Carlo
Alberto Zaina, Internet: paradiso di non punibilità per la diffamazione?
(Nota
a G.U.P. Tribunale di Oristano,
Sentenza 25 maggio - 6 giugno 2000).
La sentenza che, in questa
sede, si commenta affronta il problema della sussistenza della diffamazione
aggravata, laddove tale condotta sia avvenuta per il tramite della rete.
La soluzione che sul punto specifico il G.U.P. rende è quella di escludere
che la divulgazione su INTERNET di documenti che possano avere valenza diffamatoria,
concretizzi l'aggravante che usualmente si applica per il tramite dell'art.
13 della legge 47/48 (sulla diffamazione a mezzo stampa) e dell'art. 30 della
legge 223/90 (dettata in materia di diffamazione a mezzo di trasmissioni radiofoniche
o televisive).
Si sarebbe, pertanto, in caso di conclamata sussistenza del reato in ambito
di diffamazione semplice, "
da ricondurre pienamente nell'alveo
della fattispecie prevista e punita dagli articoli 110 e 595, commi II e III,
del codice penale".
Il G.U.P. motiva il proprio pensiero, facendo espresso richiamo al divieto
di interpretazione analogica di entrambe le richiamate norme speciali, in
forza del divieto portato dall'art. 14 disp. prel. nonché dal principio
di legalità di cui all'art. 25 Cost..
In pratica, alla luce del pensiero del giudice, si viene a ricreare quella
situazione di grave disparità di trattamento, che si verificò
sino all'entrata in vigore della L. 223/90, posto che sino a tale momento
solo la diffamazione a mezzo stampa poteva essere suscettiva di sanzione penale.
Or bene a parere di chi scrive la sentenza, pur con tutti i limiti attuali
di natura legislativa, può dirsi un'occasione perduta per fare reale
chiarezza su una tematica che, in attesa di un serio intervento legislativo,
non può, però, fruire di un regime di relativa impunità.
Taluno, infatti, potrà obiettare che, comunque, la condotta in esame
è suscettibile di punizione secondo i canoni della norma penale, portata
dal disposto dell'art. 595 c.p., sicchè non potrebbe parlarsi di una
vera impunità.
Il problema, invece, nasce non solo dalla grave disparità di trattamento
di un condotta diffamatoria orchestrata a mezzo INTERNET; esso si deriva da
quella impostazione che non assimili la rete, agli altri media, ancorandosi
a dati intepretativi, strictu sensu delle richiamate norme vigenti in materia.
E' di tutta evidenza che, nella fattispecie, si possa prendere spunto dalla
categoria del reato a mezzo stampa, ipotesi del tutto diversa dai cd. reati
di stampa, attinenti a specifici obblighi riguardanti le pubblicazioni e contenuti
nella L. 47/48.
L'interpretazione del G.U.P. di Oristano, attenendosi, in modo assai rigoroso
al dato normativo riportato nella citata legge, esclude INTERNET, quale strumento
mediatico assimilabile alla stampa, in quanto la nozione di stampato individua
come tali "...le riproduzioni tipografiche, o , comunque, ottenute
con mezzi meccanici o fisio-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione
"(cfr.
POLVANI, La diffamazione a mezzo stampa, CEDAM, 1995 , pg 69).
Il dato surriportato, non può, però, essere ritenuto esaustivo.
Esso non tiene conto della valutazione riguardante "la potenziale
diffusione in una molteplicità di esemplari, (escludendosi ad esempio
un cartellone manoscritto, cfr. Cass. Sez. V 15.6.1983, Cane, in Cass. Pen.
1984)", unendo a tale requisito la "...destinazione al pubblico
cioè
ad un numero illimitato di persone che costituisce la ragione giustificativa
dell'aggravante..."(cfr. POLVANI, op. cit., pg 70).
A parere di chi scrive, quindi, la possibilità che il contenuto di
un sito possa , in presenza di espressioni palesemente diffamatorie, venir
ricompreso nella previsione della suesposta norma, l'art. 13, riposa anche
sul fatto che l'utente-navigatore può concretamente stampare l'articolo
in questione.
La concreta possibilità, quindi, che espressioni contenute nel web
possano trasformarsi - per scelti di terzi o meno, questo non pare rilevante
- da files in testi cartacei, suscettivi di ulteriore e diversa diffusione,
non può esser non valutata.
Questo aspetto si pone certamente quale corollario a quello principale, già
ricordato, della destinazione alla pubblicazione dell'espressione illecita,
che è collegata ad un potenziale grado di diffusività, che "...superi
quantitativamente quello ottenibile con la divulgazione di un testo destinato
ad una ristretta cerchia di persone..." (cfr. POLVANI op.cit. pg. 71).
Non è, poi, revocabile in dubbio, che il carattere potenziale di trasformazione
del singolo file in documento, rileva, laddove è pacifico che lo strumento
utilizzato, la stampante collegata al computer, da corso ad una attività
certamente assimilabile alla riproduzione effettuata tipograficamente o con
mezzo fisio-chimico.
Comunque, si valuti il problema, (materia ancora in fase estremamente evolutiva),
non si potrà negare che la pubblicazione sulla rete integra un "...mezzo
di obbiettivazione della diffamazione ed il veicolo della comunicazione delittuosa"
(cfr: NUVOLONE, Stampa, in Novissimo Digesto, XVII, Torino, 1971, pg. 102).
Va detto, inoltre, che un problema che avrebbe dovuto maggiormente essere
centro e mezzo valutativo dal giudice è quello della presenza su INTERNET
di riviste online.
Tutte le maggiori case editrici hanno creato siti nei quali riproducono sia
le proprie testate cartacee, che aggiornamenti di notizie in tempo reale.
E' ben vero che, per le prime, si tratta spesso di un ripetizione pedissequa
del contenuto del vero e proprio giornale, sicchè la diffamazione aggravata
in parola troverebbe già propria legittimazione.
E', però, del pari, vero che non si può in alcun modo privare
di tutela giuridica qualificata (e non generica) il soggetto che si reputi
leso in un diritto fondamentale, quale quello in esame, attraverso la pubblicazione
di notizie o commenti su di una rivista ondine, appartenente ad una testata
giornalistica che abbia pubblicazione con inserti cartacei.
Chi scrive ritiene, pertanto, che anche simili forme di pubblicazione mediale
di notizie non si sottraggano al regime sanzionatorio della L. 47/48, perché
svolte in ausilio all'attività editoriale principale, e non già
in modo assolutamente autonomo, per il tramite di un mezzo di comunicazione,
che, per definizione, è destinato a collegare tutto il mondo.
Una soluzione diversa ed opposta creerebbe, pertanto, una gravissima deroga
al principio sancito dalla lex specialis (L. 47/48), creando una impunità
inaccettabile.
Si potrebbe, su tale abbrivio, destinare alla rete tutta una serie di notizie,
che, in forza della legislazione vigente, mai apparirebbero su di un giornale
stampato.
Or bene, se quanto sin qui esposto trova un fondamento nella necessità
di non giungere ad una irrazionale disparità di trattamento, a fronte
di condotte illecite commesse dal medesimo soggetto (giornale), nell'esecuzione
della medesima attività (pubblicazione di notizie), seppur con mezzi
diversi (stampa o INTERNET), è di tutta evidenza la circostanza che
la rete non può esser non considerata elemento qualificante di comunicazione,
al pari del giornale scritto o dei media radio-televisivi.
Il problema della diffamazione radio-televisiva è certamente caratterizzato
da aspetti diversi, rispetto a quelli sinora trattati.
E' notorio che la L. 6.8.90 n. 223 rinviando alla L. 47/48, opera un distinguo
fra autore mediato ed autore immediato, sancendo incredibilmente, fuori dai
casi di concorso (peraltro di difficilissima ipotizzazione), una dicotomia
di responsabilità, e penalizzando il concessionario (pubblico o privato
che sia) a titolo specifico, punendo il diffamatore solo per la violazione
dell'art. 595 co. 3°cp., che prevede mezzi di pubblicità diversi
dalla stampa.
L'assimilazione implicita che il giudice opera a quest'ultima ipotesi, si
legge infatti nel dispositivo: "ritenuto di dover procedere alla riqualificazione
giuridica del fatto di cui all'imputazione, che, essendo esclusa l'applicabilità
in via analogica degli articoli 1 e 13 L. 47/48, deve inquadrarsi come reato
p. e p. dall'art. 595, 2° e 3° comma, c.p.", conferma la
parte motiva del provvedimento laddove il G.U.P. ha espressamente equiparato
INTERNET alla ipotesi residuale di cui al citato articolo 595/3 cp, rilevando
la inapplicabilità sul punto dell'art. 30 L. 223/90, la tanto criticata
norma, che rinvia alla L. 47/48.
Si legge, infatti che "...Invero, a prescindere dal fatto che nel
caso di specie non è contestata la responsabilità del concessionario
o del webmaster ma degli autori dell'opera dal contenuto diffamatorio, dalla
lettura dello stesso articolo 30 e della intera legge in cui questo è
collocato è agevole osservare che, comunque, le "trasmissioni"
menzionate nel citato articolo sono solo quelle televisive e radiofoniche.
Tali mezzi di diffusione di suoni e immagini, in assenza di una esplicita
presa di posizione del legislatore, non possono essere equiparate, per le
ragioni esposte, alla diffusione di dati attraverso Internet, che avviene
con modalità diverse dalla trasmissione via etere oggetto della regolamentazione
operata dalla legge 223/90, emanata in un periodo storico in cui la stessa
creazione della rete di comunicazione Internet non era nemmeno ipotizzabile
dal legislatore".
A parere di chi scrive, senza voler tramutare il giudice in legislatore, anche
sul punto l'interpretazione operata, in sentenza, appare troppo rigida, ancorandosi
ad un dato ermeneutica, che, invece, anche senza forzature, bene poteva esser
attagliato al caso in esame.
La questione così come posta e risolta, infatti, non appare completa,
posto che è ormai incontrovertibile che per il tramite di INTERNET,
vengono diffuse immagini e suoni ripetuti ed estrapolati dal mezzo televisivo
o radiofonico.
Quid iuris, quindi, analogicamente a quanto detto per la carta stampata,
laddove la diffamazione avvenisse su INTERNET, da parte di un soggetto esercente
attività radiofonica o televisiva, riportata su un sito?
Se la persona offesa avesse contezza dell'atto illecito per il tramite della
rete, trovandosi, per esempio all'estero, come si potrebbe, nella specificità,
negare la valenza penale della condotta?
A tacere, poi, della circostanza che sia nel caso di sito inanimato, cioè
portante solo testi, che di sito con immagini, filmati e suoni, ci troviamo
dinanzi ad un bacino di utenza che travalica quello usuale proprio degli altri
mezzi di comunicazione.
Chi scrive si rende, perfettamente conto, della vastità delle problematiche
sul tappeto, connesse con la genetica deregulation propria della navigazione
in rete, e non pretende di avere ricette.
Certo è che un'analisi approfondita dei profili penali della pubblicazione
di notizie via INTERNET, non può prescindere, senza per forza tramutarsi
in una "forzatura interpretativa", da un lato, da un esame certamente
più attuale delle norme vigenti e dall'altro dalla effettiva concretezza
del mezzo, che per quanto diverso dagli altri media, per la propria evoluzione
tecnologica, come detto, può venir tranquillamente assimilato a tutti
gli altri.
E', comunque, necessario un intervento chiarificatore, sia sul piano legislativo,
che su quello giurisprudenziale, soprattutto con l'auspicio che, ove la questione
riguardante la disparità di trattamento di condotte analoghe, fosse
devoluta alla Consulta, od alla S.C. di Cassazione, si forniscano risposte
precise.
- avv. Carlo Alberto Zaina - ottobre 2000
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