Corte
Costituzionale
Ordinanza 14 dicembre 1998, n. 432
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Dott. Renato GRANATA Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI Giudice
- Prof. Francesco GUIZZI "
- Prof. Cesare MIRABELLI "
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "
- Avv. Massimo VARI "
- Dott. Cesare RUPERTO "
- Dott. Riccardo CHIEPPA "
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "
- Prof. Valerio ONIDA "
- Prof. Carlo MEZZANOTTE "
- Avv. Fernanda CONTRI "
- Prof. Guido NEPPI MODONA "
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Prof. Annibale MARINI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dellart. 459 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 21 gennaio 1998 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Sergio Biella ed altro, iscritta al n. 207 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dellanno 1998.
Visto latto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 ottobre 1998 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano ha sollevato con ordinanza del 21 gennaio 1998, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dellart. 459 cod. proc. pen., nella parte in cui non prescrive, prima della richiesta del pubblico ministero di emissione del decreto penale di condanna, linterrogatorio dellindagato ovvero la notifica, al medesimo, dellinvito a presentarsi per rendere interrogatorio;
che il giudice rimettente muove dalla modifica legislativa portata dallart. 2 della legge 16 luglio 1997, n. 234, alle norme che contengono la disciplina della richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio nel procedimento dinanzi al tribunale o alla corte dassise (art. 416, comma 1, cod. proc. pen.) e del decreto di citazione a giudizio emesso dal pubblico ministero nel procedimento davanti al pretore (art. 555, comma 2, cod. proc. pen.), modifica consistente nella previsione, a pena di nullità, dellinvito, rivolto alla persona sottoposta a indagini, a presentarsi per rendere linterrogatorio ai sensi dellart. 375, comma 3, cod. proc. pen.;
che ad avviso del giudice di merito il legislatore avrebbe in tal modo assimilato la disciplina del procedimento ordinario a quella del giudizio immediato, che prevede, tra i propri presupposti, appunto linterrogatorio ovvero linvito a presentarsi (art. 453, comma 1, cod. proc. pen.);
che in tale mutato quadro legislativo, caratterizzato dallintenzione del legislatore "di impedire lesercizio dellazione penale inaudita altera parte", la mancata previsione dellobbligo di effettuare linterrogatorio, o di notificare linvito a renderlo, anche in relazione alla richiesta di emissione del decreto penale, risulterebbe irragionevolmente discriminatoria e lesiva delle garanzie difensive, tanto più in considerazione del contenuto sostanziale di condanna che è proprio del decreto penale;
che lirragionevolezza dellomissione legislativa censurata sarebbe ulteriormente sottolineata dalla considerazione della attribuzione alla discrezionalità del pubblico ministero della scelta tra un rito "garantito" e il procedimento per decreto ("non garantito"), nonché dallinadeguatezza, sul piano della garanzia difensiva, dello strumento dellopposizione al decreto, poiché questo determina per lappunto, secondo la normativa in vigore, lobbligo di emissione di un decreto di giudizio immediato che comunque non è preceduto dallinterrogatorio dellimputato;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, che ha concluso per linfondatezza della questione.
Considerato che il giudice rimettente richiede a questa Corte una pronuncia che estenda alla disciplina del procedimento per decreto penale a) sia la prescrizione dellinterrogatorio dellindagato prima della relativa richiesta, secondo lo schema posto dallart. 453, comma 1, cod. proc. pen., per il giudizio immediato, b) sia la prescrizione della previa notificazione dellinvito a presentarsi per rendere linterrogatorio, stabilita dalle norme che regolano il giudizio immediato (art. 453 citato) nonché, a seguito della legge 16 luglio 1997, n. 234, dalle norme che disciplinano la richiesta di rinvio a giudizio (art. 416) e il decreto di citazione a giudizio nel procedimento pretorile (art. 555);
che la prospettazione del giudice di rinvio, diretta a omologare il procedimento per decreto agli altri schemi processuali sopra detti, è in contrasto con la specificità del primo, in particolare sotto il profilo, essenziale e caratterizzante, della sua configurazione quale rito a contraddittorio eventuale e differito, improntato a criteri di economia processuale e speditezza (da ultimo, sentenza n. 274 del 1997), in cui laccertamento contenuto nel provvedimento del giudice - non a caso denominato "decreto" - viene posto nel nulla, attraverso la revoca del decreto stesso (art. 464 cod. proc. pen.), allorché linteressato, con lopposizione, manifesti di non prestare acquiescenza al provvedimento;
che, posta lanzidetta struttura del procedimento monitorio, nel quale è lopposizione dellinteressato a dare ingresso al "giudizio" - nelle sue varie forme: dibattimento, tramite il giudizio immediato, o giudizio abbreviato, o patteggiamento, secondo le scelte processuali espresse dallopponente -, la previsione di una anticipazione del contraddittorio, nella forma del previo interrogatorio dellindagato o in quella dellinvito a renderlo, così come richiesta dal rimettente, non può dirsi soluzione costituzionalmente imposta alla stregua del proposto raffronto con gli altri schemi processuali, che sono diversi e non comparabili;
che daltra parte lanzidetta estensione non è costituzionalmente necessitata neppure alla luce della ratio della legge n. 234 del 1997, giacché lesigenza di garantire la conoscenza dellindagine per chi vi sia sottoposto si trasferisce, nella particolarità del disegno del procedimento monitorio, sulla fase processuale, conseguente allesercizio dellopposizione, operando il decreto solo quale mezzo di contestazione dellaccusa definitiva (sentenza n. 27 del 1966; ordinanza n. 195 del 1970), che è essenziale per garantire il diritto di difesa (ordinanza n. 277 del 1996);
che la mancata ricomprensione del procedimento per decreto nellambito delle modifiche processuali apportate dal legislatore nel 1997 non può configurarsi pertanto come unomissione irragionevole o discriminatoria;
che, relativamente al parametro dellart. 24 della Costituzione, va ribadito che anche nella disciplina del nuovo codice il decreto penale costituisce una decisione preliminare soggetta a opposizione, cosicché lesperimento dei mezzi di difesa, con la stessa ampiezza dei procedimenti ordinari, si colloca nel vero e proprio giudizio che segue allopposizione (sentenze nn. 344 del 1991, 27 del 1966, 170 del 1963), ciò che non risulta in alcun modo intaccato dalla denunciata scelta legislativa;
che, per quanto osservato, la questione di costituzionalità prospettata dal rimettente risulta manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dellart. 459 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, con lordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Gustavo ZAGREBELSKY
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998.