Leonardo Suraci, Nota breve sul rapporto intercorrente tra la fattispecie comune della ricettazione (articolo 648 del codice penale) ed il delitto punito dall’articolo 12 del decreto legge 3 maggio 1991, n. 143 (convertito dalla legge 5 luglio 1991, n. 197)

La quinta sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza 21 novembre 2000-5 febbraio 2001, n. 4844, è tornata sul problema del rapporto intercorrente tra la fattispecie comune della ricettazione (articolo 648 del codice penale) e quella prevista e punita dall’articolo 12 del decreto legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito dalla legge 5 luglio 1991, n. 197 il quale, tra l’altro, punisce chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, <<acquisisce>> carte di credito o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi <<di provenienza illecita>> (1).

Chiamata a decidere sulla corretta applicazione della legge penale ad un caso di acquisizione ed indebita utilizzazione di una tessera Viacard di provenienza delittuosa, la Corte, novellando rispetto alla (già) contraddittoria giurisprudenza previgente, ha ritenuto sussistere, tra le due fattispecie, un rapporto di specialità reciproca in quanto esse <<più che elementi sovrapponibili, conteng(o)no elementi comuni, elementi specializzanti ed elementi generici, per cui tra le stesse de(ve) rinvenirsi un rapporto di specialità reciproco, in quanto la comparazione tra le due norme dimostra che nessuna delle due può ritenersi generale o speciale rispetto all’altra, ma entrambe sono, allo stesso tempo, generali o speciali>>.

Accanto al nucleo comune, costituito dalla condotta acquisitiva, la Corte individua elementi reciprocamente specializzanti nella peculiarità dell’oggetto materiale del reato (<<costituito nell’ipotesi delittuosa dell’art. 648 c.p., dalla provenienza delittuosa del denaro o di altre cose e, in quella di cui all’art. 12 della legge n. 197/91, della carta di credito, di pagamento ovvero di documenti che abilitano al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi>>) e nella parziale coincidenza tra gli interessi protetti (<<in quanto se nella ricettazione viene tutelata anche l’inviolabilità del patrimonio altrui, anche nell’uso indebito di documenti rappresentativi vengono garantiti, in via primaria, gli interessi patrimoniali sottostanti. Inoltra, oltre alla protezione diretta dei titolari, la sfera di protezione, nelle ulteriori ipotesi dell’art. 12, della loro falsificazione o alterazione ovvero del loro possesso, cessione o acquisizione, la tutela si allarga all’interesse pubblico affinché il sistema finanziario non venga utilizzato a fini di riciclaggio, nonché quello di salvaguardare, ad un tempo, la fede pubblica>>).

Esposta in questi termini la ratio decidendi, la Corte, richiamando il criterio di <<maggiore specialità>>, per il quale <<va attribuita la prevalenza all’elemento specializzante più conforme e idoneo alle esigenze di tutela delle fattispecie legali in raffronto>>, ha individuato quale norma applicabile l’articolo 12 del decreto 143/91, attribuendo rilievo dirimente al carattere specifico dell’oggetto materiale del reato.

La conclusione cui si è pervenuti in questa decisione, ossia l’inquadramento del rapporto nell’ambito del modello della c.d. "specialità reciproca", innova – come si è avuto modo di anticipare – rispetto alla giurisprudenza precedentemente formatasi sul tema.

Lo si fa, tuttavia, con un apparato motivazionale in cui non è dato riscontrare una sufficiente linearità logico-argomentativa, dovuta in parte alla confusione di categorie dogmatiche cui si è incorsi: basti pensare, ad esempio, all’individuazione dell’oggetto materiale del delitto di ricettazione nella <<provenienza delittuosa del denaro o di altre cose>> (2).

Il che non sminuisce la significatività della sentenza 4844/2000, alla quale va riconosciuto il merito di avere reso attuale la dignità giurisprudenziale del c.d. "principio di specialità reciproca".

Prima di entrare nel merito della questione, occorre sottolineare quanto già ampiamente chiarito in dottrina (3): un problema di interferenza tra le norme de qua può sussistere soltanto tra le condotte di <<acquisto e ricezione>> di denaro o cose provenienti da qualsiasi delitto, tipiche del reato di ricettazione, e quella di <<acquisizione>> di carte di credito o di pagamento (e degli altri simili documenti), tipizzata dall’articolo 12 della su citata legge(4).

Invero, come immediatamente percepibile, la ricezione e l’acquisto sono comportamenti che ben si prestano ad essere ricompresi nel più ampio concetto di <<acquisizione>>: in altre parole, acquisisce sia chi acquista, sia chi genericamente riceve.

Procedendo con ordine, occorre dar conto, innanzitutto, del carattere innovativo della prospettazione contenuta nella sentenza in esame.

Invero, le soluzioni proposte in materia dalla giurisprudenza di legittimità sono state, come è noto, diverse e le divergenze hanno addirittura caratterizzato gli orientamenti interni alla medesima sezione. Tutte, però, si sono mosse nell’ambito della tipologia di specialità c.d. "unilaterale per specificazione"(5).

Un primo orientamento ritiene che la norma incriminatrice di cui all’articolo 648 c.p., in quanto contemplante un fatto presupposto più specifico (delitto) sia speciale rispetto a quella di cui all’articolo 12 del decreto 143/91, la quale, invece, contiene un riferimento generico alla "provenienza illecita", senza ulteriori qualificazioni. Pertanto, la genericità del riferimento consente di ricomprendervi qualsiasi diverso genere di illiceità, sia amministrativa che civile, comprensiva quest’ultima anche della c.d. "illiceità contrattuale" (Cass. pen., Sez. II, 22 ottobre 1997, n. 9486) (6).

Pertanto, individuato il discrimine nella specificità del fatto presupposto, in caso di acquisizione di una carta di credito (o altro documento equipollente) di provenienza delittuosa, dovrebbe applicarsi la norma del codice penale che incrimina la ricettazione, in quanto speciale.

Secondo l’orientamento opposto, sarebbe la previsione incriminatrice di cui all’articolo 12 del decreto legge 143/91 ad essere speciale rispetto alla ricettazione <<sia perché è dettata nell’ambito di una disciplina organica volta alla tutela della sicurezza dell’affidamento e dell’uso degli strumenti alternativi di pagamento e di addebito, la cui specialità costituisce ostacolo all’applicabilità in questo campo delle fattispecie delittuose tradizionali, sia perché la comparazione tra le due disposizioni incriminatrici dimostra che tutti gli elementi previsti dalla norma di carattere generale – quale deve considerarsi l’art. 648 c.p. – sono presenti in quella di carattere speciale, la quale contiene in sé l’ulteriore elemento specifico rappresentato dalla carta di credito o documento equipollente che rappresenta l’oggetto della particolare tutela penale>> (Cass. pen., Sez. II, 21 aprile 1999, n. 1741; Sez. II, 30 gennaio 1998, n. 30).

Secondo questa prospettazione, dunque, la funzione specificativa è attribuita all’oggetto materiale del reato e, in forza di ciò, qualora la condotta acquisitiva abbia per oggetto carte di credito et similia, si applica la norma speciale, ossia l’articolo 12 del decreto 143/91.

Per ricostruire in maniera corretta il rapporto intercorrente tra le norme oggetto di esame, occorre brevemente fissare alcuni punti fermi in ordine alla tematica generale del conflitto apparente di norme.

In sintesi, e riservando ad altro scritto una più attenta considerazione dei vari profili della questione, occorre rilevare come all’interno dell’articolo15 del codice penale – norma di fondamentale importanza per l’impostazione e risoluzione del problema che ci interessa – deve distinguersi il momento della verifica della sussistenza di un conflitto apparente da quello, logicamente successivo, della regola applicabile per la individuazione della norma regolatrice del caso concreto.

In vero, un conflitto apparente ricorre – in prima analisi – quando più norme incriminatrici regolano la <<stessa materia>>, ossia quando le diverse fattispecie confluenti sul fatto sono connotate dalla configurazione di elementi strutturali omogenei, il che si verifica qualora l’una fattispecie, considerata sul piano astratto, presenta elementi specifici o aggiuntivi rispetto a quelli dell’altra (specialità unilaterale) ovvero ciascuna presenta elementi specifici rispetto all’altra o, ancora, l’una presenta elementi specificativi degli elementi dell’altra la quale, a sua volta, presenta elementi aggiuntivi rispetto alla prima (specialità reciproca).

Ricorrendo un conflitto apparente di questo tipo, la norma applicabile al caso concreto va individuata – salvo che sia diversamente stabilito – sulla base del principio di specialità, ai sensi del quale <<la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale>> (art. 15 c.p.).

Esaminando la struttura delle fattispecie oggetto di raffronto, appare chiara la sussistenza di un rapporto di specialità bilaterale:

la fattispecie di ricettazione presenta, quale elemento specializzante rispetto alla contrapposta ipotesi normativa, l’elemento strutturale della provenienza da delitto del denaro o della diversa cosa che ne costituisce oggetto materiale. Il delitto altro non è che una specie di attività illecita e, per i principi generali che regolano il rapporto genus-species, non può dirsi estraneo alla struttura della fattispecie prevista dall’articolo 12 del decreto 143/91 (7);

la fattispecie prevista dall’articolo da ultimo citato è, a sua volta, speciale rispetto all’ipotesi incriminata dall’articolo 648 del codice penale in quanto connotata da un oggetto materiale specificamente individuato, ossia le carte di credito o altri documenti equipollenti. Non può negarsi che siffatti titoli siano perfettamente riconducibili al concetto di <<cose>> compendiato dalla fattispecie comune e che, pertanto, siano altresì elemento strutturale di essa.

Come si vede, siamo in presenza di due fattispecie connotate da un nucleo strutturale comune (la condotta acquisitiva) e da un residuo di elementi costitutivi ciascuno dei quali è elemento specifico dell’elemento strutturale generico contenuto nelle rispettive fattispecie.

Trattasi, dunque, di un tipico caso di specialità reciproca (bilateralmente) per specificazione ed il limite della giurisprudenza tradizionale sta proprio nell’essersi accostati al problema della relazione esistente tra le norme in questione sulla base di una considerazione parziale della struttura delle fattispecie a confronto, privilegiando ora l’uno ora l’altro degli elementi reciprocamente specializzanti, ma mai entrambi congiuntamente.

Lo stesso limite presenta la sentenza 4844/2001 nella quale si è pervenuti, a differenza di quanto precedentemente affermato, ad una corretta qualificazione del rapporto tra le due norme, ma sulla base di un iter motivazionale che, da un lato ha guardato in modo insufficiente agli elementi strutturali dei due reati, dall’altro ha dato rilievo ad elementi estranei alla valutazione da effettuarsi sulla base dell’articolo 15 del codice penale.

Corretta, altresì, è stata la metodologia utilizzata per individuare la norma applicabile al caso concreto, essendo l’oggetto della fattispecie prevista dall’articolo 12 del decreto 143/91 elemento "maggiormente specializzante", ossia elemento più conforme ed idoneo alle esigenze di tutela delle fattispecie legali in raffronto.

Leonardo Suraci - marzo 2001 -

(riproduzione riservata)


 

(1) Si riporta, per comodità, il testo integrale della disposizione: <<Chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire seicentomila a lire tre milioni. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi>>.

(2) Appare oltremodo evidente che l’oggetto materiale del delitto sia da individuare, più semplicemente, nel <<denaro>> ovvero nelle <<cose>>, delineando il requisito della <<provenienza delittuosa>> di esse il necessario vincolo che deve sussistere tra l’oggetto materiale del delitto in questione ed un precedente delitto. Per una più attente disamina dei profili accennati, v. G. Fiandaca-E. Musco, Diritto penale (Parte speciale), II, I delitti contro il patrimonio, Bologna, 1996, pagg. 219 ss. G. Amato, L’esclusione del reato di ricettazione non cancella i dubbi dell’interprete, in Guida al diritto, 24 febbraio 2001, n. 7, pagg. 61 ss., nel commentare la decisione de qua, evidenzia come la Corte non chiarisca <<con puntualità quali siano gli elementi comuni e quelli specializzanti, in modo da consentire all’interprete un immediato discrimine operativo>>.

(3) Sul punto si sofferma G. Amato, L’esclusione del reato di ricettazione non cancella i dubbi dell’interprete, cit.

(4) La giurisprudenza ha chiarito che fra le diverse condotte incriminate dall’articolo 12 del decreto 143/1991 può configurarsi il concorso formale. Cfr., Cass. penale, Sez. V, 9 giugno 2000, Della Giustina; Cass. penale, Sez. II, 30 gennaio 1998, P.M. in proc. Scandinaro.

(5) In giurisprudenza l’espressione figura in Cass. pen., Sez. VI, 18 dicembre 1998, n. 13398, la quale ha ritenuto sussistere un <<rapporto di specialità unilaterale per specificazione>> tra l’articolo 378 c.p. e l’art. 371 bis dello stesso codice.

(6) L’illiceità contrattuale, nel senso di "inadempimento di una obbligazione", ricorre nel caso in cui il titolare di carta di credito ne sia rimasto in possesso in violazione del contratto concluso con l’emittente e l’abbia poi ceduta al terzo senza essere legittimato a disporne. Similmente, Sez. V, 28 settembre 1997, n. 1456; Sez. V, 3 febbraio 1997, n. 4900. Contra, tuttavia, Sez. V, 14 febbraio 1994, Russo.

(7) Al contrario, G. Amato, L’esclusione del reato di ricettazione non cancella i dubbi dell’interprete, cit., ritiene che la provenienza delittuosa del bene costituisca elemento specializzante della fattispecie prevista dall’articolo 12 del decreto 143/91 rispetto alla fattispecie comune.

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