ripetizione delle partite fino ad un massimo di dieci volte" (Cass. sez. III 15/6/1998 n. 7144, imp. De Maio, in Riv. pen. 1998, 757; ma vedi anche recentissima Cass. sez. III 9596/1999) e pertanto non può ritenersi integrato un effettivo ed apprezzabile "lucro", elemento costitutivo delle contravvenzioni contestate.
Ebbene, anche se questo giudicante non condivide l'assunto di cui sopra per le motivazioni sopra esposte in ordine ad una netta distinzione "a monte" tra giochi d'azzardo e giochi di trattenimento e abilità, nel caso di specie il consulente ha accertato che l'apparecchio elettronico era strutturato in modo da consentire una possibilità di vincita consistente in una ripetizione della partita - e del conseguente valore in danaro della partita stessa - superiore a dieci volte.
Né per la configurabilità delle contravvenzioni può influire la non riscontrata presenza di clienti al momento del sopralluogo poiché risulta sufficiente il rinvenimento di un'organizzazione di mezzi, benché rudimentale, finalizzata all'esercizio del giuoco d'azzardo. Nel caso di specie è stata, infatti, accertata la presenza di appositi congegni elettronici all'uopo deputati "...Ai fini della tenuta del gioco d'azzardo con apparecchi elettronici videopoker, e' sufficiente la loro installazione in locali aperti al pubblico o in circoli privati, a prescindere dall'accertamento della funzionalità dei medesimi e dalla sorpresa in flagranza di persone intente al gioco, essendo sufficiente che gli strumenti necessari siano predisposti e siano potenzialmente idonei" (Cass. n. 2862 dell'01/07/96, in Ced. n.206239).
Quanto alla ricollegabilità eziologica e psicologica dei fatti-reato in capo agli imputati, l'istruttoria ha permesso di consentire ad arrivare a sufficienti prove di responsabilità solo nei confronti dell'imputato D. A., il quale era presente al momento del sopralluogo e dalla documentazione amministrativa visionata dagli agenti risultava il legale rappresentante dell'esercizio commerciale.
Nessun elemento è, invece, emerso nei confronti di C. V., che va pertanto mandato assolto per non avere commesso il fatto.
Va riconosciuta, altresì, nei confronti del D., la contestata aggravante, atteso che il fatto criminoso veniva commesso in un luogo di pubblico esercizio.
Attesa l'incensuratezza vanno concesse al reo le circostanze attenuanti generiche, da ritenersi ex art. 133 c.p. prevalenti alla contestata aggravante.
In conclusione, l'imputato D. va, pertanto, dichiarato responsabile di entrambi i reati a lui ascritti, unificati dal vincolo della continuazione attesa l'evidente medesimezza del disegno criminoso, e della contestata aggravante.
Alla stregua dei criteri di cui all'art. 133 c.p., D. A. va pertanto condannato alla pena che stimasi congruo contenere in mesi tre di arresto e lire 400.000# di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali: pena base sul capo A) ritenuto più grave previa prevalenza dell'attenuante ex art. 62-bis c.p.: mesi due e lire 300.000#, aumentata come sopra ex art. 81 c.p.
Letto l'art. 722 e 240 c.p., va disposta la confisca delle apparecchiature in sequestro, nonché la pubblicazione della presente sentenza secondo le modalità indicate in dispositivo.
Motivazione riservata ex art. 544 co. III c.p.p.

P. Q. M.

Letto l'art. 530 c.p.p. assolve l'imputato C. V. dal reato a lui ascritto per non avere commesso il fatto.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara l'imputato D. A. colpevole del reato a lui ascritto e ritenuta la continuazione e concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante lo condanna alla pena di mesi tre di arresto e lire 400.000# di ammenda, oltre al pagamento delle spese di giudizio.
Letto l'art. 722 c.p. dispone la pubblicazione della presente sentenza, per estratto ed a spese del condannato per giorni uno sul quotidiano "La Sicilia" ediz. di Caltanissetta.
Letto l'art. 722 e 240 c.p. ordina la confisca delle apparecchiature in sequestro.
Letto l'art. 544 co. III c.p.p. si riserva il deposito dei motivi nel termine di giorni trenta.
Gela, lì 22 febbraio 2000.

IL GIUDICE
(Dott. Alberto Maria Picardi)

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