Ernesto Aghina, La sentenza di condanna alla pena della permanenza domiciliare (commento all'art. 33 d.lgs. 274/00 sul Giudice di Pace penale) (*)
1. Subito dopo la pronuncia
della sentenza di condanna alla pena della permanenza domiciliare [53], limputato
o il difensore munito di procura speciale, possono chiedere lesecuzione
continuativa della pena.
2. Il giudice,
se ritiene di poter applicare in luogo della permanenza domiciliare la pena
del lavoro di pubblica utilità [54], indica nella sentenza il tipo e
la durata del lavoro di pubblica utilità che può essere richiesto
dallimputato o dal difensore munito di procura speciale.
3. Nel caso in cui limputato o il difensore formulino le richieste di
cui ai commi 1 e 2, il giudice può fissare una nuova udienza a distanza
di non più di 10 giorni, sempre che sussistano giustificati motivi.
4. Acquisite le richieste, il giudice integra il dispositivo della sentenza
e ne dà lettura.
Il catalogo sanzionatorio del giudice di pace che, oltre alla "tradizionale" pena detentiva, prevede le novità dellobbligo di permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità, analiticamente regolate nel titolo secondo del d. lgs. 28 agosto 2000, n. 274 cui, per un analisi dettagliata dei singoli istituti, si fa specifico rinvio, per quanto riguarda la condanna alla pena della permanenza domiciliare, ha imposto la disciplina specifica dell articolo 33.
La sanzione in questione, connotata dal maggior tasso di afflittività tra quelle irrogabili da parte del giudice di pace, secondo lo schema "a fasce" dellart. 52, è prevista edittalmente per tutti i reati attribuiti alla competenza del giudice di pace originariamente puniti con la pena detentiva, sola o congiunta con quella pecuniaria e, quanto alle fattispecie sanzionate con la pena detentiva alternativa a quella pecuniaria, unicamente se la stessa sia superiore nel massimo a sei mesi (di reclusione o di arresto).
La permanenza domiciliare, che si concreta nellobbligo per il condannato di rimanere presso la propria abitazione, (o in un altro dei luoghi indicati dall art. 53) nei giorni di sabato e domenica, è determinata nella durata secondo criteri di gradualità rispetto alla gravità del reato, e comunque in una forbice compresa tra un minimo di sei ed un massimo di quarantacinque giorni.
La caratteristica che presiede alla norma in commento è relativa alla possibilità riconosciuta al giudice di pace di disporre lesecuzione continuativa della permanenza domiciliare, ma solo su richiesta del condannato, che potrebbe avere interesse ad un esecuzione della pena non frammentata nell iterata scansione dei fine settimana, caratteristica di questo tipo di sanzione (art. 53.1).
In proposito deve notarsi un difetto di coordinamento tra la previsione dellart. 33.1 e quella dellart. 53.1 dove si consente al giudice anche il potere di disporre lesecuzione della permanenza domiciliare in giorni diversi dal sabato e dalla domenica, non in sede di deliberazione della sentenza, ma solo successivamente a tale pronuncia, e nemmeno su richiesta del condannato.
Non essendo individuabili ragioni particolari per cui tale indicazione preferenziale non possa essere prospettata dallimputato anche subito dopo la lettura del dispositivo, deve intendersi estesa lopzione prevista dal primo comma dell art. 33 anche a questa seconda eventualità, eliminando così un incomprensibile limitazione delle facoltà di scelta dellimputato sulle modalità di esecuzione della pena.
La novità della previsione, che introduce un originale meccanismo di modulazione elettiva della pena, ha imposto lindividuazione di uno spazio processuale destinato a raccogliere questa (eventuale) manifestazione di volontà del condannato, necessariamente successiva all affermazione di responsabilità ed alla lettura del dispositivo.
Se pertanto non deriveranno problemi di sorta dalla lettura in udienza della condanna dellimputato al pagamento della sola pena pecuniaria, nei casi in cui il giudice riterrà di irrogare la sanzione della permanenza domiciliare, determinata nel suo ammontare, (da sola o in alternativa al lavoro di pubblica utilità), viene concessa allimputato o al suo difensore munito di procura speciale la facoltà di chiedere l esecuzione continuativa della pena (art. 33.1).
La richiesta deve intervenire subito dopo la lettura del dispositivo (art. 33.1), ovvero in un udienza successiva, su richiesta di rinvio dellimputato o del suo difensore, se sussistano giustificati motivi, a distanza di non più di dieci giorni.
Si prefigura così una sentenza di condanna a formazione progressiva: il primo dispositivo letto dal giudice è collegato ad una sentenza di condanna completa, comprensiva anche di eventuali statuizioni sulla domanda di risarcimento del danno, il secondo (eventuale), integra il precedente, ed è limitato unicamente al provvedimento sulla richiesta di esecuzione continuata della permanenza domiciliare.
Ipotesi processualmente analoga a quella prevista dal primo comma dell articolo 33 è quella disciplinata dal comma successivo, che condiziona l esecuzione del lavoro di pubblica utilità (v. sub art. 54), nel caso di condanna in cui tale pena surroga la permanenza domiciliare, alla necessaria richiesta in tal senso dell imputato o del suo difensore munito di procura speciale, secondo un principio di massima codificato nel decreto n. 274/2000 che ricollega sempre lesecuzione del lavoro come forma di sanzione ad una necessaria, esplicita manifestazione di volontà da parte del condannato.
Il caso in esame è quello in cui il giudice, riconosciuta la responsabilità dellimputato, allirrogazione della pena della permanenza domiciliare, indicata in dispositivo, (ed è il caso previsto dall art. 33.1), accompagni, ove lo ritenga opportuno, anche lindicazione della sanzione alternativa del lavoro di pubblica utilità, specificata sia nel tipo che nella durata (art. 33.2).
Va rilevato in proposito come il decreto legislativo non offra parametri necessari di commisurazione tra la più grave sanzione della permanenza domiciliare e i lavoro di pubblica utilità, che potrà pertanto variare nella "forbice" prevista dallart. 54.2 tra un minimo di dieci giorni ad un massimo di sei mesi.
Presumibilmente si è concessa ampia libertà al giudice di determinare il periodo di lavoro di pubblica utilità eventualmente "proposto" in luogo della permanenza domiciliare in ragione della diversa gravosità dell attività lavorativa (v. infra sub art. 54.6), che impone scelte non improntate a criteri di automaticità.
La pena principale è sempre la permanenza in casa, sussidiaria, successiva e condizionata alla richiesta è il lavoro sostitutivo, che resta comunque sanzione principale.
Si passa da una opzione dellimputato sulle modalità esecutive della sanzione, prevista dal primo comma, ad una vera e propria scelta del tipo di pena, tra le due alternativamente proposte dal giudice, determinate nell entità e nelle modalità di esecuzione, onde agevolare la valutazione.
Ai sensi dellart. 52, in tema di sanzioni, lobbligo del lavoro di pubblica utilità, pur - come detto - previsto come pena principale, è previsto sempre come alternativo alla sanzione della permanenza domiciliare, per cui il giudice, ove la previsione edittale lo consenta, potrà sempre condannare limputato, in luogo della sanzione maggiormente afflittiva, a quella meno grave e desocializzante del lavoro sostitutivo.
Quale quindi il discrimine tra le due statuizioni alternative del giudice in caso di condanna?
E evidente che soccorreranno la decisione del magistrato gli ordinari parametri dettati a guidare lesercizio del potere discrezionale (art. 132 e 133 c.p.), con ulteriori valutazioni dettate dall opportunità di calibrare la sanzione, con riferimento al reato cui si ricollega, in ragione della specifica tipologia del lavoro di pubblica utilità a cui il giudice può fare ampio riferimento, nell ambito delle strutture previste dallart. 54.2.
La previsione sanzionatoria alternativa del giudice peraltro, come ricordato in precedenza, è condizionata alla richiesta dellimputato (o del suo difensore munito di procura speciale), che preferirà optare per il lavoro di pubblica utilità in ragione delle sue convenienze, mediante una prevedibile comparazione dei "costi" determinati dalle sanzioni paradetentive, che tenga conto anche della loro durata.
L attuale formulazione degli istituti consente di dubitare sulleffettiva appetibilità del lavoro di pubblica utilità, (in quanto non retribuito e di maggiore durata massima rispetto alla permanenza domiciliare) per cui, in assenza di incentivazioni obiettive, la "fortuna" della sanzione appare prevedibilmente compromessa, anche in considerazione della dimensione "privata" della permanenza domiciliare, che presenta riflessi ontologicamente limitati quanto alla risonanza pubblica della sanzione.
In ogni caso, per consentire allimputato unadeguata valutazione dellopzione alternativa, il giudice dovrà indicare in modo adeguatamente dettagliato il lavoro di pubblica utilità, anche in considerazione delle conseguenze collegate alla violazione dellobbligo, sanzionate con la reclusione dalla nuova fattispecie delittuosa introdotta dallart. 56 (v. infra).
Anche per provvedere sulla richiesta di lavoro di pubblica utilità, (come su quella di compattare la permanenza domiciliare), è consentita al giudice dallart. 33.3 la fissazione di unudienza ad hoc entro dieci giorni, per giustificati motivi.
Ragioni di coordinamento tra le due norme impongono che listanza di applicazione del lavoro di pubblica utilità in luogo della permanenza domiciliare venga formulata anchessa "subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna", ed a tale proposito valgono le stesse ragioni di opportunità rilevate con riferimento allart. 33.1 in ordine alla tempistica della richiesta, ulteriormente avvalorate nel caso in esame dalla difficoltà di anticipare la decisione del giudice sulla possibilità di esecuzione della sanzione in alternativa alla permanenza domiciliare.
La parallela struttura delle richieste previste dai primi due commi dellart. 33, consente una serie di valutazioni riferibili ad entrambe le ipotesi e, più in generale, allinnovativa prefigurazione di una sentenza a formazione progressiva, tale da evocare unipotesi di pronunzia "bifasica", se pure ibrida, quanto allirrogazione della sanzione.
Si è visto difatti come il primo dispositivo letto dal giudice non sia quello definitivo, potendo essere successivamente integrato all esito di una richiesta dell imputato, (ed in tal senso la terminologia utilizzata dalla norma, che non fa riferimento ad un "condannato" è indicativa del carattere preliminare del primo provvedimento decisorio).
Preliminarmente va rilevato come del tutto comprensibilmente le richieste di compattazione della permanenza domiciliare o di lavoro di pubblica utilità siano state, in quanto atto personalissimo dellimputato, dirette ad incidere sulla sua libertà personale, ricollegate ad una istanza espressa dell imputato o del suo difensore, ove munito di procura speciale per provvedervi.
Limputato dovrà quindi essere presente alla lettura del dispositivo per potersi avvalere delle facoltà a lui concesse dallart. 33, esperibili immediatamente dopo tale lettura: ne deriva la penalizzazione a tale proposito per il contumace (o lassente) che non abbia provveduto a conferire procura speciale al suo difensore.
Il problema è stato affrontato dalla commissione ministeriale anche con riferimento alloriginaria proposta di ricollegare ad un esplicita richiesta dell imputato anche la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, in caso di condanna, in cui lesigenza di salvaguardare la posizione del contumace si manifestava con maggiore rilevanza, non potendo lesecuzione della pena divenire una sanzione di una libera scelta processuale.
Due le soluzioni ipotizzate: prevedere come necessaria (e non eventuale) un udienza successiva alla lettura del dispositivo, destinata a concordare le modalità di esecuzione della pena, garantendone la comunicazione mediante notifica al contumace, ovvero prevedere nella citazione a giudizio e nel decreto di convocazione delle parti uno specifico avviso delle facoltà esercitabili dallimputato in caso di condanna, tale da responsabilizzarlo in ordine alla sua necessaria partecipazione al giudizio.
Il superamento della subordinabilità della sospensione della pena alla richiesta dellimputato, derivato dalla più "radicale" eliminazione del beneficio dal novero degli istituti applicabili nel processo del giudice di pace (v. infra sub art. 60), ha risolto alla radice il maggiore dei problemi ricollegati alla contumacia dell imputato, per cui nella stesura definitiva del decreto legislativo si sono trascurate particolari cautele dirette a garantire la condizione processuale del contumace in tema di "negoziazione" della sanzione.
Pur in considerazione della libera determinazione dellimputato che presiede alla sua valutazione processuale di non partecipare al giudizio, nonché della non rinvenibilità di un obbligo generale di informarlo delle conseguenze derivate dalla sua opzione difensiva, forse avrebbero potuto integrarsi gli articoli 20 e 27 del decreto con unavvertenza diretta a partecipare allimputato le scelte conferitegli dall art. 33 in materia di esecuzione della pena in caso di condanna.
In sostanza limputato contumace non potrà avvalersi del potere di formulare alcuna istanza: "dalla sua scelta di rimanere "fuori" dal processo scaturisce limpossibilità di esercitare la facoltà di richiesta".
Il differimento delludienza per provvedere sulla richiesta in materia di pena (art. 33.3), non è quindi ricollegabile alla volontà di consentire la partecipazione dellimputato contumace, poiché la stessa dovrà essere richiesta in aula subito dopo la pronuncia della condanna, ma solo se "sussistano giustificati motivi".
Il rinvio ad un altra data della decisione definitiva, per quanto contenuto nellarco massimo di dieci giorni, vulnerando il principio della concentrazione processuale, evidenzia ancor più la non contestualità del meccanismo decisorio, prevedendosi la possibilità di uno iato temporale rispetto alla pronunzia del primo dispositivo.
I "giustificati motivi" previsti dalla norma sembrano far riferimento ad un esigenza da parte dellimputato di verificare, in ragione delle proprie esigenze familiari o lavorative, le ricadute della scelta sulla durata o la natura della sanzione, tra cui ad esempio la necessaria consultazione del proprio datore di lavoro.
Non vè dubbio che la portata applicativa della norma, ove ne venisse recepita uninterpretazione strettamente letterale, attesa lepisodicità delle situazioni deducibili, sarebbe invero nella prassi operativa assai limitata.
Ben diverso spazio operativo conseguirebbe invece ad una dilatazione dei "giustificati motivi" fino a ricomprendervi la generica necessità da parte dellimputato, dopo avere ascoltato lentità e la tipologia della sanzione conseguente alla propria condanna, di avere un congruo "spatium deliberandi" per potersi determinare in ordine alle scelte consentitegli dai primi due commi dell art. 33.
L interpretazione in parola, enunciata da chi evidenzia il più autentico significato del rinvio secondo canoni di ragionevolezza, pur determinando innegabili vantaggi anche per il contumace, (potendo essere listanza di differimento richiesta anche dal difensore privo di procura speciale), cui sarebbe consentito così di partecipare alla successiva udienza, contenendo i problemi precedentemente prospettati, osta però contro linequivoco disposto normativo.
Va d altro canto rilevato che accedendo alla valutazione prospettata, che presenta innegabili vantaggi per limputato, prevedibilmente non sempre psicologicamente preparato ad ascoltare la sua condanna, e per un tipo di sanzione non preventivabile nei suoi dettagli, si determinerebbe in concreto un ricorso indifferenziato alla nuova udienza, essendo difficile rinunciare ad una pausa di riflessione in argomento.
Resterrebbe così assai arduo per il giudice scriminare motivi "ingiustificati" dedotti a sostegno dellistanza di rinvio che, sentito il pubblico ministero, va vagliata dal giudice di pace, che potrebbe anche non accoglierla (..il giudice "può fissare una nuova udienza..), nel qual caso limputato sarebbe costretto ad una valutazione sulla pena immediatamente successiva alla pronuncia della condanna.
Prevedibilmente la non contestualità della sentenza bifasica, che lart. 33 del decreto n. 274/2000 confina nellambito del residuale, diventerebbe così la regola generale del processo.
Nel caso in cui si dia luogo alla successiva udienza, avrà luogo una sorta di contraddittorio sulla sanzione, non essendo il giudice tenuto ad accogliere automaticamente la richiesta dell imputato di applicazione continuativa della permanenza domiciliare.
La previsione dellart. 53,1, per cui il giudice "può disporre che la pena venga eseguita ..continuativamente", indicando anche quali parametri valutativi le "esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute" del condannato, conferma la giudice spazi residui di discrezionalità sulla richiesta; il giudice potrà difatti rigettare l istanza confermando l originaria statuizione in materia di permanenza domiciliare.
Analoga facoltà di rigetto non consegue invece alla domanda di applicazione del lavoro sostitutivo in luogo della permanenza domiciliare, in quanto implicitamente consentita dal giudice in sede di formulazione alternativa della sanzione.
Acquisite le richieste, oggetto di valutazione discrezionale come si è detto solo nel caso di cui al primo comma dellart. 33, il giudice provvederà contestualmente o successivamente alla lettura del dispositivo (nel caso di differimento di cui al terzo comma), alla sua integrazione, dando infine lettura del definitivo dispositivo della sentenza (art. 33.4).
Solo da quest ultimo (eventuale) dispositivo decorrerà il termine per la proposizione delleventuale impugnazione nonché quello di quindici giorni per il deposito della motivazione della sentenza (art. 32.4) che, conseguentemente, in caso di differimento dell udienza per provvedere sullistanza in materia di esecuzione della pena paradetentiva, non potrà essere redatta contestualmente alloriginaria pronuncia della condanna dellimputato.
Nel caso in cui alcuna richiesta verrà formulata al giudice dopo la lettura del dispositivo, ne verrà data opportuna menzione nel verbale di udienza, e la pronuncia si intenderà completa sotto ogni profilo.
Va infine ricordato come richieste analoghe a quelle previste dall art. 33 riguardo le modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità, ove proposte per "motivi di assoluta necessità" insorti solo in sede di esecuzione di una pena che, come si vedrà più avanti (art. 60), non è soggetta a sospensione condizionale, potranno pur sempre essere avanzate al giudice dell esecuzione secondo quanto previsto dallart. 44, che consente di risolvere in via esecutiva le eventuali opzioni non esercitate al momento della pronunzia della sentenza (v. infra).
Non vè dubbio che la sentenza di condanna a formazione progressiva, come disciplinata dallart. 33, introducendo elementi negoziali nella determinazione della sanzione e nelle sue modalità di esecuzione, comporti elementi innovativi sia in ambito processuale che sostanziale, valorizzando la "dimensione collaborativa sottesa alle nuove pene" del magistrato onorario.
Peraltro, essendo limitato il contraddittorio sul "quomodo" della pena, non si determinerà alcun riflesso sulla disciplina dell impugnazione della sentenza di condanna, come pure sarebbe stato astrattamente concepibile, limitatamente allentità della sanzione e non sulla sua natura e laffermazione della responsabilità, ove si fossero prospettate modalità di vero e proprio accordo sulla pena.
Il legislatore non chiarisce se le richieste possono essere formulate per la prima volta in appello, ma uninterpretazione sistematica porta a concludere negativamente perché la richiesta di adesione allesecuzione della sentenza, sicuramente in linea con la semplicità e limmediatezza del processo innanzi al giudice di pace, conserva un suo significato concreto solo se limitata alla sentenza di primo grado.
Non vi è ragione invece per escludere dai possibili motivi di appello la rinnovazione della richiesta di esecuzione continuativa della pena della permanenza domiciliare, negata dal primo giudice, e la richiesta al giudice di secondo grado (il tribunale in composizione monocratica del circondario in cui ha sede il giudice di pace che ha pronunziato la sentenza impugnata, cfr. art. 39.1), dellapplicazione della pena del lavoro di pubblica utilità al posto della permanenza domiciliare, ove la stessa non sia stata ritenuta applicabile in via alternativa a norma dellart. 33.2.
Ernesto Aghina - dicembre 2000
(riproduzione riservata)
(*) Brano tratto da ERNESTO AGHINA - PAOLO PICCIALLI - "Il giudice di pace penale", Commento organico al D. lgs. 28.8.2000, n. 274, Edizioni Giuridiche Simone, 2000 (in corso di stampa).