Tribunale di Grosseto, in composizione collegiale,
Ordinanza 17 marzo 2000

ORDINANZA

Il Tribunale di Grosseto in composizione collegiale

Dott. Giovanni Puliatti
Dott. Pietro Molino
Dott. Marina Perrelli

pronunziando nel procedimento n.64/97 R.Dib. nei confronti di C. + 23, sulle richieste avanzate dalle parti all'udienza del 10.3.2000, osserva quanto segue.

IN FATTO

1) La difesa degli imputati P. e F. ha chiesto l'espunzione dal fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni rese in sede di indagine preliminare dagli imputati di reato connesso M., B. e V., acquisite in dipendenza del loro esercizio - in sede di testimonianza - della facoltà di non rispondere ed in conseguenza delle successive contestazioni effettuate dal Pubblico Ministero.
Motivando la richiesta, il difensore invoca l'applicazione della legge n.35 del 25.2.2000 che ha convertito il decreto legge n.2 del 7.1.2000 - recante disposizioni urgenti per l'attuazione dell'art.2 della legge costituzionale 23.11.1999 n.2 - ove si statuisce che, ferma l'applicazione in tutti i processi dei principi del cd. "giusto processo" di cui al novellato art.111 Costituzione, per quanto concerne i processi in corso, le dichiarazioni rese da chi si è sempre sottratto liberamente all'interrogatorio dell'imputato o del suo difensore, "se già acquisite al fascicolo del dibattimento", possono essere valutate purché suffragate da altri riscontri probatori altrimenti acquisiti.
Sostiene la difesa che gli emendamenti introdotti dalla legge di conversione al decreto legge hanno carattere modificativo (piuttosto che innovativo) dell'impianto normativo del decreto, e pertanto essi esplicano efficacia "ex tunc" - a decorrere cioè dall'entrata in vigore del decreto medesimo - sicché le dichiarazioni rese dai sunnominati imputati in procedimento connesso, ancorché all'epoca legittimamente acquisite in conformità all'allora vigente disciplina processuale (quella dettata dal decreto legge 2/2000), non potendo oggi trovare utilizzazione ai fini della decisione alla luce della nuova formulazione, devono essere estromesse dal fascicolo del dibattimento per sopravvenuta inutilizzabilità.
2) Il Pubblico Ministero si è opposto alla richiesta difensiva, sostenendo che il tenore complessivo della nuova normativa (legge n.35/2000) induce a ritenere che gli emendamenti ivi arrecati alla originaria formulazione del decreto legge n.2/2000 abbiano carattere innovativo, sicché non possono che avere efficacia "ex nunc", ovvero dalla entrata in vigore della legge medesima; pertanto le dichiarazioni già acquisite in conformità della disciplina d'urgenza devono permanere nel fascicolo del dibattimento in quanto legittimamente utilizzabili ai fini della decisione.
Inoltre, proprio alla luce della novella, il Pubblico Ministero ha chiesto l'acquisizione al fascicolo del dibattimento di tutti i verbali di interrogatorio resi dall'imputato in procedimento connesso Santoro Raffaele, nonché delle lettere a sua firma allegate ai suddetti verbali: la richiesta è stata motivata sull'assunto che l'acquisizione dei suddetti verbali era già stata avanzata dall'accusa e nella sostanza accolta dal Tribunale al momento delle originarie richieste istruttorie e del contestuale provvedimento giudiziale di ammissione, pur essendosi allora il Pubblico Ministero riservato nel concreto di indicare e materialmente produrre i singoli atti volta per volta all'esito delle diverse e molteplici escussioni testimoniali del S.: giova infatti premettere che il S. è chiamato a testimoniare più volte in dibattimento sulle posizioni dei singoli imputati in quanto per la sua complessità l'istruttoria dibattimentale è stata suddivisa per tronconi individuati dalla comunanza dei soggetti e delle vicende.

IN DIRITTO

1) E' in discussione nel presente processo l'applicazione della nuova disciplina di cui alla legge 35/2000 di conversione del decreto legge 2/2000, normativa che trae origine della nuove disposizioni costituzionali sul cd. "giusto processo".
Il costituente, come noto, nel prevedere regole volte a garantire un processo che si svolga in condizioni di effettiva parità tra accusa e difesa e al fine precipuo di evitare che affermazioni di responsabilità penale possano derivare da processi nei quali il contraddittorio è concretamente impedito dalla impossibilità per l'imputato di controinterrogare il proprio accusatore, ha stabilito che la "colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore" (art.1 legge costituzionale n.2 del 23.11.1999, introduttiva del nuovo testo dell'art.111 Costituzione).
Il legislatore costituente si è quindi posto il problema della applicazione dei nuovi principi ai procedimenti penali in corso alla data di entrata di vigore della nuova disciplina, tanto che l'art.2 della citata legge costituzionale ne ha delegato la regolazione alla legge ordinaria.
Il governo, ritenuta l'urgenza, come detto ha emanato il citato decreto legge (2/2000), secondo il quale fino alla data dell'entrata in vigore della legge che ne disciplina l'attuazione nel processo penale, i principi introdotti nel novellato articolo 111 della Costituzione dovevano trovare applicazione nei procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della legge costituzionale nei quali non fosse ancora avvenuta la dichiarazione di apertura del dibattimento; per quelli a dibattimento già aperto valeva invece il principio secondo il quale la colpevolezza dell'imputato non poteva essere provata "esclusivamente" sulla base delle dichiarazioni rese da chi per libera scelta si sottraeva all'esame in dibattimento.
Il testo legislativo derivante dalla conversione in legge del decreto citato stravolge radicalmente il principio statuito in via d'urgenza, in quanto, affermando l'applicazione dei nuovi principi costituzionali per tutti i processi indistintamente e dunque prescindendo da ogni distinzione tra processi a dibattimento già aperto o meno, limita per i processi già in corso l'utilizzabilità probatoria (e dunque il possibile connesso giudizio di colpevolezza) alle dichiarazioni già presenti - in quanto già in precedenza acquisite - al fascicolo del dibattimento.
Questa sembra essere - secondo l'opinione del Collegio - l'unica interpretazione plausibile dell'inciso "se già acquisite al fascicolo del dibattimento", nel senso che solo i verbali già annessi possono essere utilizzati ai fini probatori, mentre invece vi è un divieto di utilizzazione - e dunque di previa acquisizione (non rintracciandosi a questo punto alcuna logica processuale in una eventuale acquisizione di atti insuscettibili di valutazione e utilizzazione da parte del giudice) - di quelli che alla data di entrata in vigore della legge di conversione non hanno ancora trovato ingresso nel fascicolo del dibattimento.
Una diversa interpretazione - che neghi al periodo in esame il carattere di spartiacque temporale ostativo a future acquisizioni dei verbali de quibus - appare priva di significato innovativo sia nella logica del sistema che con riguardo all'iter dei lavori parlamentari che hanno condotto alle modifiche descritte: è infatti di tutta evidenza che il dibattito parlamentare relativo alla regolazione dei principi del giusto processo sui procedimenti in corso si è insistentemente soffermato sulla necessità di individuare uno spartiacque temporale che consentisse di ribadire, pur con i dovuti accorgimenti, l'utilizzabilità delle dichiarazioni rilasciate in sede di indagine da chi si sottrae legittimamente ma volontariamente all'esame, in ossequio all'esigenza di contemperare in maniera ragionevole i diritti di difesa con il principio di conservazione (non dispersione) del materiale probatorio.
A dimostrazione dell'assunto sta il testo del decreto originario sopra riportato (che limitava l'utilizzazione, con il correttivo della non esclusività, ai dibattimenti già aperti); ancora successivamente, nella fase di conversione, veniva introdotto un emendamento (approvato dalla Commissione Giustizia della Camera in data 27.1.2000), che addirittura arretrava la soglia di utilizzabilità probatoria dei verbali ai processi per i quali era già stata esercitata l'azione penale.
2) Ciò premesso, ritiene questo Collegio che non possa escludersi che la legge di conversione confligga sotto un duplice profilo con gli artt.3 e 24 Costituzione.
Per un primo aspetto, infatti, contrasta con il principio di uguaglianza direttamente sancito dall'art.3 Costituzione e con quello di ragionevolezza dei provvedimenti legislativi comunque desumibile sul piano interpretativo dalla norma costituzionale appena richiamata, nonché con il diritto inviolabile alla difesa statuito dal secondo comma dell'art.24, la stessa previsione contemplata prima nel decreto legge e poi nella legge di conversione di un regime che diversifichi l'utilizzazione probatoria (e la preventiva acquisizione) dei verbali di interrogatorio resi durante le indagini preliminari da imputati in procedimenti connessi, affermandone l'ammissibilità per i procedimenti in corso e negandola al contrario per quelli a venire.
Le perplessità sono evidentemente motivate dalla possibile illegittimità costituzionale di una disparità di trattamento delle posizioni degli imputati per il solo effetto di un dato processual-temporale quale quello costituito dalla pendenza del procedimento penale.
E' ben vero che la previsione traduce normativamente quella che sembra essere stata - come in precedenza ricordato - la principale finalità ispiratrice dei lavori parlamentari; così come è altrettanto indiscutibile che sia la stessa legge costituzionale (n.2 del 23.11.1999) a prevedere una "regolazione" dei principi del giusto processo sui procedimenti in corso.
Resta tuttavia da dimostrare - ed in tal senso il collegio sottopone la questione al vaglio del giudice delle leggi - in primis che la "regolazione" voluta dal legislatore possa legittimamente tradursi in una demarcazione temporale dell'applicazione dei principi costituzionali e che - ove realmente l'espressione "regolazione" possa e debba essere intesa in tale accezione - tale interpretazione, ancorché dettata dall'art.2 della legge costituzionale non confligga comunque con il principio di uguaglianza di tutti i cittadini innanzi alla legge, principio che nel sistema dei valori costituzionali gode evidentemente di rango e forza prevalente su quello di cui è espressione la norma costituzionale citata (art.2 legge costituzionale).
Il sospetto di illegittimità esce poi ulteriormente rafforzato con riguardo alla previsione - quest'ultima contenuta nella sola legge di conversione - di un discrimine nemmeno ancorato a possibili scansioni processuali in una qualche misura coerentemente inserite nel sistema (quali appunto la apertura del dibattimento o ancor prima l'avvenuto esercizio dell'azione penale), ma legato ad un accadimento processuale del tutto casuale e discrezionale nei tempi, quale è l'acquisizione dei verbali di interrogatorio resi nelle indagini preliminari da chi si è poi sottratto all'esame in dibattimento: e ciò in quanto tale acquisizione non può che avvenire solo e nel momento in cui si esplica concretamente l'esame della persona e questa dichiari - nell'esercizio delle proprie facoltà difensive - di avvalersi della facoltà di non rispondere.
Lo spartiacque temporale individuato dalla norma, dunque, appare del tutto aleatorio, legato a dinamiche dibattimentali ognuna diversa dall'altra: nel processo che occupa, ad esempio, la scelta di una trattazione istruttoria frazionata per comunanza di posizioni, produce la paradossale (e, sembra di poter affermare, iniqua) conseguenza che secondo la logica della novella non potrebbero essere utilizzati alcuni verbali di interrogatorio che in nulla differiscono da altri già acquisiti al fascicolo dibattimentale a seguito della dichiarata sottrazione all'esame da parte di coloro che li hanno resi, se non per il fatto che non sono stati materialmente acquisiti non essendosi ancora espletato l'ulteriore esame testimoniale (per le posizioni relative) delle persone suddette.
Vi è di più: è possibile che lo stesso verbale, già acquisito (e dunque utilizzabile a fini decisori) per le contestazioni mosse nei confronti dell'imputato in procedimento connesso S. con riferimento alle dichiarazioni accusatorie da questi rilasciate nei confronti di alcuni imputati la cui posizione è stata oggetto di istruttoria dibattimentale, non possa essere ulteriormente acquisito "formalmente" e utilizzato a fini decisori con riferimento alle ulteriori dichiarazioni accusatorie oggetto dei futuri programmati esami testimoniali del S. (in ordine alle altre posizioni), nell'ipotesi in cui l'esaminando persista nel sottrarsi liberamente all'esame.
Non ignora il Tribunale che l'introduzione di modifiche costituzionali di tale portata pone evidenti problemi di coordinamento con riferimento ai processi in corso.
La ricordata esigenza di contemperare l'applicazione dei nuovi principi con la necessità di salvaguardare le attività già compiute - stante la scelta del legislatore di non intervenire (quanto meno allo stato del diritto vigente) sulla disciplina del cd. "diritto al silenzio", quanto piuttosto di diversificare le posizioni di chi si trova ad essere sottoposto a procedimento penale - presta il fianco a dubbi di costituzionalità allorché si traduce normativamente nella previsione di un'applicazione dei nuovi principi legata ad un evento temporale puramente accidentale, privo cioè di una valenza autonoma giustificativa della dicotomia.
3) In ordine alla rilevanza della questione, osserva il Collegio che la novella richiamata trova applicazione comunque si decida sulle richieste delle parti.
Qualora infatti si abbracci la tesi difensiva secondo cui la legge di conversione reca emendamenti di tenore modificativo dell'impianto normativo adottato in via d'urgenza, i suoi effetti - in conformità al costante insegnamento giurisprudenziale (per tutte: Cass. Sez. I, sentenza n.7451 del 24.6.1998) - vanno necessariamente fatti retroagire al momento della entrata in vigore del decreto legge convertito.
Pertanto, tutti i verbali acquisiti durante il periodo di vigenza del decreto - ovvero i verbali delle dichiarazioni rese dagli imputati in procedimenti connessi M., B. e V. - devono reputarsi non più utilizzabili (per inutilizzabilità sopravvenuta) e come tali da estromettere dal fascicolo del dibattimento.
Ove invece si ritenesse - diversamente opinando - che gli emendamenti arrecati dalla legge di conversione rivestono carattere radicalmente innovativo (o addirittura sostitutivo), e dunque sono privi di efficacia retroattiva, la legge di conversione dovrebbe parimenti trovare applicazione nell'odierno procedimento, ancorché con riferimento alle istanza della pubblica accusa.
Infatti, la richiesta di acquisire tutti i verbali di interrogatorio resi dall'imputato in procedimento connesso S., ancorché avanzata al momento delle originarie richieste istruttorie, non ha invero condotto ad un formale provvedimento e alla materiale acquisizione dei verbali medesimi nel fascicolo del dibattimento; peraltro, il S. è stato sentito a testimonianza (ove si è avvalso della facoltà di non rispondere) solo con riferimento alla posizione di alcuni imputati, per cui vi è necessità di risentirlo affinché deponga in ordine alle altre vicende di cui in imputazione, attività solo al termine della quale (e postulata la rinnovata sottrazione all'esame e le successive contestazioni del Pubblico Ministero nelle forme indicate dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n.361 del 2.11.1998) potrebbe darsi luogo alla acquisizione dei verbali nelle parti relative alle dichiarazioni concernenti le vicende oggetto di esame.
Dunque, l'acquisizione dei verbali (e dei documenti allegati) oggetto della richiesta del Pubblico Ministero, lungi dall'essere atto processuale già formalmente avvenuto (fatta salva la materiale allegazione al fascicolo del dibattimento dei verbali nella loro cartolarità) è attività che, sebbene iniziata (avendo la parte interessata all'acquisizione formulato richiesta formale), è ancora da perfezionarsi, ed in tal senso trova ostacolo nella nuova disciplina della cui legittimità costituzionale si dubita.
4) Per le considerazioni esposte, va ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell'art.1 comma 2 Decreto Legge n.2 del 7.1.2000, per come modificato dalla legge di conversione n.35 del 25.2.2000, nella sua totalità e, in via subordinata, nella parte in cui limita la valutazione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore, a quelle già acquisite al fascicolo per il dibattimento, per contrasto con gli artt.3 e 24 della Costituzione.
5) Nella consapevolezza della singolarità di una opzione interpretativa alternativa, il Collegio sottopone inoltre al giudizio della Corte un ulteriore dubbio di legittimità costituzionale, attinente a norma parimenti da applicare nel processo che occupa.
La questione muove dalla ipotesi che, ritenuta autonomamente o per monito del giudice delle leggi la piena conformità al dettato costituzionale della normativa in precedenza denunciata, questo collegio si trovi dunque a dover limitare l'utilizzabilità delle dichiarazioni rese in istruttoria preliminare a quelle già acquisite al fascicolo del dibattimento.
In una tale prospettiva, dovendo comunque statuire sulla richiesta del Pubblico Ministero, il Tribunale si troverebbe (ed in questo senso la questione pare rilevante) a dover decidere su una richiesta di acquisizione motivata ai sensi dell'art.513 c.p.p., norma che a quel punto si profila come inevitabilmente incompatibile con il regime introdotto dalle nuove disposizioni.
Se mal non si interpreta infatti il quadro normativo di riferimento, la disposizione contenuta nella succitata norma processuale (art.513 c.p.p.) - per come risultante dalla interpretazione dettatane dalla Corte Costituzionale nella nota pronuncia n.361 del 2.11.1998 già richiamata (che ha dichiarato tra le altre l'incostituzionalità del secondo comma nella parte in cui non prevede che qualora il dichiarante rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere sui fatti concernenti la responsabilità di altri, già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza dell'accordo delle parti, alla lettura si applica l'articolo 500 commi 2 bis e 4 c.p.p.) - è tuttora vigente nell'ordinamento; pertanto, nulla sembra vietare in linea di principio che anche per il futuro possano e debbano (sussistendone i presupposti) acquisirsi le dichiarazioni di imputati in procedimenti connessi che rifiutino di sottoporsi all'esame.
Una tale evenienza processuale appare tuttavia in evidente contrasto con le nuove disposizioni (di cui alla legge di conversione 35/2000), le quali nel vietare l'utilizzabilità delle suddette dichiarazioni, sembrano logicamente escluderne la previa acquisizione, posto l'evidente rapporto di interdipendenza funzionale fra le due attività.
Si profila pertanto come anticipato un ulteriore dubbio di costituzionalità - come detto in qualche modo subordinato o alternativo alla mancata condivisione da parte della Consulta del primo sospetto - concernente la incompatibilità sopravvenuta del vigente articolo 513 c.p.p. con le disposizione di cui alla legge n.35 del 25.2.2000 (legge, quest'ultima, che potrebbe reputarsi in qualche modo "prevalente" rispetto alla prima norma in quanto direttamente applicativa del precetto di cui all'art.111 Costituzione).
6) Su tali premesse, il Tribunale ritiene la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell'art.513 c.p.p. per conflitto con l'art.111 Costituzione, del quale la legge 35/2000 costituisce concreta attuazione.

P. Q. M.

Il Tribunale,
visto l'art.23 della legge 11.3.1953 n.87,
ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva questione di costituzionalità, per contrasto con gli artt.3 e 24 della Costituzione:
- dell'intero art.1 comma 2 Decreto Legge n.2 del 7.1.2000, per come modificato dalla legge di conversione n.35 del 25.2.2000;
ovvero
- dell'art.1 comma 2 Decreto Legge n.2 del 7.1.2000, per come modificato dalla legge di conversione n.35 del 25.2.2000, nella sola parte in cui limita la valutazione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore, a quelle già acquisite al fascicolo per il dibattimento;
ovvero
- dell'art.513 c.p.p. per conflitto con l'art.111 della Costituzione.

SOSPENDE il processo in corso e MANDA alla Cancelleria per l'immediata trasmissione della presente ordinanza alla Corte Costituzionale e per la notifica della medesima al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.


Grosseto, 17.3.2000

IL PRESIDENTE
Dott. Giovanni Puliatti

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