Pretura
di Genova,
Sentenza 18 maggio 1999
Simulazione di reato - Reato di pericolo - Offensività della condotta rispetto al bene protetto - Necessità - Notizia di reato infondata icto oculi - Sussistenza del reato - Esclusione
MOTIVI
M. C. e G. T. sono stati
rinviati a giudizio con l'accusa di simulazione di reato, per avere, in concorso,
mediante denuncia materialmente sporta dal T., affermato che l'auto dello stesso,
già danneggiata sul cofano e sulla portiera anteriore destra - dove erano
riscontrabili danni da atti vandalici - era stata danneggiata da ignoti anche
sulla portiera anteriore sinistra.
La condotta contestata al C. è quella di aver - nella sua qualità
di carrozziere - consigliato al T. di denunciare come danno subito (ovviamente
per ottenere un indennizzo dall'assicurazione) anche i danni patiti dalla portiera
sinistra della sua vettura.
L'istruttoria dibattimentale è stata caratterizzata dall'escussione del
perito assicurativo Balma, che constatò i danni lamentati, nonché
dall'esame degli imputati.
Sono stati altresì acquisiti, ai sensi dell'art. 512 c.p.p., i verbali
degli atti compiuti dall'Ufficiale di p.g. B. E., che ricevette la denuncia
e che è deceduto nelle more del procedimento.
Dagli atti utilizzabili è emerso che il T. si è recato a denunciare
i danni alla sua vettura in Questura. Ricevuta la denuncia, l'UPG - come si
legge nella annotazione di servizio - "insospettito chiedeva allo stesso
di poter visionare l'auto per poter constatare che quanto asserito nel verbale
corrispondesse a verità"; al che il T. ha affermato che tutto quanto
asserito in denuncia era falso e che era stato a ciò consigliato dal
C., suo carrozziere.
Il delitto di simulazione di reato richiede che la denuncia esponga i fatti
in modo che si possa iniziare un procedimento penale per accertare se essi siano
effettivamente reato e chi ne sia l'autore. Il presupposto è dunque che
i fatti esposti in denuncia appaiano credibili per come sono descritti, per
le modalità di presentazione della stessa, per l'atteggiamento concreto
di chi la presenta.
Si tratta, infatti, di un reato di pericolo concreto, istantaneo, che si perfeziona
allorché venga presentata una denuncia di reato idonea a far si che -
giova ribadirlo - "si possa iniziare un procedimento penale per accertarlo".
Se si analizza lo svolgimento dell'episodio nella successione delle diverse
fasi si rileva che la denuncia (dal contenuto falso) è stata effettivamente
presentata e che l'U.pg. ricevente - nell'atipicità che caratterizza
i possibili modi di inizio di un procedimento penale - ha posto in essere atti
di indagine col manifestare al T.e l'intenzione di visionare l'auto.
Occorre allora valutare, sulla base delle premesse poste, quale fosse lo scopo
dell'atto di indagine posto in essere dall'UPG.
Da quanto emerso, si ritiene che tale manifestata intenzione di andare a visionare
l'auto, sia stata motivata non già dalla volontà di effettuare
quegli accertamenti ritenuti necessari onde reperire elementi di prova in ordine
al reato denunciato - il danneggiamento della vettura ad opera di ignoti - ,
bensì al fine di valutare la credibilità della denuncia medesima,
della quale il B. dubitava, essendosi da subito "insospettito" della
veridicità di quanto narratogli dall'imputato.
Tale circostanza è di decisivo rilievo in ordine alla valutazione circa
la sussistenza o meno della simulazione di reato , in particolare sotto il profilo
della necessaria offensività della condotta rispetto al bene protetto
dalla norma, principio che dottrina e giurisprudenza ritengono sia codificato
nell'art. 49, comma 2 c.p. D'altra parte, posta la tipizzazione dell'illecito
e chiarito che l'atto di indagine - di cui all'art. 367 c.p. - deve essere funzionale
all'accertamento del reato denunciato, si rileva che alcuna norma sanziona il
comportamento di chi espone un fatto-reato non credibile alla Autorità.
Ragionamento che per altra via prova come il fatto per cui è causa non
ha rilevanza penale .
Se il bene protetto dall'art. 367 c.p. è il corretto funzionamento dell'attività
giudiziaria onde evitare il dispiegamento di energie investigative e giudiziarie
inutili, denuncia idonea a offendere tale interesse è quella che, oggettivamente
credibile, determini il ricevente a compiere atti d'indagine volti ad accertare
il fatto denunciato, che deve apparire prima facie come fattispecie penalmente
rilevante.
Né è a ragionarsi in ordine alla possibilità - discussa
e tendenzialmente negata - di applicare analogicamente, in bonam partem, l'istituto
della ritrattazione all'art. 367 c.p., giacché tale causa di non punibilità
opera in un momento successivo al perfezionamento del reato, mentre nel caso
di specie il reato, per non esservi offesa al bene protetto, non giunge a perfezione.
In altri termini, l'atteggiamento sospettoso tenuto dall'Ispettore B. - che
ha avuto causa nella complessiva condotta non credibile del T. - ha impedito
il perfezionarsi della fattispecie, sotto il profilo dell'assenza di offesa
all'interesse tutelato dall'art. 367 c.p.
L'ovvia conseguenza di tali ragionamenti non può che essere l'assoluzione
di entrambi gli imputati dal reato loro ascritto perché il fatto non
sussiste.
PQM
Visto l'art. 530 c.p.p.,
ASSOLVE
C. M. e T. G. dal reato loro ascritto perché il fatto non sussiste.
Genova, 18 maggio 1999
Il Pretore
Federico Augusto Mazza
(Minuta redatta dall'uditore giudiziario Massimo Scarabello)