Tribunale
di Roma, Sezione distaccata di Tivoli, in composizione monocratica,
Ordinanza 10 marzo 2000
Tribunale
Ordinario Civile e Penale di Roma
Sezione Distaccata di Tivoli
Il giudice,
sulla questione relativa alla legittimazione del rappresentante dell'Ufficio
del pubblico ministero in udienza;
OSSERVA
Il Procuratore della Repubblica,
con provvedimento adottato in data 9.3.2000, ha assegnato le funzioni di pubblico
ministero in udienza al vice-procuratore onorario ispettore D'Amico, delegato
a trattare "anche i procedimenti relativi a reati puniti con pena detentiva
superiore ai quattro anni". La questione assume particolare rilevanza nel
presente giudizio in quanto è da trattarsi un processo per omicidio colposo,
particolarmente complesso, titolo di reato che, come noto, non rientra tra quelli
per cui l'articolo 72 regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, così come
novellato dagli articoli 23 decreto legislativo 51/98 e 58 legge 16 dicembre
1999, n. 479, consente di delegare le funzioni del pubblico ministero in udienza
ai vice-procuratori onorari addetti all'Ufficio della Procura della Repubblica.
Si tratta quindi di stabilire se la disposizione sopra menzionata - la quale
stabilisce che nella materia penale è seguito il criterio di non delegare
le funzioni di pubblico ministero in relazione a procedimenti relativi a reati
diversi da quelli per cui si procede con citazione diretta a giudizio secondo
quanto previsto dall'articolo 550 del codice di procedura penale - abbia rilevanza
sul piano processuale e, in caso positivo, quale sia la sanzione applicabile
per la sua violazione ovvero se attenga esclusivamente all'organizzazione interna
dell'Ufficio del pubblico ministero e, quindi, possa derogarsi in presenza di
"inderogabili ed urgenti necessità" (peraltro neppure specificate
nel caso di specie).
Come noto, l'articolo 72 O. G., così come modificato dall'articolo 23
D.lgs. 51/98, prevede che, nei procedimenti in cui il tribunale giudica in composizione
monocratica, possono esercitare in udienza le funzioni di pubblico ministero
uditori giudiziari, i vice-procuratori onorari, gli ufficiali di P.G. diversi
da coloro che hanno preso parte alle indagini preliminari, i laureati in giurisprudenza
che frequentino il secondo anno della scuola di specializzazione per le professioni
legali di cui all'art. 16 del D.L. 17.11.1997, n. 398. Si tratta di una norma
che, pur costituendo una misura apprezzabile nell'attuale situazione di sovraccarico
degli uffici in funzione dell'efficienza dell'amministrazione della giustizia,
conserva, nella sostanza, una funzione suppletiva, in quanto lo stesso articolo
72 prevede che la delega è sempre conferita in relazione ad una determinata
udienza o a un singolo procedimento. Il terzo comma, nella formulazione antecedente
alla legge Carotti, stabiliva poi che "nella materia penale doveva seguirsi
il criterio di non delegare le funzioni di pubblico ministero in relazione a
procedimenti relativi a reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva
superiore ai quattro anni di reclusione determinata a norma dell'articolo 4
del codice di procedura penale".
L'orientamento del legislatore della riforma è dunque quello di limitare
ulteriormente lo spazio di intervento di tali magistrati onorari nel processo
penale. Infatti, prima della soppressione dell'ufficio del pretore, le norme
sull'ordinamento giudiziario consentivano al vice-procuratore onorario di rappresentare
l'ufficio del pubblico ministero anche nei processi relativi a reati attribuiti
alla competenza del pretore ratione materia, per cui era prevista una pena superiore
ai quattro anni di reclusione (si pensi al caso del delitto di ricettazione
di cui all'art. 648 c.p. che prevede la pena della reclusione da due ad otto
anni o all'omicidio colposo).
Lo stesso dicasi per l'ufficio del giudice, soggetto, in forza della previsione
di cui all'art. 43 bis comma 3 lett. B dell'ordinamento Giudiziario (così
come modificato dall'art. 10 del D.lgs. 51/98) alla stessa limitazione originariamente
prevista per i vice-procuratori onorari dall'articolo 72.
Tale scelta normativa muove dalla constatazione, derivante dall'esperienza giudiziaria
di questi ultimi anni, dell'imprescindibile necessità che a giudicare
e rappresentare l'ufficio del pubblico ministero per reati dotati di particolare
complessità sia nell'accertamento che nell'interpretazione delle norme
sulla qualificazione giuridica del fatto (si pensi all'omicidio colposo con
violazione delle norme infortunistiche o attinenti alla deontologia professionale,
al sequestro di persona con lesioni personali gravi e maltrattamenti in famiglia,
all'estorsione, ai reati in materia di stupefacenti che di regola vedono l'imputato
affrontare il giudizio in stato di custodia cautelare) fossero chiamati esclusivamente
magistrati togati di carriera, dotati di particolare professionalità
ed esperienza e soggetti ad una verifica continua della loro preparazione (presenza
necessaria a garanzia dello stesso imputato, tendendo ad assicurare che al giudice
vengano offerti tutti gli elementi acquisiti nel procedimento - c.d. completezza
della conoscenza del procedimento - anche quelli a favore).
Del resto, una soluzione diversa avrebbe consentito agli uffici giudiziari,
per la previsione di cui al primo comma lett. A), di delegare le funzioni di
pubblico ministero in udienza (o di giudice ex articolo 10 D.lgs. 51/98) a magistrati
onorari anche per reati puniti con pene assai elevate attribuiti alla nuova
competenza del giudice monocratico che, a differenza di quelli attribuiti alla
vecchia cognizione del pretore, uniscono alle difficoltà dell'accertamento
giudiziale di cui si è detto anche le questioni attinenti alla libertà
personale degli imputati, spesso in stato di custodia cautelare (ad esempio
nei casi di violazione della legge stupefacenti).
Non è quindi un caso che la limitazione in commento sia stata introdotta
proprio nella parte dedicata alle norme che disciplinano i poteri e le facoltà
dei magistrati onorari e soprattutto sia contenuta nella riforma del giudice
unico che, come si è detto, nel ridisegnare i compiti e le attribuzioni
dell'ufficio del giudice e del pubblico ministero, ha fortemente limitato l'intervento
e la partecipazione della magistratura onoraria alla giurisdizione. Del resto,
una limitazione dell'ambito di intervento dei magistrati onorari era necessitata
proprio dalle nuove e maggiori attribuzioni che si andavano ad assegnare al
tribunale in composizione monocratica (e si rammenti che nel testo del D.L.
51/98, ove trova collocazione la norma in commento che limita le attribuzioni
dei vice-procuratori, al giudice monocratico venivano attribuiti reati puniti
con pena sino ai venti anni di reclusione). Occorreva quindi abbandonare il
vecchio sistema che consentiva di delegare tout court la giurisdizione dei processi
attributi al giudice monocratico anche ai magistrati onorari.
Tale orientamento risulta poi essere stato confermato dalla legge Carotti, la
quale pur ampliando i casi in cui il solo vice-procuratore può rappresentare
l'ufficio del pubblico ministero in udienza, li ha comunque limitati rispetto
ai reati che prima erano attribuiti alla competenza del pretore (la preclusione
opera per reati diversi da quelli per cui si procede con citazione diretta a
giudizio secondo quanto previsto dall'art. 550 c.p.p.), consentendo la partecipazione
del magistrato onorario soltanto a quelli per cui si segue il rito della citazione
diretta e non disciplinando alcuna ipotesi di deroga, come invece espressamente
previsto per le preclusioni stabilite, ad esempio, per il giudice (vedi articolo
57 legge Carotti). Pertanto, se con il suddetto ampliamento il legislatore avesse
voluto consentire una deroga al criterio di cui all'articolo 23 comma 3 D.lgs.
51/98, l'avrebbe previsto espressamente. Anzi, la necessità di estendere
la partecipazione dei magistrati onorari ai reati per cui non è seguito
il rito della citazione diretta da parte del legislatore della Carotti è
volta proprio a recuperare quella simmetria che esisteva con il vecchio rito
processuale: per tutti i reati di competenza del pretore, ove era direttamente
il p.m. ad esercitare l'azione penale, era consentita la partecipazione del
v.p.o.; era invece preclusa nei casi in cui il rito avesse seguito l'udienza
preliminare. Sarebbe quindi un contro senso che il legislatore consentisse ai
vice-procuratori onorari di partecipare anche a quei processi per cui è
seguito il rito dell'udienza preliminare, momento processuale che richiede la
partecipazione di un magistrato togato quale rappresentante dell'ufficio del
pubblico ministero.
Va condivisa, sul punto, anche l'osservazione di altri giudici di merito i quali,
nel seguire l'orientamento di cui alla presente ordinanza, hanno osservato che
ove la suddetta norma ponesse una discrezionalità, statuendo che nei
processi ivi indicati la delega può intervenire o non intervenire, sarebbe
pleonastica ed inutiliter data, dal momento che non farebbe che ribadire la
generale discrezionalità posta dal comma 1°.
In conclusione può quindi affermarsi che il legislatore della riforma,
pur evidenziando la necessità di ricorrere alla magistratura onoraria,
nell'ambito di una funzione integrativa sicuramente apprezzabile, ha ritenuto
tuttavia di contenerla alla trattazione di quei procedimenti che, di regola,
si caratterizzano per minore complessità e richiedono anche un minore
dispendio di energie.
Di conseguenza, la previsione di cui all'articolo 23 comma 3 D.lgs. 51/98 (articolo
72 O.G.) deve ritenersi una norma a carattere rigido (non essendovi neppure
inserito l'inciso "di regola"), non derogabile da provvedimenti a
carattere secondario o da disposizioni particolari attinenti all'organizzazione
degli uffici (ad es. circolari o decreti). Rafforza tale conclusione anche due
ulteriori considerazioni. Pur trattandosi di una norma di ordinamento giudiziario
essa attribuisce legittimazione e potere all'organo chiamato a rappresentare
l'accusa, con rilevanza esterna. Infatti, si tratta di una legittimazione che
è destinata a svolgere i suoi effetti nel giudizio al pari delle norme
che regolano lo ius postulandi per il difensore e che quindi involge la corretta
partecipazione dell'organo di accusa al procedimento penale. Inoltre, la norma
usa l'indicativo sempre utilizzato nella legge per porre obblighi e non facoltà,
stabilendo non che il criterio indicato "può essere seguito"
o che "di regola è seguito", ma che "è seguito"
(rendendo irrilevante la questione se "criterio" sia stato usato come
sinonimo di "regola" o nel senso di "direttiva").
In tal caso, l'attività processuale svolta dal magistrato onorario non
legittimato deve ritenersi affetta da nullità, ai sensi degli artt. 178
e 180 c.p.p. (nullità di ordine generale non assoluta attenendo alla
partecipazione al procedimento e non all'esercizio dell'azione penale); pertanto,
il vice-procuratore dovrà chiedere il rinvio del processo ad altra data
(ad un'udienza in cui l'ufficio del P.M. sarà rappresentato da un magistrato
"togato").
Una soluzione diversa esporrebbe il giudizio ad una nullità di ordine
generale (non assoluta) che, essendosi verificata nel corso del processo, si
estenderebbe anche alla sentenza, costituendo per l'imputato ed il P.G. motivo
di appello con rischio di nullità della sentenza di primo grado
La presenza del P.M. "non legittimato" non esonera il giudice dal
chiamare il processo: si tratta, infatti, di questione che riguarda il controllo
della regolare costituzione delle parti, attività propria del giudice.
Una volta accertato che l'ufficio del P.M. di udienza non è legittimamente
costituito si dovrà procedere ad un rinvio al fine di non dar luogo alla
nullità, senza alcuna regressione del procedimento essendo l'azione penale
stata correttamente esercitata. L'udienza non potrà avere luogo in mancanza
di rituale intervento del P.M. ex articolo 74 comma 2 O.G.
P.Q.M.
Visto l'articolo 23 comma
3 D.lgs. 51/98, l'articolo 58 legge 16.12.1999, n. 479, l'articolo 72 O.G.,
gli artt. 178 e 180 c.p.p.
Dichiara la nullità della costituzione all'udienza del pubblico ministero,
in quanto rappresentato da soggetto non legittimato ex lege. Rinvia il processo
all'udienza del
Dispone la comunicazione della presente ordinanza al Sig. Procuratore della
Repubblica in sede.
Tivoli, 10 marzo 2000.
Il Giudice
Dott. Giovanni Ariolli