Massimo Mannucci, Il giudizio abbreviato condizionato: l’eccezione non può diventare regola
La legge n. 479 del 1999 ha modificato radicalmente la disciplina del giudizio abbreviato eliminando la necessità del consenso del Pubblico Ministero e rendendo la richiesta formulata dall’imputato vincolante per il giudice il quale, sulla base del combinato disposto di cui agli artt. 438 IV comma e 441 V comma c.p.p., deve procedere al rito prescelto, anche qualora non fosse possibile decidere allo stato degli atti, assumendo in tal caso gli elementi necessari ai fini della decisione.
L’unica ipotesi residuata per la quale è ancora contemplata la possibilità di un eventuale rigetto della richiesta di giudizio abbreviato, si verifica allorquando la domanda sia subordinata alla assunzione di prove indicate dal difensore.
Infatti, qualora il giudice valuti l’integrazione probatoria richiesta non necessaria ai fini della decisione, respinge l’istanza di giudizio abbreviato e prosegue nello svolgimento dell’udienza preliminare durante la quale la parte può comunque reiterare la propria opzione processuale, senza tuttavia sottoporla a condizioni.
Il tenore letterale della disposizione sul giudizio abbreviato condizionato evoca il contenuto dell’art. 507 c.p.p. dal quale evidentemente trae ispirazione.
L’assenza dell’avverbio “assolutamente” nella previsione dell’art. 438 c.p.p. (rinvenibile invece nell’art. 507 cpp) a proposito della necessità di disporre l’integrazione probatoria, sembra in qualche modo compensata dalla previsione della compatibilità del supplemento di istruttoria oggetto della condizione con le caratteristiche di economia processuale insite nel giudizio abbreviato.
Pertanto la prova richiesta dovrebbe essere caratterizzata dai requisiti sia della indispensabilità in funzione della possibilità di emettere una sentenza altrimenti impossibile da pronunciare a causa di intollerabili lacune istruttorie, sia della conciliabilità con la peculiare snellezza del tipo di giudizio da valutarsi in relazione agli atti già acquisiti e utilizzabili.
Quindi la ratio che ispira la disciplina del giudizio abbreviato quale processo cosiddetto “allo stato degli atti” e “a prova contratta” induce a ritenere che la integrazione probatoria richiesta, per essere ammissibile, debba vertere su un tema ovvero su un oggetto non toccato da altre fonti di prova già assunte o comunque debba essere di natura diversa da quelle già presenti in atti.
In altri termini non potrà essere richiesto l’esame di un teste sulle medesime circostanza su cui è già stato escusso in sede di indagini, a meno che non sussista l’esigenza di un chiarimento in ordine ad affermazioni ambigue o contraddittorie.
Pertanto se agli atti esiste già un verbale di sommarie informazioni sufficientemente chiare, coerenti e esaustive, rese da una persona informata sui fatti al pubblico ministero ovvero alla polizia giudiziaria delegata, la stessa persona non potrà essere chiamata a testimoniare nel giudizio abbreviato sulle medesime circostanze già riferite.
Non sembra dunque accoglibile una richiesta di giudizio abbreviato subordinata all’esame di un teste giustificata solo dalla mera speranza che possa fare affermazioni diverse rispetto a quelle già raccolte(1). [1]
Del resto la disciplina del giudizio abbreviato non contempla la possibilità di contestare al teste, mediante lettura, il contenuto delle dichiarazioni precedentemente rese nel corso delle indagini preliminari ovvero delle indagini suppletive ex art. 419 cpp.
La procedura della “contestazione” è disciplinata opportunamente dall’art. 503 c.p.p. nell’ambito della istruzione dibattimentale. Solo in quella fase processuale si ha infatti la duplicazione dei fascicoli con la formazione del fascicolo del giudice ove affluiscono gli atti utilizzabili per la decisione ed approdano anche le parti dei verbali presenti nel fascicolo del pubblico ministero utilizzate per le contestazioni le quali potranno servire esclusivamente per valutare l’attendibilità del testimone.
Nel giudizio abbreviato invece le dichiarazioni acquisite legittimamente al fascicolo della Pubblica Accusa sono pienamente utilizzabili per la decisione, esse hanno pari dignità e pari forza probatoria rispetto alle dichiarazioni eventualmente assunte dal giudice nel giudizio abbreviato.
Se il difensore ha interesse ad esaminare il testimone sugli stessi fatti sui quali costui ha già riferito nel corso delle indagini, potrà senz’altro farlo nel dibattimento, ma non nel giudizio abbreviato il quale per definizione attinge la sua peculiarità nella eccezionalità della istruzione probatoria, che a sua volta trova il suo sinallagma nella riduzione di pena da infliggere nel caso di accertamento della responsabilità.
Nella pratica è riscontrabile come la richiesta di “abbreviati condizionati” sia assai frequente in quanto permette di conciliare da un lato la prospettiva dello sconto di pena, dall’altro la possibilità di un controesame del teste oltretutto alla presenza del giudicante, dall’altro ancora la speranza che il teste dell’Accusa possa ammorbidire le dichiarazioni accusatorie.
In tal caso infatti è possibile che il giudice sia maggiormente incline a dar credito alla versione offerta dal teste indotto dalla difesa ed assunta direttamente nonché oralmente nel contraddittorio delle parti, piuttosto che alla versione discordante di consistenza meramente cartacea presente agli atti.
Del resto nel caso in cui la difesa chieda di esaminare un teste, già escusso dal Pubblico Ministero o dalla polizia giudiziaria, il quale sarebbe stato verosimilmente inserito nella lista dei testimoni del pubblico ministero, verrebbe meno per l’Accusa la possibilità di indicare testi in controprova.
Quanto sopra a meno di non voler ritenere che nel giudizio abbreviato sottoposto a condizione di riassumere una prova da una fonte alla quale si è già attinto durante le indagini preliminari, il consenso all’utilizzazione degli atti presenti nel fascicolo del pubblico ministero non si estenda a quegli atti di cui si chiede la rinnovazione condizionandola alla esperibilità del rito semplificato.
Tale interpretazione tuttavia non sembra conciliabile con il fatto che l’istanza di giudizio abbreviato è una richiesta che ha ad oggetto il rito con il quale si celebra il processo e solo indirettamente si riflette come consenso all’utilizzabilità per il giudizio di tutti gli atti inseriti nel fascicolo del procedimento.
In conclusione, se non vogliamo snaturare il giudizio abbreviato connotandolo da appendici istruttorie che gli facciano assumere le gravose forme del dibattimento, non dobbiamo interpretare in maniera troppo estensiva la possibilità prevista dalla legge di ottenere integrazioni istruttorie, occorrendo limitarla a quelle indispensabili a consentire al giudice di pronunciare la sentenza.
- Massimo Mannucci - Magistrato - agosto 2002
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[1] cfr POTETTI, Mutazioni del giudizio abbreviato. In particolare il giudizio abbreviato condizionato in questa rivista, 2001, p.336 n. 183, il quale sostiene che l’integrazione probatoria non può risolversi in una verifica generica degli esiti degli esiti delle indagini preliminari sotto le sembianze di una ripetizione di atti già compiuti o anche si assunzione di nuove prove su aspetti già ampiamente chiariti non condividendo la contraria tesi di CAPRIOGLIO, Il processo penale dopo la “Legge Carotti” (II), p. 298 e schierandosi invece con BRICCHETTI, Contestazioni suppletive: “slalom” all’abbreviato, in Guida dir., 2000, n. 22, p. 51.