Tribunale
della Spezia, in composizione collegiale,
Ordinanza 11 aprile 2000
IL TRIBUNALE DELLA SPEZIA
composto dai giudici:
dott. Vincenzo Faravino, Presidente,
dott. Giulio C. Cipolletta, Giudice,
dott. Alessandro Ranaldi, Giudice,
all'udienza del 11 aprile 2000, pronuncia la seguente
ORDINANZA
nel procedimento n. 178/95/16 contro C. A., S. S. A. e T. I. (riunito il proc. n. 440/97/16), imputati dei reati rispettivamente ascritti come nel decreto del GUP del Tribunale di La Spezia del 19.7.1995
PREMESSO CHE
· all'odierna udienza
il difensore dell'imputata T. I. ha sollevato la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 513, comma 2, c.p.p. con riferimento all'art. 111 Costituzione,
nella parte in cui prevede che, qualora il dichiarante rifiuti o ometta, in
tutto o in parte, di rispondere sui fatti concernenti la responsabilità
di altri imputati, già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in
mancanza di accordo delle parti alla lettura, si applichi l'art. 500, commi
2 bis e 4 c.p.p., indipendentemente dal verificarsi di uno dei casi previsti
dall'art. 111, quinto comma, Costituzione;
· tutti gli altri difensori degli imputati si sono associati alla prospettazione
del suddetto difensore;
· il P.M. ha sostenuto la manifesta infondatezza della questione, in
quanto il divieto di cui all'art. 111, comma quarto, Cost. concerne soltanto
la utilizzazione al fine della prova della colpevolezza dell'imputato, ma non
esclude del tutto che le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari
possano essere acquisite col mezzo della contestazione ed utilizzate, sia al
fine della prova della innocenza di qualche coimputato, sia, ove si accerti
autonomamente sulla base di altri elementi di prova, la colpevolezza dell'imputato,
al fine della valutazione dell'entità della pena in base ai criteri di
cui all'art. 133 c.p.;
OSSERVA
La questione sollevata dalla
difesa è rilevante nel presente giudizio, posto che non è possibile
definirlo senza aver previamente stabilito se il P.M. possa, non sussistendo
il consenso delle parti, contestare a M. A., persona esaminata ex art. 210 c.p.p.
e che si è avvalsa della facoltà di non rispondere alle domande,
il contenuto dei verbali degli interrogatori resi il 28.7.1994 al GIP del Tribunale
di Como ed il 22.9.1994 al P.M. del Tribunale di Genova, nei quali aveva reso
dichiarazioni attinenti ai fatti per cui si procede;
Non si condivide la tesi del P.M. secondo cui la questione sarebbe manifestamente
infondata.
Invero, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 361 del 2.11.1998,
l'art. 513, secondo comma, c.p.p. consente l'applicabilità, anche nel
caso di persona esaminata ai sensi dell'art. 210 c.p.p., della contestazione
disciplinata per i testimoni dall'art. 500, commi 2 bis e 4, c.p.p..
Non pare superabile il tenore letterale dell'art. 500, quarto comma, c.p.p.,
secondo cui le dichiarazioni utilizzate per la contestazione sono acquisite
nel fascicolo per il dibattimento e sono valutate come prova dei fatti in essa
affermati, se sussistono altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità.
La norma, infatti, di per sé non consente la limitazione del valore probatorio
degli atti acquisiti con la contestazione alla prova dell'innocenza e/o alla
valutazione dei criteri di cui all'art. 133 c.p., come indicato dal P.M., atteso
l'espresso richiamo alla "prova dei fatti" per cui si procede.
Non appare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale
sollevata, posto che la disciplina di cui all'art. 513 comma 2 c.p.p., così
come delineata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 361/98, appare in
contrasto con il dettato costituzionale di cui all'art. 111 Cost. introdotto
dalla legge costituzionale n. 2/99, da cui peraltro traspare la specifica volontà
del legislatore di porre nel nulla la sentenza interpretativa di accoglimento
della Corte costituzionale sopra citata.
Ed invero, la possibilità - introdotta col meccanismo delle contestazioni
- di acquisire ed utilizzare contra alios le dichiarazioni in precedenza rese
dalla persona esaminata ex art. 210 c.p.p., che si sia avvalsa in dibattimento
della facoltà di non rispondere, pare inconciliabile:
1) con il comma 4 dell'art. 111 novellato, risultando violato il principio costituzionale
del contraddittorio nella formazione della prova e ricorrendo, peraltro, la
specifica ipotesi di soggetto che si è sottratto volontariamente all'esame
da parte dell'imputato e del suo difensore in relazione alla propria posizione
processuale;
2) con il comma 5 dell'art. 111 Cost., non ricorrendo nessuna delle ipotesi
in cui è consentita la formazione della prova al di fuori del contraddittorio
(consenso dell'imputato, accertata impossibilità di natura oggettiva,
provata condotta illecita).
P.Q.M.
Visto l'art. 23 della legge
11.3.1953 n. 87,
dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 513 comma 2 c.p.p., come interpretata dalla sentenza
n. 361/98 della Corte Costituzionale, per contrasto con l'art. 111, commi 4
e 5 Cost., novellato dalla legge costituzionale n. 2 del 23/11/99, nella parte
in cui consente la utilizzazione, nei confronti degli imputati, delle dichiarazioni
rese nelle indagini preliminari dalla persona esaminata ex art. 210 c.p.p.,
a seguito della contestazione effettuata ai sensi dell'art. 500, commi 2-bis
e 4, c.p.p., qualora il dichiarante si sia avvalso della facoltà di non
rispondere, indipendentemente dal verificarsi di uno dei casi previsti dall'art.
111 comma 5 Cost.
Sospende il procedimento e dispone la trasmissione immediata del fascicolo alla
Corte Costituzionale.
Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al
Presidente del Consiglio dei Ministri e che essa sia comunicata al Presidente
della Camera dei Deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica.
La Spezia, 11 aprile 2000
IL PRESIDENTE
dott. Vincenzo Faravino