Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Bologna,
Sentenza 10 aprile 2000
(con nota di Italo Materia)

Gup Trib. Bologna - sentenza del 10 aprile 2000
Giudice: GRASSI; imp. B. ed altri
INDAGINI PRELIMINARI - GIP - APPLICAZIONE DELL'ART. 328 COMMA 1 BIS C.P.P. - ESTENSIONE AL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE - ESCLUSIONE.
La regola di competenza territoriale prevista dall'art. 328 comma 1 bis c.p.p., per i delitti di cui all'art. 51 comma 3 bis c.p.p., si applica esclusivamente ai provvedimenti adottabili dal Giudice per le indagini preliminari e non si estende a quelli tipici del Giudice dell'udienza preliminare.
Le due funzioni, a seguito delle modifiche apportate agli artt. 7 bis e 7 ter ord. giudiz., sono infatti radicalmente separate e diverse.

Letti gli atti,

OSSERVA

all'udienza del 27/3/2000 il difensore di B. M., imputato dei reati di cui agli artt. 73 e 74 d.p.r. 309.90 meglio precisati nella richiesta di rinvio a giudizio, ha eccepito la competenza del Giudice dell'Udienza preliminare di Bologna, assumendo che la competenza a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti del B. e di altri dalla Direzione Distrettuale antimafia di Bologna in data 22/12/99 spetterebbe al Giudice dell'Udienza Preliminare di Reggio Emilia, luogo questo ove i reati sono stati commessi ed ove gli imputati che dovessero essere rinviati a giudizio verranno giudicati in forza delle norme generali sulla competenza per territorio.
In proposito rileva il disposto dell'art. 328 1 bis c.p.p., laddove afferma che quando, come nel caso in esame, si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'art. 51 3 bis, le funzioni del giudice per le indagini preliminari sono esercitate da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto: la questione è stabilire se con la locuzione "giudice per le indagini preliminari" la norma citata intende fare riferimento anche al giudice dell'udienza preliminare.
Sino all'entrata in vigore della L. 16.12.99 n. 479 si è risposto, pressoché unanimamente, in senso positivo. Con l'espressione "giudice per le indagini preliminari" si voleva far riferimento, in realtà, all'Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, cioè a quell'Ufficio, istituito a norma dell'art. 46.3 (testo previgente) dell'Ordinamento Giudiziario, cui appartengono sia i giudici che svolgono funzioni di G.I.P. che quelli che svolgono funzioni di G.U.P. In forza di detta interpretazione la competenza per l'udienza preliminare per i delitti di cui all'art. 51 3bis spettava a "un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto" in deroga alla ripartizione della competenza territoriale sancita in via ordinaria dagli artt. 8 e ss. c.p.p.
In tal senso si sono pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 17 del 12.8.98, Di Battista, mass. Uff. 209604 e la Corte Costituzionale con ordinanza 2.11.95 n. 481.
Tali decisioni, inoltre, corrispondono ad un orientamento pressoché costante della Corte di Cassazione e dei giudici di merito.
Nel motivare le rispettive decisioni le Sezioni Unite e la Corte Costituzionale hanno affermato che G.I.P. e G.U.P. "sono espressione dello stesso ufficio giudiziario, di quell'unico organo giurisdizionale monocratico che il codice denomina " giudice per le indagini preliminari", costituito all'interno degli uffici giudicanti con il procedimento tabellare di cui all'art. 7 bis. O.G. e istituzionalmente preposto a provvedere sulle specifiche richieste delle parti nel corso delle indagini preliminari .." e che appare impossibile scindere, ai fini dell'attribuzione della competenza, le diverse funzioni attribuite al G.I.P./G.U.P. nel corso delle indagini e alla conclusione delle stesse.
A sostegno di tale linea interpretativa vi era indubbiamente il fatto che, nel medesimo procedimento, la funzione di giudice dell'udienza preliminare doveva essere di regola affidata al giudice che aveva presieduto alle indagini preliminari a norma dell'art. 7ter O.G., vecchio testo, che sanciva che "nel determinare i criteri per l'assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari, il Consiglio Superiore della Magistratura stabilisce la concentrazione, ove possibile, in capo allo stesso giudice di tutti gli incidenti probatori e di tutti i provvedimenti relativi allo stesso procedimento". Il principio della concentrazione in capo ad un unico giudice di tutti i provvedimenti relativi ad un procedimento dato corrispondeva ad un'esigenza di economia ed assicurava la continuità fra le funzioni del G.I.P. e quelle del G.U.P. . Prima della riforma, si poteva correttamente affermare che "le funzioni svolte nella fase delle indagini preliminari si proiettano sulla successiva udienza preliminare, nella quale si deve valutare la consistenza del materiale probatorio raccolto a carico dell'imputato ai fini dei provvedimenti previsti dall'art. 424 cpp, secondo passaggi processuali caratterizzati dall'identità del magistrato procedente, pur nel mutamento delle sue funzioni" (così Cass. V, 29.10.97, n. 9686, Gerbino, mass. uff. 208719).
Come è noto questa impostazione è stata radicalmente modificata: il principio di economia che la giustificava è stato soppiantato da una radicale applicazione del principio dell'incompatibilità fra funzioni G.I.P. e funzioni G.U.P., che va ben oltre le statuizioni in precedenza adottate in materia dalla Corte Costituzionale; ed anzi, l'integrazione del legislatore del 1999 ad un certo momento dell'iter legislativo sembrava tendere verso soluzioni ancor più estreme, sostituendo l'udienza preliminare con la c.d. "udienza predibattimentale", affidata ad un giudice delle sezioni del dibattimento.
Di ciò occorre tenere conto per risolvere la questione che ora ci occupa. L'intenzione del legislatore del 1999, ovviamente rilevante in sede di interpretazione ai sensi dell'art. 12 delle preleggi, era tutta tesa a separare nel modo più netto la funzione del giudice che presiede alle indagini da quella del giudice dell'udienza, allo scopo dichiarato di prevenire quel fenomeno che, con espressione sgradevole e forse impropria, è stato definito di "appiattimento" del giudice sulle richieste del P.M..
Tale orientamento è stato puntualmente realizzato con una serie di interventi successivi (art. 171 d.l.vo 19.2.98. n. 51; art. 3bis d.l. 24.5.99 n. 145, convertito con modificazioni nella L. 22.7.99 n. 234; art. 11, artt. 19 e s.s. e 57 L. 16.12.99 n. 479), che hanno ridisegnato le figure del G.I.P. e del G.U.P. stabilendo fra le stesse un'incompatibilità pressoché totale (art. 34 2bis c.p.p.) esclusa solo in pochi casi marginali (art. 34 2ter c.p.p.), nonché la temporaneità dell'esercizio delle relative funzioni. Insomma, in esito a questo processo di riforma, il legislatore ha definitivamente rotto quella linea di continuità che univa la funzione G.I.P. alla funzione G.U.P., così che, ad esempio, l'art. 7ter O.G. recita adesso: "Nel determinare i criteri per l'assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari, il C.S.M. stabilisce la concentrazione ove possibile, in capo allo stesso giudice dei provvedimenti relativi al medesimo procedimento e la designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare".
G.I.P. e G.U.P., pur convivendo nella medesima sezione (art. 46.2 O.G.), svolgono funzioni del tutto separate, non possono identificarsi nella medesima persona e non possono più essere definiti con il medesimo nome, così che il legislatore ha cura di menzionarli separatamente ogni qual volta intende fare riferimento ad entrambi (v. ad es. l'art. 7bis 2bis O.G. e l'art. 7bis 2 ter O.G.).
Ove intende fare riferimento al solo G.I.P., nel codice di rito usa ancor ala locuzione "Giudice per le indagini preliminari" (es. art. 34.2bis cit.) e nell'ordinamento giudiziario quella di "giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari" (art. 7bis cit.); quando si riferisce al G.U.P., lo definisce "Giudice dell'udienza preliminare".
Anche l'art. 46 O.G. (cioè la norma che, mantenendo in essere la sezione che un tempo veniva definita "dei giudici per le indagini preliminari", potrebbe ritenersi contrastante con la linea interpretativa che qui si propone) è significativamente mutato e l'espressione "giudici singoli incaricati dei provvedimenti preliminari" si è sdoppiata mettendo ancora una volta in risalto la netta differenziazione operata dal legislatore fra "giudice per le indagini preliminari" e "giudice dell'udienza preliminare".
Questi oramai convivono in un'unica sezione non tanto per una ragione positiva, per un'esigenza funzionale che li accomuni (anzi, al contrario è evidente la loro incompatibilità), quanto piuttosto per l'unica ragione, negativa, di essere entrambi giudici di situazioni e vicende processuali fra loro distinte, ma ancora estranee al dibattimento.
Peraltro la distinzione fra G.I.P. e G.U.P. è stata recentemente messa in luce, seppur con finalità diverse dalle attuali (la questione, in questo caso, era alla portata del termine "Giudice dell'udienza preliminare" nell'art. 18.3 cpp) da Cass. I n. 174 del 12.1.2000, Mass. Uff. 215363.
In conclusione, dunque, quando l'art. 328bis c.p.p. parla di "funzioni di giudice per le indagini preliminari" non può in alcun modo riferirsi alla diversa funzione - svolta da un giudice diverso - del giudice dell'udienza preliminare. Lo impedisce l'interpretazione letterale della norma, ma è in tal senso anche la sua interpretazione funzionale: rotti i nessi che nella previgente normativa univano la funzione del G.I.P. e quella del G.U.P. non vi è alcun motivo per cui l'udienza preliminare, per i reati indicati dall'art. 51.3bis, debba essere attribuita, in deroga ai criteri ordinari di distribuzione della competenza, ad un magistrato del capoluogo del distretto: se ha un senso ed una qualche funzionalità il fatto che la D.D.A., nel corso delle indagini, abbia un unico referente nel giudice per le indagini preliminari del capoluogo del distretto, ciò invece non è con riferimento all'udienza preliminare, che - adottando un'interpretazione diversa da quella che qui si delinea - verrebbe immotivatamente sottratta al suo giudice naturale.
Ai sensi dell'art. 22.3 c.p.p. gli atti vanno trasmessi alla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bologna, nella sua veste di Pubblico Ministro presso il competente Giudice per l'udienza preliminare di Reggio Emilia.

P.Q.M.

Visto l'art. 22.3 c.p.p.

DICHIARA

La propria incompetenza ed ordina la trasmissione degli atti al P.M. presso il competente Giudice per l'Udienza Preliminare di Reggio Emilia, individuato nella Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bologna.
Bologna, 10 aprile 2000
IL GIUDICE
dr. Leonardo Grassi
Depositata in Cancelleria il 10/4/00

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OSSERVAZIONI CRITICHE ALLA SENTENZA DEL GUP DEL TRIBUNALE DI BOLOGNA

1. La sentenza qui criticata contraddice, con un'eleganza argomentativa che non è in verità dato apprezzare tutti i giorni in atti giudiziari ma alla quale non corrisponde eguale plausibilità, un orientamento giurisprudenziale che, fino ad oggi e con la sola eccezione edita (1), era stato invece sempre si segno diverso.
E' infatti noto (e lo riconosce la stessa sentenza annotata) come l'art. 328 comma 1 bis c.p.p. (2) fosse stato letto dai giudici di merito, già in sede di prima interpretazione, nel senso che la deroga alla ordinaria competenza territoriale, ivi prevista per i reati di cui all'art. 51 comma 3 bis c.p.p., valesse non soltanto per le indagini preliminari ma comprendesse anche il giudice dell'udienza preliminare (3).
Ed è altrettanto noto come tale linea interpretativa, ancor prima di venire ripetutamente confermata dai giudici di legittimità (4), avesse ricevuto esplicita conferma dalla Corte Costituzionale che, con sentenza interpretativa di rigetto n. 481 del 2/11/95, aveva avuto modo di precisare come la disciplina in parola trovasse applicazione anche per la fase dell'udienza preliminare (5).
La stessa questione viene ora, con la sentenza in rassegna, diversamente risolta ossia nel senso che lo spostamento della competenza territoriale valga soltanto per il giudice delle indagini preliminari con conseguente ripristino, nel momento del passaggio all'udienza preliminare, delle regole di competenza territoriale previste in via ordinaria dagli artt. 8 e seguenti c.p.p.
Su queste basi, la scelta strategica sottesa al comma 1 bis del citato art. 328, che era stata quella di concentrare nel capoluogo del distretto la fase che precede il dibattimento quando si procedesse per taluno dei reati richiamati dall'art. 51 comma 3bis c.p.p., viene largamente ridimensionata e ridotta a poca cosa.
2. Le ragioni addotte dal giudicante non sembrano in verità pari alla forma espositiva che le veste perché distorcono il significato di alcune recenti modifiche normative trasferendolo, immotivatamente, alla regola di competenza dettata dal predetto art. 328 comma 1 bis.
Esclusa la pertinenza del riferimento agli artt. 3 bis D.L. 24 maggio 1999 n. 145 e 19 e segg. legge 16 dicembre 1999 n. 479, che rimangono neutrali ed indifferenti ai fini che qui interessano (la prima disposizione detta una regola transitoria che ha cessato di dispiegare i suoi effetti alla data del 02 gennaio 2000 mentre le altre si limitano a disciplinare diversamente dal passato le modalità di svolgimento dell'udienza preliminare), la partita interpretativa si gioca tutta, in verità, sull'esegesi dell'art. 34 commi 2 bis e 2 ter c.p.p. (nel testo risultante rispettivamente, dagli artt. 171 D.Lgs. 19 febbraio 1998 n. 51 e 11 legge n. 479/99) e degli artt. 7 bis e 7 ter del R.D. 30 gennaio 1941 n. 12 (nel testo derivato dalle modifiche apportate, rispettivamente, dall'art. 57 legge 479/99 e dall'art. 6 D.Lgs. n. 51/98).
In particolare, il citato art. 34 comma 2 bis prevede, con i temperamenti di cui al comma successivo, che il giudice che nel medesimo procedimento abbia esercitato le funzioni di giudice per le indagini preliminari non possa tenere la relativa udienza preliminare; il richiamo art. 7 bis stabilisce, salvo imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio, che il giudice incaricato dei procedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché il giudice dell'udienza preliminare debbano avere svolto per almeno due anni funzioni di giudice del dibattimento e non possano esercitarle per più di sei anni consecutivi; il menzionato art. 7 ter prevede che il C.S.M., nel determinare i criteri per l'assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari stabilisca, ove possibile, la concentrazione in capo allo stesso giudice dei provvedimenti relativi allo stesso procedimento e la designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare.
3. Non sembra poter derivare, cogliendola da tali disposizioni, la conclusione che il giudice dell'udienza preliminare sia divenuto, per questa via, organo giurisdizionale cui corrisponda una soggettività funzionale ontologicamente diversa ed alternativa a quella del giudice per le indagini preliminari.
Contrariamente a quanto il giudicante ritiene in sentenza, la ratio complessiva delle menzionate norme non pare infatti quella di aver voluto rompere la relazione di reciprocità che lega, nel libro V del C.P.P. intitolato "Indagini preliminari ed udienza preliminare", le funzioni del Gip a quelle del Gup e neppure quella di aver voluto evitare il c.d. appiattimento di questi sulle richieste del P.M. perché, altrimenti, non sarebbe stato lasciato cadere il progetto originario che era quello di sostituire l'udienza preliminare con una "udienza predibattimentale" affidata ad un giudice della Sezione del dibattimento.
La verità è, al contrario, che la ratio in parola risiede nella scelta di acquisire alla legislazione positiva il sistema delle incompatibilità che la Corte Costituzionale era venuta disegnando nel tempo, segnatamente con riferimento ai procedimenti speciali azionabili in sede di udienza preliminare, ed in quella di prevenirne altre che già s'erano affacciate all'orizzonte.
Così ricostruito il contesto, il congiunto riferimento testuale al Gip ed al Gup, fatto nel corpo dell'art. 7 ter Ord. Giudiz., non è significativo di una loro separatezza funzionale ma servente, invece, rispetto all'esigenza di garantire un assetto organizzativo armonico ed ordinato che prevenga e regoli, secondo criteri di predeterminazione, l'insorgere delle prefigurate incompatibilità tant'è che, nel comma 2 della stessa disposizione, è previsto che il C.S.M. stabilisca altresì i criteri (anche a motivo di ragioni d'incompatibilità) per la sostituzione del giudice astenuto o ricusato.
In altre parole, il legislatore menziona, nel predetto art. 7 ter, il Gip ed il Gup non per descrivere due funzioni disomogenee e tra loro non comunicanti ma per evitare, più semplicemente, che lo stesso giudice possa svolgere, nell'ambito dello stesso procedimento, funzioni di Gip e di Gup.
Non è a dire, dunque, che la riforma abbia creato, derivandola per clonazione dal Gip, una nuova funzione giurisdizionale come tale estranea all'Ufficio di cui è espressione: ha previsto, soltanto, che la stessa persona fisica non possa svolgere, nel medesimo procedimento, prima le funzioni di Gip e poi quelle di Gup.
La struttura poliedrica dell'Ufficio, in altri termini, era ed è rimasta unitaria con il solo limite di fare interpretare la funzione di Gup, cui è rimessa la valutazione finale sull'attività di indagine del P.M., ad un Gip che non si sia già pronunciato, nel medesimo procedimento, su singole richieste dell'Ufficio di Procura.
La "diversità" di cui al citato art. 7 ter non è dunque correlata, dal legislatore, ad un Gup strutturato in termini di contrasto e di antinomia con il Gip ma esclusivamente all'esigenza che i diversi momenti temporali dell'eguale funzione (di garanzia, di controllo, di decisione sulle indagini preliminari) siano, nel medesimo procedimento, vissuti da persone fisiche diverse.
Conclusivamente, il riferimento normativo al Gup non segna l'innesto, all'interno dell'Ordine Giudiziario, di una funzione diversa da quella già conosciuta ma risponde soltanto all'esigenza di governo della griglia di incompatibilità costruita dalla Corte Costituzionale e di evitarne, in radice, altre che sarebbero potute ancora sopravvenire.
Né contrasta, con tale ricostruzione, il fatto che il binomio Gip-Gup ricompaia nei commi 2 bis e 2 ter dell'art. 7 bis ordinamento giudiziario, aggiunti dall'art. 57 comma 1 legge 16 dicembre 1999 n. 479, perché il duplice riferimento, attesa la formulazione letterale adoperata, è correlato ancora una volta solo al diverso momento temporale in cui il medesimo organo giurisdizionale è chiamato al proscenio.
Che la formulazione letterale adoperata in tali ultime disposizioni non sia significativa di una rottura del sistema costituisce - oltretutto - affermazione smentita ex professo della stessa legge n. 479/99.
Il terzo comma del suo art. 57 prevede infatti che debbano essere sostituiti i giudici che, "alla data di entrata in vigore della predetta legge", abbiano svolto le "funzioni di giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari o di giudici dell'udienza preliminare" nei sei anni precedenti.
Contrariamente a quanto si deduce nella pronuncia, è allora di palmare evidenza che il nuovo testo normativo si riferisce tanto al futuro che al passato, postulando dunque identità di funzioni e stretta continuità con le linee processuali da sempre definite nel codice di rito.
4. D'altra parte, che la concentrazione in capo al giudice per le indagini preliminari di quella complessa funzione intestatagli dal primo comma dell'art. 328 c.p.p. (giudice di controllo della speditezza delle indagini, della libertà, degli incidenti probatori, dell'archiviazione, dell'udienza preliminare e dei procedimenti speciali) non sia venuta meno, con il solo limite della incompatibilità personale è acquisizione che emerge anche da altra angolazione.
Il terzo comma dell'art. 46 ord. giudiz., anch'esso modificato contestualmente agli artt. 34 comma 2 bis c.p.p. e 7 ter citato, prevede infatti che presso ogni Tribunale venga istituita una Sezione cui assegnare tabellarmente giudici incaricati dei provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza preliminare; e tale assetto organizzativo unitario, non derogato da una diversa e specifica statuizione, non consente una distribuzione della competenza disancorata ed avulsa dall'organo cui il comma 1 bis dell'art. 328 c.p.p. ha invece inteso riferirla (6).
Sul versante processuale, l'art. 22 c.p.p. continua a riferire esclusivamente al Gip (e non al Gup) la possibilità di declinare la competenza anche quando le indagini preliminari siano ormai chiuse; il successivo art. 51 lettera a), nell'individuare l'Ufficio di Procura competente, lo rapporta ancora una volta alla intera fase delle indagini preliminari senza distinguere tra funzioni di Gip e funzioni di Gup; è rimasto immutato anche l'art. 132 disp. attuaz. laddove è previsto che la richiesta d'indicazione della data di udienza, conseguente al decreto che dispone il giudizio, sia fatta al Presidente del Tribunale non dal Gup ma ancora una volta dal Gip.
Ed altrettanto valga per il regime delle impugnazioni dove gli artt. 596 (comma 3) e 608 (comma 2), relativi rispettivamente all'appello ed al ricorso per cassazione, continuano a parlare di mezzi di gravame esperibili unicamente contro sentenze pronunciate dal Gip (e non già dal Gup).
5. Non è a dire - pertanto - che il legislatore abbia stravolto la regola di competenza territoriale attualmente prevista per i delitti richiamati nell'art. 51 comma 3 bis c.p.p. essendo oltretutto impensabile che un sommovimento così profondo, rispetto alla strategia di contrasto alla criminalità organizzata portata avanti con il comma 1 bis dell'art. 328 in parola, sia stato affidato allo strumento debole di rimaneggiamenti ordinamentali che non trovano riscontro e conferma nelle regole processuali e realizzato, soprattutto, senza che di un revirement così vistoso sia rimasta traccia, neppure remota o indiretta, nei lavori parlamentari.

Italo Materia, estensore
Procuratore Agg. in Bologna

visto il Procuratore
Ennio Fortuna


(1) In tal senso, Trib. Teramo, 23 giugno 1995.
(2) Tale comma, introdotto dall'art. 12 D.L. 20/11/91 n. 367 convertito in legge n. 8/92, recita: "Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'art. 51 comma 3 bis, le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente".
(3) In tal senso, Gip Trib. Genova del 14 giugno 1994 e Gip Trib. Milano del 13 ottobre 1994 in Giust. Pen. 1995, parte III, col. 107 e segg. con nota di RAMAIOLI.
(4) Cosė, Cass. Sez. VI, sentenza del 09 maggio 1997, Cass. Sez. V, sentenza del 02 luglio 1997, Cass. Sez. Unite, sentenza n. 167 del 12 agosto 1998.
(5) La sentenza č pubblicata anche in Cass. Pen. 1996, pagg. 765 e segg.
(6) In tali termini, Corte Cost. sent. n. 481/95.

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