Renato Amoroso, Giudice di Pace e misure di sicurezza, nel caso di difetto di imputabilità dell’imputato

Il caso concreto
Viene rinviato a giudizio un uomo imputato di percosse ed ingiurie; la parte lesa compare, pur senza costituirsi parte civile. Dalla narrazione dei fatti, nell’ambito del tentativo di conciliazione, emerge che l’imputato, una sera, è sceso per strada gridando frasi sconnesse e senza senso. Alla chiamata al 113 di alcuni vicini di casa, è sopraggiunta la Polizia con un’ambulanza. La parte lesa è una volontaria della Croce Rossa. Durante la discussione successiva all’intervento della Forza pubblica l’imputato ha sferrato un pugno alla volontaria della Croce Rossa, insultandola.
La difesa fa presente che l’imputato è in trattamento di psicoterapia presso una comunità, trattandosi di persona nota per stati depressivi e personalità instabile. L’imputato attualmente si presenta come una persona consapevole, chiede scusa per i fatti accaduti ed afferma di sentirsi bene e di essere abbastanza seguito presso la struttura che lo ha in carico.
Sorge il problema dell’imputabilità all’epoca dei fatti (la parte lesa non rinuncia alla querela ed è stata fissata udienza istruttoria per sentire i testi presenti ai fatti), nonché la condizione psicologica attuale dell’imputato.

Considerazioni
Non sorgono perplessità sull’eventualità della perizia psichiatrica, ai fini dell’accertamento della condizione dell’imputato al momento dei fatti, nonché all’epoca della celebrazione del dibattimento e della pronuncia della sentenza.
Il problema nasce in ordine alla possibilità di applicazione della misura di sicurezza, in caso di proscioglimento per totale infermità di mente.
Può, e deve, il Giudice di Pace applicare una misura di sicurezza che, in sostanza e in concreto, realizza una limitazione alla libertà personale dell’imputato?
L’art. 205 C.P. dispone che la misura è di competenza del Giudice che pronuncia la sentenza di proscioglimento ex art. 85 C.P. Confermano ciò Cass. Penale 24.11.1992, Vignati, nonché Cass. Penale 16.12.1992, Angiulli.
L’applicazione è obbligata, in forza della presunzione di pericolosità sociale (vedi Cass. Penale 7.3.1986, Mollica), ed è subordinata soltanto all’accertamento della permanenza dell’infermità al momento dell’applicazione della misura (come indicato dalla sent. Corte Cost. 29.7.1982 n.139 che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale degli artt. 204, 205 e 222 C.P.)

Il regime sanzionatorio disposto dal D.Leg.vo 274/2000 per i reati di competenza del Giudice di Pace, al di fuori della pena della permanenza domiciliare, non ha voluto attribuire a questo Giudice il potere di infliggere pene limitative della libertà personale; l’applicazione della misura della libertà vigilata (ad esempio) costituisce senza dubbio una misura afflittiva personale, anche se è doveroso prendere atto che la misura di sicurezza non è una pena.
La libertà vigilata sembra l’unica misura in realtà applicabile, in relazione alle pene tabellari previste per i reati di competenza del Giudice di Pace. La sua durata minima, peraltro, è di un anno (art. 228 C.P.).
La competenza del Giudice di sorveglianza non attiene al momento della adozione della misura di sicurezza se non nei casi in cui detta misura deve essere applicata dopo la sentenza di proscioglimento (art. 205 C.P. e art 679 C.P.P.).
La norma di cui al n.3 dell’art. 205 C.P. non risolve i dubbi, poiché la fattispecie non sembra rientrare nei casi previsti dalla legge, diversi da quelli già disciplinati dalla stessa norma.
Per tutto quanto non previsto dal D.Leg.vo 274/2000 si deve applicare il CPP ma, nel caso concreto esposto, si potrebbe incorrere in una violazione dei principi fondamentali della competenza penale del Giudice di Pace.

Una ipotesi proposta è quella di emettere una sentenza di proscioglimento per totale difetto di imputabilità (se ne ricorreranno i presupposti), rimettendo gli atti al PM perché valuti la sussistenza degli elementi utili alla richiesta ex art. 679 CPP al Giudice di sorveglianza per l’applicazione della misura di sicurezza.

Peraltro il d.lg. n. 274/2000 si limita a regolamentare le pene irrogabili dal giudice di pace, nulla prevedendo con riguardo alle misure di sicurezza. Pertanto, essendo la misura di sicurezza (per definizione) concettualmente diversa da una pena, non vi sarebbero ostacoli, quantomeno formali, ad un'applicazione della misura di sicurezza ex art. 205 c.p., comma primo.

Per argomentare diversamente, occorrerebbe affermare l’esistenza di una lacuna di legge, razionalmente giustificabile in base al presupposto secondo il quale il giudice di pace non può irrogare pene privative della libertà personale.
Ma così concludendo le alternative sono due:
1) si avvia un procedimento (dinanzi al Giudice di sorveglianza) al solo fine di valutare la pericolosità sociale di un soggetto già giudicato non imputabile in ordine al reato; si tratta di una soluzione proceduralmente non conosciuta dal nostro ordinamento, che avvia un giudizio sempre sull’esistenza di un reato.
2) si prende atto di un vuoto normativo: soluzione formalmente più corretta, ma socialmente poco plausibile.

L’analisi formale, e giuridicamente ineccepibile, conduce a ritenere che il giudice di pace possa e debba applicare le misure di sicurezza.

- Renato Amoroso - Giudice di Pace in Monza - novembre 2003

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