Corte
Costituzionale,
Sentenza 5 - 12 luglio 2001, n. 243
SENTENZA
N.243
ANNO 2001
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO Giudice
- Massimo VARI "
- Riccardo CHIEPPA "
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dellart. 271 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 16 giugno 2000 dal giudice delludienza preliminare del Tribunale di Verona nel procedimento penale a carico di Contin Cristian ed altri, iscritta al n. 707 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dellanno 2000.
Visti gli atti di costituzione di Contin Cristian e di Contin Flavio ed altro nonché latto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nelludienza pubblica del 22 maggio 2001 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;
uditi gli avvocati Piero Longo per Contin Cristian, Alessio Morosin per Contin Flavio ed altro e lavvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Nel corso del procedimento penale a carico di Contin Cristian e altri, accusati tra laltro del reato di associazione antinazionale (art. 271 cod. pen.), diretta a "distruggere o deprimere il sentimento nazionale inteso come coscienza dellunità territoriale, sociale e politica dellItalia", il giudice delludienza preliminare del Tribunale di Verona, richiesto dal P.M. dellemissione del decreto che dispone il giudizio, ha promosso, in riferimento agli artt. 2, 18 e 21 della Costituzione, il giudizio di legittimità costituzionale dellart. 271 del codice penale.
Ad avviso del rimettente, tale precetto violerebbe anzitutto lart. 21 della Costituzione, poiché lunico limite posto dalla Costituzione alla libera manifestazione del pensiero, quello del buon costume, non avrebbe alcuna attinenza al "sentimento nazionale".
Neppure sarebbe ipotizzabile un limite implicito alla libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) capace di dare fondamento alla fattispecie incriminatrice esaminata, soprattutto se di questultima viene valutato il bene giuridico tutelato. Esso sidentifica con "il sentimento nazionale", vale a dire con il patriottismo, inteso come coscienza dellunità territoriale, sociale e politica del Paese. Tale valore è stato già preso in considerazione dalla Corte costituzionale nella pronuncia n. 87 del 1966 che ha dichiarato illegittimo lart. 272, secondo comma, del codice penale, il quale puniva le condotte di propaganda "per distruggere o deprimere il sentimento nazionale", un reato cioè assimilabile a quello per il quale si procede nellodierno giudizio.
Tra la fattispecie dichiarata illegittima e quella oggetto del giudizio non vi sarebbero, secondo il rimettente, diversità tali da giustificare un diverso trattamento davanti alla giurisdizione costituzionale. Le due "attività" sarebbero dirette a perseguire le stesse finalità; inoltre, considerato che il fenomeno oggetto della censura posta dallart. 271 copre unarea comportamentale più vasta, questo per la parte eccedente larea della libertà di espressione ricadrebbe sotto altre censure penali presenti nellordinamento.
In conclusione, anche associazioni che si propongono la depressione o la distruzione del sentimento nazionale sarebbero lecite purché non facciano ricorso, diretto o indiretto, alla violenza. Esse, allora, potrebbero dirsi formazioni sociali tutelabili ai sensi dellart. 2 della Costituzione.
2. Si sono costituite, con memorie, le parti private Cristian, Flavio e Severino Contin, concludendo per laccoglimento della questione sollevata.
Osservano gli imputati che, da tempo, la fattispecie penale non trova applicazione, ed essa è considerata dalla dottrina incompatibile con la Costituzione oppure tacitamente abrogata.
La norma finirebbe per punire con la sanzione penale solo unopinione e una associazione, in violazione degli artt. 21 e 18 della Costituzione.
3. E intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura dello Stato, che ha concluso per linfondatezza della questione.
Premette lAvvocatura che la questione è stata sollevata sulla base di un falso presupposto, costituito dallerronea interpretazione della sentenza della Corte costituzionale n. 87 del 1966; la quale, al contrario di quanto ritenuto nellordinanza di rimessione, avrebbe riconosciuto meritevole di tutela il bene del "sentimento nazionale". Tale valore, infatti, avrebbe secondo linterventore una sicura rilevanza costituzionale. Inoltre, la disciplina sanzionatoria stabilita dallart. 271 del codice penale, con riferimento al limite del rispetto della legge penale stabilito, per la libertà di associazione, dallart. 18 della Costituzione, non sarebbe affatto irragionevole né priva di fondamento.
Considerato in diritto
1. Viene allesame della Corte la questione di legittimità costituzionale dellart. 271 del codice penale, il quale punisce le condotte di promozione, costituzione, organizzazione e direzione delle associazioni che si propongono di svolgere o che svolgono attività dirette a distruggere o deprimere il sentimento nazionale, perché se ne assume il contrasto con: a) lart. 21 della Costituzione, in quanto lunico limite posto dalla Costituzione alla libera manifestazione del pensiero, quello del buon costume, non avrebbe alcuna attinenza con il "sentimento nazionale", né potrebbe identificarsi con la morale o la coscienza etica; b) lart. 18 della Costituzione, perché esso pone un limite alla libertà associativa con riferimento soltanto a quelle segrete o che perseguono scopi politici mediante organizzazioni militari, onde anche le associazioni che si propongono quale fine la depressione o la distruzione del sentimento nazionale sarebbero lecite purché non facciano ricorso, diretto o indiretto, alla violenza; c) lart. 2 della Costituzione, atteso che tali associazioni costituirebbero formazioni sociali ove si svolge la personalità del singolo.
2. La questione è fondata.
3. Il codice penale del 1930 aveva posto alcune fattispecie associative in diretta correlazione con i reati di propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale (in tal senso anche il paragrafo n. 127 della Relazione del Guardasigilli, che pone "in rispondenza" le due previsioni punitive). In particolare, appaiono chiari i collegamenti tra il primo comma dellart. 272 e il delitto riguardante le associazioni sovversive (art. 270), nonché tra il secondo comma della stessa disposizione e quello riguardante le associazioni antinazionali (art. 271), sia per lidentità delle espressioni usate nelle parallele figure delittuose, sia per le convergenti riflessioni dottrinarie sviluppatesi al riguardo. Esulano dalla tipicità del fatto descritto in dette disposizioni, e risultano quindi estranee al modello legale in esame, le condotte violente, diverse dalle attività di propaganda, anche se poste in essere per lo svolgimento di tali comportamenti.
Comè noto, questa Corte, con la sentenza n. 87 del 1966, mentre ha respinto il dubbio di costituzionalità relativo al primo comma dellart. 272 del codice penale (propaganda sovversiva), ha dichiarato lillegittimità costituzionale del secondo comma (propaganda antinazionale), sulla base della considerazione che "il sentimento nazionale" costituisce soltanto un dato spirituale che, sorgendo e sviluppandosi nellintimo della coscienza di ciascuno, fa parte esclusivamente del mondo del pensiero e delle idealità, sicché la relativa propaganda non indirizzata a suscitare violente reazioni, né rivolta a vilipendere la nazione o a compromettere i doveri che il cittadino ha verso la Patria, od a menomare altri beni costituzionalmente garantiti non poteva essere vietata senza che si profilasse il contrasto con la libertà di cui allarticolo 21 della Costituzione.
4. Va premesso che la presente questione non coinvolge il significato e la portata dei valori costituzionali della nazione e dellunità nazionale (artt. 5, 9, 67, 87 e 98 Cost.), né le forme di tutela che vi si possono riferire.
La questione invece concerne esclusivamente il dubbio sulla legittimità costituzionale dellincriminazione della condotta sotto forma associativa, intesa a "distruggere o deprimere il sentimento nazionale".
Orbene, le considerazioni che hanno portato questa Corte a dichiarare lillegittimità costituzionale della fattispecie incriminatrice della propaganda antinazionale (art. 272, secondo comma), forniscono sufficiente ragione per addivenire a pari conclusione in relazione ai parametri costituzionali ora invocati anche riguardo alla figura del reato, punito dalla norma qui denunziata che vieta le associazioni per lattività, diretta sempre al fine di "distruggere o deprimere il sentimento nazionale".
Invero, se non è illecito penale che il singolo svolga opera di propaganda tesa a tale scopo ove non trasmodi in violenza o in attività che violino altri beni costituzionalmente garantiti fino ad integrare altre figure criminose non può costituire illecito neppure lattività associativa volta a compiere ciò che è consentito allindividuo; così come è stabilito dallart. 18 della Costituzione, che riconosce nei limiti posti dal secondo comma la libertà di associazione per i fini che non siano " vietati ai singoli dalla legge penale".
La permanenza della norma censurata essendo stata già espunta dallordinamento quella che considerava illecita la propaganda diretta allidentico fine perseguito perfino dalla totalità dei cittadini uti singuli verrebbe ad incidere unicamente sulla libertà di associazione garantita dalla Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara lillegittimità costituzionale dellarticolo 271 (Associazioni antinazionali) del codice penale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Fernando SANTOSUOSSO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2001.