Tribunale
di Firenze, Sezione I Penale
Ordinanza 21 settembre 1999
TRIBUNALE
DI FIRENZE
SEZIONE I PENALE
Composto dai
seguenti Magistrati
- Dr. Emma Boncompagni - Presidente
- Dr. Giacomo Rocchi - Giudice
- Dr. Liliana Anselmo G.O. - Giudice
A) In relazione
alle eccezioni sollevate in ordine alla nullità della richiesta di rinvio
a giudizio per violazione dell'art. 416 c.p.p., il Tribunale osserva:
- ai soli fini della valutazione della fondatezza dell'eccezione sono ovviamente
utilizzabili gli atti compiuti nel corso delle indagini preliminari nonché
la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal P.M. ed esibiti a tal fine dalle
parti (o già presenti erroneamente nel fascicolo per il dibattimento);
diversamente opinando il tribunale non sarebbe in grado di verificare neppure
se vi sia stato un invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio e nemmeno
se un interrogatorio abbia avuto luogo. La norma di cui all'art. 431 c.p.p.
ha, infatti, funzione meramente strumentale rispetto al momento di formazione
della prova, garantisce cioè che le prove che il giudice del dibattimento
metterà a base della sentenza siano soltanto quelle formatesi nel dibattimento
stesso o quelle derivanti dagli atti irripetibili o formatesi nel corso dell'incidente
probatorio, dichiarati utilizzabili;
- la norma dell'art. 416 c.p.p. introdotta dalla riforma del 1997 non trova
origine in una preesistente violazione degli artt. 3 e 14 Cost., come affermato
a chiare lettere dalla S.C. nella parte in cui non prevedeva l'obbligo del previo
interrogatorio dell'indagato per la legittimità dell'esercizio dell'azione
penale; ciò induce a interpretare la riforma anche sulla base testuale,
nel senso che l'invito a presentarsi mira a far si che l'indagato, in primo
luogo, venga a conoscenza di un'indagine preliminare a suo carico prima della
richiesta di rinvio a giudizio; in secondo luogo che riceva dal P.M. una "sommaria
enunciazione del fatto", così da esercitare pienamente il diritto
di difesa e influenzare le indagini preliminari indicando ulteriori elementi
che il P.M. avrà l'obbligo di approfondire. In questa fase l'enunciazione
del fatto non si è ancora trasfusa in una imputazione rigida, atteso
che la definitiva formulazione dell'imputazione interviene soltanto con l'esercizio
dell'azione penale. Si deve, quindi, in primo luogo escludere, come sostenuto
all'odierna udienza, che l'invito a presentarsi debba necessariamente intervenire
al termine delle indagini preliminari, e tanto meno che all'invito a presentarsi
debba necessariamente seguire l'interrogatorio, cui l'indagato può volontariamente
sottrarsi.
Quanto fino a questo momento argomentato induce a valutare l'equipollenza tra
gli atti compiuti dal G.I.P. in occasione dell'emissione di ordinanza di custodia
cautelare e gli atti previsti dall'art. 416 cit.; in particolare, come previsto
dall'art. 292 c.p.p., l'ordinanza di custodia cautelare deve contenere la "descrizione
sommaria dei fatti", espressione che sostanzialmente coincide con la "sommaria
enunciazione del fatto" di cui all'art. 375 c.p.p., rinviando anche in
questo caso la compiuta enunciazione alla richiesta di rinvio a giudizio: l'ordinanza,
quindi, ottiene lo stesso risultato dell'invito a comparire da parte del P.M.
Per quanto concerne, poi, le modalità dell'interrogatorio "di garanzia"
da parte del G.I.P., non si deve dimenticare come l'art. 294 c. IV c.p.p., nel
richiamare l'art. 65 c.p.p. (che impone la contestazione chiara e precisa del
fatto alla persona sottoposta all'interrogatorio), in sostanza equipara tale
interrogatorio a quella che il P.M. svolge nel corso delle indagini preliminari;
- nel caso di specie la lettura dell'amplissima ordinanza di custodia cautelare
emessa nei confronti di tutti gli imputati, ad eccezione del solo M.L., sia
pure in relazione al solo reato associativo, consente di esprimere un sicuro
giudizio in ordine alla avvenuta enunciazione dei fatti contestati anche ai
reati poi trasfusi nelle imputazioni sub B, D ed E, ben più che sommaria;
le singole operazioni finanziarie, infatti, vengono dettagliatamente descritte
ed analizzate, con specifico riferimento ai vari titoli falsificati e oggetto
dei vari scambi e con ampia evidenziazione del ruolo di ciascuno dei destinatari
della misura cautelare, oggi imputati;
- tale valutazione deve riferirsi anche alla posizione di U.S.V.: in effetti,
nonostante il G.I.P., all'esito dell'interrogatorio di garanzia, avesse riscontrato
la probabile sussistenza di un errore di persona, tale da giustificare la revoca
della misura cautelare, all'esito delle indagini all'U. sono state contestate
esclusivamente condotte interamente ricomprese in quelle descritte nell'ordinanza
di custodia cautelare;
- una prima eccezione riguarda il fatto contestato al capo H a S.M.: come si
evince dallo stesso capo d'imputazione, oggetto del reato sono titoli che furono
sequestrati dalla P.G. soltanto nel corso della perquisizione operata nei confronti
del S. in data 10/3/1998, nel corso dell'esecuzione della misura cautelare.
Nel verbale di perquisizione e sequestro i titoli vengono soltanto menzionati,
senza che emerga fin da quel momento la circostanza della loro falsità.
Tale circostanza non emerge nemmeno nel corso dei due interrogatori, effettuati
entrambi il successivo 11/3/1998, rispettivamente dal G.I.P. e dal P.M.: verosimilmente
il fatto che si trattasse di titoli falsi emerge da accertamenti successivi,
cui, peraltro, non seguì da parte del P.M. una specifica contestazione
nell'ambito di un successivo interrogatorio. Poiché la falsità
in questione costituisce circostanza del tutto autonoma rispetto alle operazioni
di scambio di titoli tra F. e S. (non a caso viene contestata separatamente
dallo stesso P.M.), in relazione a questa imputazione la richiesta di rinvio
a giudizio avanzata dal P.M., nei confronti del S. incorre nella nullità
di cui all'art. 416 c.p.p., atteso che mai, prima di detta richiesta, il fatto
dell'aver ricevuto titoli falsi fu "contestato" all'imputato. Ne consegue,
altresì, la nullità del decreto che dispone il giudizio e la necessità
di stralcio della posizione e di trasmissione degli atti, al P.M.;
- una seconda eccezione concerne, poi, il resto contestato a numerosi imputati
al capo C: in effetti nell'ordinanza di custodia cautelare, pur riferendosi
la circostanza che P. M. utilizzava la falsa generalità di M.L., non
si evidenzia affatto che lo stesso utilizzasse le due carte di identità
provenienti da un furto commesso ai danni del Comune di Procida, né,
altresì, l'uso da parte degli imputati del timbro riportante il nome
di un notaio che si assume essere falso. Nemmeno negli interrogatori di garanzia
si fa riferimento alla provenienza delittuosa delle carte d'identità
e alla falsità del timbro. Di conseguenza deve ritenersi che il "fatto"
non sia stato nemmeno sommariamente enunciato in un interrogatorio svolto prima
della richiesta di rinvio a giudizio;
- come si è visto il solo M.L. non è stato destinatario dell'ordinanza
di custodia cautelare emessa dal G.I.P. nel corso delle indagini preliminari:
per lo stesso, quindi, non si può porre il problema della equipollenza
degli atti del G.I.P. all'invito a presentarsi e all'interrogatorio del P.M.;
Attualmente non risulta agli atti né un invito a presentarsi da parte
del P.M. all'imputato né tanto meno un verbale di interrogatorio; peraltro,
poiché il P.M. si è riservato di produrre l'invito a presentarsi,
sull'eccezione di nullità occorre che il Tribunale, a sua volta, si riservi
di provvedere alla prossima udienza;
- all'udienza preliminare del 13/10/1998 il G.U.P., a parziale accoglimento
dell'eccezione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio sollevata
dai difensori degli imputati per violazione dell'art. 416 c.p.p., dichiarava
la nullità della richiesta limitatamente ai reati contestati sub F a
F.A. e sub G a R.C., disponendo contestualmente lo stralcio delle due posizioni
e la restituzione degli atti al P.M.; all'esito dell'udienza, peraltro - verosimilmente
per un errore materiale - il G.U.P. disponeva il rinvio a giudizio per l'odierna
udienza degli imputati suddetti anche in relazione alle due imputazione sopra
ricordate.
Da tale discrasia discende senza dubbio la nullità del decreto che dispone
il giudizio in relazione a tali imputazioni: tale nullità discende da
quella già dichiarata dal G.U.P. relativa alla richiesta di rinvio a
giudizio ai sensi dell'art. 185 c. I c.p.p. Il processo, quindi, ai sensi del
terzo comma dello stesso articolo, deve regredire alla fase in cui è
stato compiuto il primo atto nullo, cioè la richiesta di rinvio a giudizio,
con conseguente restituzione degli atti al P.M.
(omissis)
P.Q.M.
1) dichiara la
nullità della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto che ha disposto
il rinvio a giudizio limitatamente alle seguenti posizioni:
- per F.A., V.B., S.M., V.S., P.R., P.M., A.D., D.C.G., R.C. e L.E. con riferimento
al capo C dell'imputazione;
- per S.M. con riferimento al solo capo H dell'imputazione;
2) dichiara, altresì, la nullità del decreto che dispone il giudizio
limitatamente alle ulteriori posizioni:
- per F.A. con riferimento al solo capo F dell'imputazione;
- per R.C. con riferimento al solo capo G dell'imputazione.
Dispone, pertanto, lo stralcio delle predette posizioni, con formazione di autonomo
fascicolo e restituzione dello stesso a P.M. in sede;
3) riserva di provvedere sull'eccezione di nullità del decreto a giudizio
sollevata in relazione alla posizione di M.L.;
4) respinge le ulteriori eccezioni di nullità sollevate dalla difesa
degli imputati ex art. 416 c.p.p.
(omissis)
Firenze, 21/9/1999