Corte di Cassazione, Sezione III Penale,
Sentenza 18 novembre 2003 - 3 febbraio 2004, 1778 (3983/2003)
ANNO/NUMERO 200303983 SEZ. 3
SENT. 18/11/2003 DEP. 03/02/2004
PRES. Zumbo A
Camera di Consiglio 18/11/2003
SENTENZA N. 1778
REGISTRO GENERALE N. 030920/2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente
1. Dott. RAIMONDI Raffaele - Consigliere
2. Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere
3. Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere
4. Dott. GRILLO Carlo M. - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
*XXXXXXXXXXXXXXX*
*XXXXXXXXXXXXXXXX*
avverso l'ordinanza del 20-23/6/2003 pronunciata dal Tribunale del
riesame di Siracusa;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Carlo M. Grillo;
sentite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore
Generale Dott. Geraci V., con le quali chiede il rigetto del ricorso;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La Guardia di Finanza di Pesaro, in esecuzione del decreto di
perquisizione e sequestro 19/5/2003 del P.M. presso il Tribunale di
Siracusa, effettuava, in data 28/5/2003, il sequestro probatorio di
vario materiale informatico (tra cui un P.C., una stampante, uno
scanner, n. 33 C.D.), rinvenuto nell'abitazione (sita in *XXXXXX*) di
*XXXXXXXXXXXXXXX* e *XXXXXXXXXXXXXXXX* in relazione al reato di
detenzione di materiale pornografico prodotto mediante lo
sfruttamento sessuale di minori di anni diciotto (art. 600-quater
c.p.). Era stato accertato, infatti, che gli indagati, il 24/1/2002,
avevano "scaricato" da un sito internet materiale pedo-pornografico.
I predetti chiedevano il riesame del provvedimento di perquisizione e
sequestro ed il Tribunale di Siracusa, con l'ordinanza indicata in
premessa, rigettava la richiesta, ravvisando il fumus del reato
ipotizzato e ritenendo "cose pertinenti al reato" il materiale
informatico utilizzato per "scaricare" i files in questione.
Ricorrono per Cassazione gli indagati, con un unico atto, deducendo:
1) violazione di legge per inosservanza di norme processuali
stabilite a pena di nullita', essendo stato emesso il decreto in
questione quando gia' risultavano ampiamente scaduti i termini di
chiusura delle indagini preliminari; infatti la connessione al sito
pornografico era stata effettuata dai *XXXXXXXXX* il 24/1/2002; 2)
violazione di legge, consistente in inosservanza di norme processuali
stabilite a pena di nullita', essendo territorialmente incompetente
la Procura della Repubblica di Siracusa, giacche' la condotta
antigiuridica si sarebbe realizzata a Pesaro ed il provvedimento era
stato adottato quindici mesi dopo la commissione dei fatti, per cui
difettava qualsiasi ragione di urgenza che legittimasse l'intervento
del P.M. territorialmente incompetente; 3) violazione di legge per
inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, perche' i
beni sequestrati, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale,
non costituiscono "cose pertinenti al reato utili ai fini di
ulteriori accertamenti e soggetti a confisca"; invero, sarebbe stato
sufficiente, nel caso di specie, prelevare una copia del contenuto
dell'hard-disc e di eventuali dischetti; peraltro il materiale
sequestrato e' indispensabile a *XXXXXXXXXXXXXXXXX* laureando in
Scienze dell'informazione, per motivi di studio.
All'odierna udienza camerale, il P.G. conclude come sopra riportato.
Il ricorso merita accoglimento nei limiti appresso indicati.
Innanzitutto deve rilevarsi l'infondatezza della prima doglianza di
natura processuale, secondo cui il decreto di perquisizione e
sequestro de quo sarebbe nullo, perche' adottato quando gia' erano
scaduti i termini di cui all'art. 405 c.p.p.. Invero, premesso che
tali termini (di durata massima delle indagini preliminari) decorrono
dalla data dell'effettiva iscrizione - da parte del P.M. - della
notizia di reato nell'apposito registro, e non da quella in cui
avrebbe dovuto iscriverla (giurisprudenza costante; tra tante: Cass.
Sez. 5^, 18 ottobre 1993, n. 3156, Croci ed altro), e che
l'iscrizione del nome della persona alla quale il reato e' attribuito
- per gli effetti che ne derivano ai fini del computo del termine di
durata delle indagini e della utilizzabilita' degli atti compiuti -
postula la completa identificazione della stessa, non essendo
sufficiente al riguardo la semplice indicazione del suo nome e
cognome (tra le altre: Cass. Sez. 6^, 5 maggio 1995, n. 1794, Poti),
rileva il Collegio nel caso di specie che l'asserzione del
ricorrente, peraltro non avanzata in sede di riesame, si basa
esclusivamente sulla data di commissione del fatto, ma non su quella
dell'iscrizione prevista dall'art. 405 c.p.p., unica utile per
stabilire la decorrenza del detto termine.
Egualmente infondata e' la seconda censura, sempre di natura
processuale. Essa trova risposta corretta ed adeguata nell'impugnata
ordinanza, che inoltre richiama i pacifici principi di diritto
stabiliti in materia da questa Corte Suprema (v. anche, nello stesso
senso, Cass. Sez. 3^, 29 ottobre 1998, n. 2791, Lotetuso).
La terza doglianza e' invece fondata. Invero, considerando che il
sequestro in discussione e' del tipo "probatorio" e che ha ad oggetto
beni ritenuti "cose pertinenti al reato", deve richiamarsi il
consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui il giudice del
riesame ha l'onere di controllare, oltre alla astratta
configurabilita' del reato ipotizzato, sebbene sempre con riferimento
ad elementi processuali gia' acquisiti (alla luce della decisione
delle Sezioni Unite 29 gennaio 1997 n. 23, Bassi), se il sequestro
sia o meno giustificato ai sensi dell'art. 253 c.p.p. (Cass. Sez. 2^,
9 dicembre 1999, n. 6149, Marini e altro).
Ebbene, sotto questo secondo profilo, e cioe' relativamente alla
sussistenza delle finalita' probatorie del sequestro (non e' infatti
neppure contestata quella del fumus commissi delicti), osserva il
Collegio che - giacche' non si tratta, come si e' detto, di "corpo di
reato", nel qual caso, almeno con riferimento al momento genetico,
sarebbe stata sufficiente, secondo l'orientamento giurisprudenziale
dominante, tale qualificazione a legittimare il sequestro -
s'imponeva specifica motivazione sulla sussistenza, in concreto,
delle finalita' proprie del sequestro probatorio, e cioe' la tutela
delle esigenze probatorie, in quanto il rapporto con il reato e'
mediato dalla finalita' della prova, come stabilito dal richiamato
art. 253, comma 1, c.p.p..
Il provvedimento impugnato, dopo un'assiomatica affermazione
("Rispetto alla fattispecie criminosa contestata, il sequestro del
materiale informatico trovato nell'abitazione degli indagati ..., si
pone ... in evidente funzione strumentale e probatoria"), ritiene non
restituibili i beni sequestrati, perche' "utili ai fini di ulteriori
accertamenti", senza pero' specificare quali, ne' in alcun modo
motivare sul punto.
Cio' premesso, considerato che, nel caso in esame e' stato
sequestrato anche materiale informatico del tutto "neutro" rispetto
alle indagini in corso (quale, ad esempio, stampante, scanner,
schermo); che non vengono minimamente indicate le esigenze probatorie
che legittimano il permanere del vincolo sullo stesso; che anche il
corpo di reato, quando non appaia piu' necessario il mantenimento del
vincolo per finalita' probatorie, deve essere restituito all'avente
diritto, ex art. 262 c.p.p.; che l'autorita' giudiziaria puo'
prescrivere, sempre ai sensi della ricordata norma, di presentare a
ogni richiesta le cose restituite, e a tal fine puo' anche imporre
cauzione; che la prova in ordine alla sussistenza del reato de quo e'
verosimilmente tutelabile limitando il sequestro alla memoria fissa
del computer o ad eventuali supporti (floppy, CD) contenenti elementi
utili alle indagini, ritiene il Collegio che non sia legittima
l'impugnata ordinanza (peraltro affatto immotivata sul punto) in
relazione al sequestro probatorio di tutto il materiale informatico,
ad eccezione della memoria fissa del computer.
S'impone, quindi, l'annullamento in tal senso della stessa.
P.Q.M.
la Corte annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata relativamente a
tutto il materiale informatico sequestrato, ad eccezione della
memoria fissa del computer, disponendone il dissequestro e la
restituzione agli aventi diritto.
Cosi' deciso in Roma, il 18 novembre 2003.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2004