Corte di Cassazione, Sezione IV Penale,
Sentenza 13 novembre 2003 - 29 gennaio 2004, 3449 (02110/2003)
ANNO/NUMERO 200403449 SEZ. 4
SENT. 13/11/2003 DEP. 29/01/2004
PRES. Durso G
Camera di Consiglio 13/11/2003
SENTENZA N. 2110
REGISTRO GENERALE N. 022371/2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D'URSO Giovanni - Presidente -
1. Dott. OLIVIERI Renato - Consigliere -
2. Dott. DE GRAZIA Benito Romano - Consigliere -
3. Dott. VISCONTI Sergio - Consigliere -
4. Dott. PALMIERI Ettore - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) G. F., N. IL XX/XX/XXXX;
avverso ORDINANZA del 08/05/2002 TRIB. LIBERTA' di COMO;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PALMIERI ETTORE;
sentite le conclusioni del P.G..
G. F. ricorre avverso il provvedimento dei Collegio del
Riesame di Como, 8 maggio 2002, reiettivo del ricorso da lui proposto
avverso il decreto del P.M. di convalida del sequestro di polizia
giudiziaria inerente alcuni CD-Rom, un personal computer ed altri
raccoglitori di supporti informatici operato in data 14 aprile 2003.
Quel Collegio, al quale il G. aveva denunciato carenza di
motivazione del provvedimento di convalida, ed insussistenza degli
addebiti mossigli, ha rigettato la richiesta di riesame sulle
considerazioni che in sintesi possono essere riassunte nella non
necessità di un accertamento puntuale della verosimiglianza
dell'addebito mosso al ricorrente, e consistente nel reato di furto
di files di progetti di prodotti industriali che egli stesso aveva
elaborato per la ditta presso la quale era stato occupato e quindi
licenziato, e che, appena risolto il rapporto di lavoro, aveva
copiato sui supporti informatici in sequestro e sul computer
anch'esso oggetto del sequestro. Inoltre, nel rapporto di
pertinenzialità delle cose sequestrate con il reato a lui
addebitato.
Il ricorrente odierno denuncia inosservanza ed erronea applicazione
della legge penale in relazione agli artt. 624 e 625 C.p. in funzione
del fatto che, in sede di addebito, come questo riferito in
provvedimento di sequestro, sia stata omessa la specifica
formulazione del fatto-reato attribuito, ma si sia fatto ricorso al
solo nomen iuris.
Egli lamenta che la carenza della specificazione di tale fatto
finisce per impedire il controllo di legalità del provvedimento
cautelare adottato nei suoi confronti.
Nè gli "in vero scarsi elementi di fatto rilevabili nel fascicolo
processuale (...) possono essere qualificati quale furto aggravato e
di conseguenza che la res oggetto di sequestro possa essere
qualificata quale corpo dell'ipotizzato reato".
Sottolinea come sia rimasto incontestato il fatto che il G.
detenesse del tutto legittimamente sia i CD in sequestro che lo
stesso PC, e che il Collegio del Riesame ritenga oggetto del furto,
conseguentemente, non i detti oggetti, ma i files in essi contenuti e
che egli avrebbe legittimamente copiato. Sostiene conseguentemente
trattarsi di beni immateriali insuscettibili di furto, e che altra
semmai sarebbe stata la fattispecie di reato nel caso applicabile, ed
esattamente quella rinvenibile in materia di violazione dei sistemi
informatici o del segreto industriale.
Ritiene, infatti, che i beni immateriali non possano essere oggetto
di spossessamento a mente della nozione penalistica di res furtiva.
Con un secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge
processuale penale consistente nel mancato controllo circa la
possibilità di qualificare come "corpo del reato" i beni sottoposti
a sequestro.
Ripropone sotto tale ulteriore profilo la carenza di determinazione
della fattispecie contestata con riferimento agli "estremi essenziali
di tempo, luogo ed azione..", senza di che il sequestro, mezzo di
ricerca della prova, finisce per trasformarsi in mezzo di
acquisizione della notitia criminis.
OSSERVA LA CORTE
L'art. 624 C.p., norma base per la qualificazione del fatto
attribuito al ricorrente sub specie di illecito penale, e come tale
anche premessa necessaria per la esistenza del fumus commissi
delicti, postula l'impossessamento della cosa mobile altrui,
sottraendola a chi la detiene; di talché il soggetto spossessato non
sia più detentore della res.
Ora, nella concreta fattispecie dedotta in procedimento, si contesta
al ricorrente di aver sottratto dei files al presunto, legittimo
detentore, e che l'impossessamento (con spossessamento di quel
soggetto) si avvenuto mediante la "copiatura" dei files.
Indipendentemente da ogni altra argomentazione, è inevitabile
considerare che la copiatura dei files da CD o da HD (compact-disk o
hard-disk) in altro non consiste se non in una "duplicazione" di tali
files (analoga al risultato di un procedimento fotografico, se pure
tecnicamente cosa ben diversa), tanto che i files in possesso del
detentore del CD o del computer sul quale sia installato l'hard-disk
contenenti i files (nel caso, dei progetti e degli studi elaborati
per conto del committente) rimangono memorizzati sul medesimo
supporto sul quale si trovavano, mentre di essi il soggetto, presunto
agente nel reato di furto, entra in possesso di un copia, senza che
la precedente situazione di fatto (e giuridica) venga modificata a
danno del soggetto già possessore di tali files.
E così come non può certo affermarsi che mediante processo
fotografico si possa spossessare il titolare di un bene materiale
corporeo (o di una res), così, allo stesso modo, non può affermarsi
che lo spossessamento avvenga mediante il processo di copiatura dei
files informatici.
Ne consegue, per la non configurabilità del reato di furto dei files
mediante duplicazione (o copiatura), la mancata configurazione del
fumus commissi delicti, necessario presupposto del disposto
sequestro.
La non compiuta spiegazione, in provvedimento impugnato, della
modalità concreta dell'affermato spossessamento ad opera
dell'indagato, implica il lamentato difetto di motivazione, ed esige
annullamento con rinvio dei provvedimento impugnato per nuovo esame
sul punto.
P.Q.M.
Visto l'art 623 C.p.p.,
annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale
di Como.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2003.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2004