Corte
di Appello di Genova, Sez. II Penale
Sentenza 16 luglio 1998
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
La Corte di Appello
di Genova Sezione Penale II
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Adriano Sansa - Presidente
Dott. Giorgio Odero - Consigliere
Dott. Giorgio Piero Pareo - Consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel procedimento
penale
Contro 1) omissis 2) Soc. omissis 3) omissis Con la costituzione di parte civile:
TELECOM ITALIA S.p.a. rappresentata dal responsabile dell'area territoriale
affari legali Liguria della SIP pro-tempore
IMPUTATI
Del reato p.
e p. dagli artt. 81 cpv. 110, 314 c.p. perché in concorso tra loro, con
più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nella loro qualità
dei soci della X S.n.c. che gestiva il telefono pubblico di Chiavari e pertanto
incaricati di pubblico servizio, si appropriavano di complessive L. 1.484.280
costituenti il provento delle telefonate effettuate, appartenenti alla S.I.P.
In Chiavari dall'agosto 1988 al novembre 1988.
Con recidiva semplice per Sempronio e reiterata per Caio.
APPELLANTI
Avverso la sentenza del Tribunale di Chiavari che in data 11/7/1996 "Visti gli artt. 533 e 535 e 528 c.p.p.
DICHIARAVA
Tizio, Caia e Sempronio colpevoli del reato loro ascritto e, con le attenuanti generiche li
CONDANNAVA
Ciascuno alla
pena di anni due e giorni dieci di reclusione altre al pagamento delle spese
processuali.
Visto l'art. 317 bis c.p.
DICHIARAVA
I predetti interdetti per la durata della pena dai pubblici uffici.
CONDANNAVA
Tizio, Caia e Sempronio, in solido tra loro, a risarcire il danno alla costituita Parte Civile, per L. 1.192.680, rivalutate dal 1/12 1988 sino alla data odierna e con interessi legali da calcolarsi annualmente sulla somma capitale annualmente rivalutata, nonché a rifondere in favore della costituita Parte Civile le spese di costituzione e rappresentanza, che si liquidano in complessive L. 2.000.000 di cui L. 100.000 per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge.
Sulla relazione del Dott. Giorgio Piero Pareo.
In fatto e diritto
Con ampia e diffusa articolazione di motivi di appello Tizio, Caia e Sempronio
propongono alla Corte tre questioni la prima relativa alla natura del contratto,
la seconda e la terza connesse con la posizione soggettiva dei contraenti. In
via di subordine, gli appellanti rilevano la prescrizione di una appropriazione
indebita eventualmente ritenuta a seguito di derubricazione del reato di peculato
e, comunque la non configurabilità di un reato continuato attesa la sussistenza
di un'unica violazione di legge.
Fa da sfondo ai motivi di appello una più generale doglianza nei confronti
dell'impugnata sentenza che, sulla scorta di dati di fatto non contestati, applica
alla fattispecie una valutazione in termini di peculato, ciò che presuppone
da un punto di vista oggettivo una altruità della cosa (nel caso di specie
il denaro) e da un punto di vista soggettivo l'appartenenza ad un contesto di
Pubblica Amministrazione della SIP-Telecom, e la qualifica di incaricati di
pubblico servizio in capo agli appellanti, soci illimitatamente responsabili
della X S.n.c.
Condizione sufficiente per l'esclusione di un peculato è il mancato riconoscimento, in capo agli appellanti, di incaricati di pubblico servizio.
La circostanza
è talmente pacifica, a seguito della nuova formulazione degli artt. 314,
315, 357, 358 c.p., che sul punto si è formato accordo fra tutte le parti
(P.G., p.c., imputati) le quali all'odierna udienza hanno concordemente dato
atto, nella requisitoria e nelle arringhe, dell'impossibilità di ritenere
gli appellanti alla stregua di incaricati di pubblico servizio. La parte civile
insiste, peraltro, sull'altruità del denaro che doveva essere versato
alla SIP-Telecom in forza del contratto di gestione di telefono semi-pubblico
intercorso fra le parti e ritiene pertanto che nella fattispecie sia ravvisabile
un'ipotesi di appropriazione indebita per la quale senz'altro opererebbe la
prescrizione, ma che comporterebbe una conferma della sentenza a fini civilistici.
La prospettazione della parte civile non è esatta, non potendosi configurare
né una proprietà dei gettoni in capo alla SIP-Telecom né
di quella somma di denaro della quale essa era ed è pacificamente creditrice
nei confronti della X S.n.c.
Come giustamente nota la difesa degli appellanti, i gettoni costituivano la
chiave d'accesso all'apparecchio e, si può aggiungere, erano merce estremamente
extravagante, vuoi perché la telefonata poteva avvenire con gettoni già
in possesso di avventori, vuoi perché gli avventori ben potevano non
restituire almeno in parte al gestore che li aveva consegnati, i gettoni non
utilizzati, vuoi perché il gestore aveva la chiave della cassetta di
caduta dei gettoni utilizzati. I gettoni, quindi, di là della mera azione
meccanica di consentire il contatto, non rappresentavano l'equivalente in denaro
del traffico telefonico documentato da un contatore.
E' pertanto intercorso fra le parti un contratto di somministrazione la cui
entità periodica era valutata da un elemento commisuratore in cui l'obbligazione
del gestore era quella di pagare il corrispettivo per il servizio, gravato da
IVA e al netto di un compenso. Ulteriori clausole prevedevano un minimo garantito
di traffico, con obbligo del gestore di pagare l'eventuale differenza, sino
a concorrenza del minimo anzidetto ove lo stesso non fosse stato raggiunto,
e la applicazione di una penale per ritardato pagamento da parte del gestore.
La piena, indiscutibile ed assoluta sinallagmaticità del rapporto contrattuale
fra appellanti quali soci della X S.n.c. e SIP-Telecom, con previsione di obbligazioni
reciproche, esclude l'altruità del denaro, di cui al SIP-Telecom era
niente di più e niente di meno che una creditrice e, in parte - per ciò
che attiene i compensi - debitrice nei confronti della controparte.
Sulla scorta delle motivazioni che precedono, Tizio, Caia e Sempronio vanno
assolti dal reato loro ascritto perché il fatto, consistente in una appropriazione
di cosa mobile altrui, non sussiste.
P.Q.M.
Visto l'art.
605 c.p.p.
In riforma della sentenza 11 luglio 1996 del Tribunale di Chiavari, impugnata
dagli imputati omissis assolve gli stessi dall'imputazione loro in concorso
ascritta, perché il fatto non sussiste.
Genova, lì 16/7/1998.