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Trib. Milano, 11.11.2010: “non costituisce reato la detenzione di disegni o cartoni animati pedopornografici riproducenti bambini e adolescenti di fantasia”.
La novella legislativa costituisce il portato di uno degli aspetti più innovativi della decisione quadro GAI 15 ottobre 2002 del Consiglio: in una prospettiva più ampia di prevenzione e repressione, anche condotte di produzione e diffusione di materiale pornografico costituito da immagini virtuali di minorenni, appaiono tali da alimentare il fenomeno della pornografia minorile, inducendo effetti criminogeni nei fruitori di tale materiale.
I Giudici affrontano un problema essenziale della nuova fattispecie criminosa, pronunciandosi sulla eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dal difensore dell’imputato che lamentava l’infelice formulazione normativa del comma 2 dell’art. 600-quater1 c.p..
Il comma in esame definisce “immagini virtuali” quelle “realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali”.
Partendo da tale definizione si eccepisce la violazione del principio di determinatezza e di tassatività ex art. 1 c.p. e 25, co. 2, Cost., nonché la violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. in quanto la norma non chiarisce se le immagini debbano necessariamente rappresentare minori reali associati, mediante elaborazioni grafiche, a situazioni fittizie, ovvero se possano rappresentare anche minori del tutto fittizi.
Il Collegio rigetta l’eccezione, dichiarandola manifestamente infondata, e, con una lettura costituzionalmente orientata della norma, chiarisce che il bene giuridico tutelato è costituito esclusivamente dall’integrità fisica, psicologica, morale e sociale del minore eventualmente rappresentato nelle immagini, sicché vanno esclusi dalla previsione normativa i disegni pornografici e dunque anche cartoni animati che rappresentano bambini e adolescenti di fantasia. La detenzione di tali immagini, prosegue la motivazione, ancorché riprovevoli per il loro contenuto contrario alla morale pubblica, sarebbe al più sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 528 c.p. (Pubblicazioni e spettacoli osceni) ove però sussista lo scopo ulteriore di commercio, distribuzione o esposizione al pubblico.
Nel merito, la pronuncia riveste notevole importanza in quanto distingue precisamente tre distinte categorie di immagini virtuali:
1. Immagini e video bidimensionali o tridimensionali realizzate come disegni anche con la tecnica del “cartone animato”, immediatamente indicative di creazione di fantasia;
2. Immagini tridimensionali rappresentanti soggetti minorenni non confondibili con persone reali : ancorché realizzato nel rispetto delle proporzioni , il prodotto finale è costituito dalla
creazione grafica a computer di figure all’evidenza del tutto simili non a persone reali ma a “ manichini” impegnati in atti sessuali.
3. Immagini tridimensionali, realizzate con elevata qualità grafica che rappresentano figure umane plastiche e proporzionate di adulti e minori coinvolti in atti sessuali dove alla sommità del corpo del minorenne è stata apposta l’immagine bidimensionale ritraente un bambino realmente esistente.
Le immagini di cui alle categorie 1) e 2), ancorché suscitino nell’osservatore riprovazione e disgusto, sono tout court disegni che riproducono soggetti “virtuali” perché costruiti con il computer ma non suscettibili di essere confusi, anche per qualità grafica, con persone reali e dunque né rappresentative né evocative di situazioni reali.
Per tali motivi, il Collegio condanna l’imputato per il reato di pornografia virtuale in relazione ad una serie di immagini di fantasia riproducenti il volto di bambini reali; lo assolve, invece, in riferimento ad immagini e video riproducenti soggetti di pura fantasia (nella fattispecie, cartoni animati).
dott. patri. Matti Di Gregorio - maggio 2011
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