Tribunale di Taranto, Sezione I Penale (in funzione di Tribunale per il riesame)
Ordinanza 26 novembre-3 dicembre 1999

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TARANTO
prima sezione penale


composto dai Magistrati

dott. Sergio CASSANO Presidente rel.
dott. Stefania D'ERRICO Giudice
dott. Patrizia TODISCO Giudice

decidendo sulla istanza di riesame avanzata in data 22.11.99 nell'interesse di

U. M., attualmente detenuto nel carcere di Taranto, indagato per il delitto di cui agli art. 110, 81 c.p. 73 DPR 309/90 commesso in Sava il 15.11.99;

avverso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 18.11.99 dal Gip presso questo Tribunale nei suoi confronti;

letti gli atti trasmessi;

ritenuta la regolarità degli avvisi -la notifica al difensore è avvenuta il giorno 23 per l'udienza del 26- in quanto il termine di comparizione di tre giorni previsto dall'art. 309 comma 8 c.p.p. non deve calcolarsi libero (Cass. sez. VI del 03.02.93, Piacentini e, con diversa motivazione, Cass. sez. V, 01.12.98-17.02.99, Di Giacomo). Pur nella consapevolezza del diverso insegnamento delle s.u. sul punto (Cass. s.u. 12.02.93, Piccioni), va rilevato che a tale pronuncia sono sopravvenute la modifica del comma 3 dell'art. 293 c.p.p. con l. 332/95, nel senso di consentire al difensore di prendere conoscenza degli atti che fondano la misura subito dopo la sua esecuzione (senza attendere, come prima della novella, il loro deposito al TdL), e la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 232/98, la quale nell'interpretare l'art. 309 c.p.p. ha in sostanza statuito che dal momento del deposito dell'istanza di riesame la relativa decisione deve intervenire non oltre quindici giorni. Queste due novità normative, da un lato, hanno ampliato il termine di conoscenza da parte della difesa degli elementi a carico dell'arrestato e quindi di preparazione dei propri argomenti innanzi al TdL -qualora ritenga, esaminati gli atti, di farvi ricorso- e dall'altro hanno compresso il termine che ha prima l'AG che procede di trasmettere gli atti e poi il Giudice del riesame per fissare la camera di consiglio, esaminare gli atti, decidere e depositare il provvedimento conclusivo. Pertanto di fronte ad un dato normativo di dubbia interpretazione letterale ("l'avviso della data fissata per l'udienza è … notificato entro lo stesso termine -almeno tre giorni prima- al…difensore", espressione che il codificatore repubblicano ha preferito a quella originaria del codice del 1930 che, in tema di termini di comparizione, usava costantemente l'inequivoca espressione "il termine per comparire non può essere inferiore a giorni…" v. art. 405, 407, 409 c.p.p. 1930; nel vigente codice l'espressione ricompare solo negli art. 450 co. 2 e 601 co. 3) il quale ha dato luogo a divergenze interpretative che la Suprema Corte ha ritenuto di comporre fin dal '93, senza peraltro sedarle, le due richiamate novità convergono per far ritenere, in sede di interpretazione sistematica, più corretta quella che esclude che quel termine vada calcolato intero e libero: se, infatti, il termine di esame da parte della difesa degli atti posti a base della custodia è stato enormemente ampliato passando dagli originari tre giorni a tredici (ossia dieci giorni per presentare il ricorso più tre giorni per la comparizione in udienza) -superando quello ordinario previsto in genere per le camere di consiglio (v. art. 127 e 666 c.p.p.)- mentre quello di esame da parte de Giudice si è, se non ristretto, quantomeno irrigidito stabilendosi una maggiore celerità di articolazione, appare corretta un'interpretazione del decorso del termine di tre giorni che esclude il suo calcolo come libero poiché garantisce e rafforza quella celerità propria del rito ex art. 309 c.p.p., voluta dal legislatore e raffermata dal Giudice delle leggi, senza che la difesa ne subisca alcun reale nocumento;

considerato, quanto al merito, che appaiono sussistere a carico del ricorrente gravi indizi della commissione del reato attribuitogli: il contributo dato da U. M. all'attività -se non di spaccio sicuramente- di detenzione finalizzata allo spaccio commessa, mentre era ristretto agli arresti domiciliari, dal fratello Vincenzo è attestata dal fatto della coabitazione tra i due (v. verb. interrog. al Gip) e dal concreto contributo all'occultamento dato col tentativo di liberarsene al momento dell'accesso dei CC;

considerato, altresì, che sussiste il pericolo di reiterazione di reati della medesima specie deducibile sia dalla personalità del reo (soggetto recidivo reiterato infraquinquennale) sia dalle modalità del fatto (commesso in concorso col fratello ristretto agli arresti domiciliari e relativo a sostanza stupefacente del tipo eroina).

ritenuto che unica misura proporzionata alla entità del fatto ed alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata nonché adeguata alla natura ed al grado della esigenze cautelari da soddisfare appare la già comminata detenzione carceraria, essendo esclusa la concedibilità degli arresti in casa per le ridette modalità del fatto;

p.q.m.

conferma l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 18.11.99 dal Gip presso questo Tribunale nei confronti di U. M., attualmente detenuto nel carcere di Taranto.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Manda la Cancelleria per gli adempimenti e per la comunicazione di copia del presente provvedimento al Direttore del Carcere ove è attualmente ristretto il ricorrente ai sensi dell'art. 94 disp att. c.p.p.

Taranto, lì 26.11.99

Il Presidente est.

Depositato in Cancelleria lì 3 dicembre 1999

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